15 giugno 2023
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Biografia di Nerio Nesi
Nerio Nesi, nato a Bologna il 16 giugno 1925 (98 anni). Manager. Politico. Laureato in Giurisprudenza, fu direttore finanziario dell’Olivetti e presidente della Banca nazionale del lavoro. Dopo aver aderito a Pci, Psi, Prc, nel 2001 fu eletto alla Camera col Pdci. Ministro dei Lavori pubblici nell’Amato II (2000-2001).
Vita «A scuola avevo la media dell’otto, perché mio padre aveva posto come condizione al mio mantenimento agli studi che non si pagassero le tasse scolastiche» (da Al servizio del mio Paese, Nino Aragno editore) • «Dopo aver partecipato alla Resistenza e aver militato nella DC, nel 1960 è entrato nel PSI, di cui a lungo è stato dirigente. In polemica con Bettino Craxi nel 1992 ha lasciato il PSI» (Treccani.it) • «Lo chiamavano il “banchiere rosso”. Ma in realtà Nerio Nesi tanto rosso non lo è: cattolico, dopo aver fatto la Resistenza preferì schierarsi con la Democrazia cristiana in una Bologna dominata dal Pci. Anticonformista, Nesi ha attraversato da protagonista la storia italiana del dopoguerra. Socialista della corrente di Riccardo Lombardi, presidente della Bnl negli anni Ottanta (da cui si dimise dopo lo scandalo della filiale di Atlanta, responsabile di un finanziamento di 8 mila miliardi di lire a favore di Saddam Hussein, in guerra con l’Iran). Nella sua carriera ha incrociato quattro governatori della Banca d’Italia, si è trovato a gestire una Bnl piena di piduisti, si è scontrato con Bettino Craxi, ha litigato con Fausto Bertinotti e fondato insieme a Romano Prodi il centro di ricerche Nomisma. Torinese» (Guido Fontanelli) • «Era il 1963. Dopo la morte di Adriano Olivetti, avvenuta nel febbraio del 1960, l’omonimo gruppo industriale di Ivrea era alle prese con i contrasti insorti tra i vari rami della famiglia che possedevano il pacchetto azionario di maggioranza dell’azienda del Canavese. Nerio Nesi, futuro banchiere ed esponente di primo piano della sinistra lombardiana del Partito Socialista, all’epoca dirigeva i servizi finanziari dell’industria piemontese leader nel settore delle macchine per scrivere e di calcolo. Un giorno venne incaricato da Roberto Olivetti, figlio di Adriano, di andare a Milano, in via Filodrammatici, da Enrico Cuccia, padre padrone di Mediobanca, sancta sanctorum del capitalismo italiano, per illustrargli la situazione della società.
Racconta lo stesso Nesi: “Andai e spiegai al famoso dottor Cuccia che cos’era l’impresa Olivetti, la sua peculiarità, il suo ruolo, il futuro dell’elettronica”, su cui Roberto Olivetti voleva puntare con forza. “Mi accorsi – prosegue Nesi – dopo pochi minuti, che questi argomenti non lo interessavano per nulla e che mi ascoltava con noia sempre più palese, quasi con fastidio”. Commenta l’ex presidente della Bnl: “Mi avevano insegnato che compito del banchiere è far lievitare le risorse latenti a livello imprenditoriale. (…) Evidentemente non è sempre così e ne ebbi la riprova qualche anno dopo, quando la finanziarizzazione divenne la linea generale dell’economia”» (a Massimo Olivetti) • «Cosa dice degli Olivetti? “Beh, Camillo Olivetti si chiamava così in onore di Cavour. Ha amato il proprio paese. Il più famoso della famiglia, cioè Adriano, era contemporaneamente un filosofo e un imprenditore. Quindi è difficile identificarlo in modo preciso. Fu lui ad assumermi”. Lei ha fatto parte della sinistra del partito socialista, è stato lombardiano, ha fatto battaglie per le nazionalizzazioni dei monopoli privati. Come si concilia questa identità con l’essere cavouriano e, dunque, un liberale? “Le risponderò così. Mia moglie, che ha un’ampia libertà di giudizio su di me, come è ovvio che sia, dice spesso che non mi capisce: ‘Come puoi commuoverti quando senti l’inno nazionale italiano e anche quando senti l’internazionale?’. Io sono così. Mi riconosco nella riposta che diede il grandissimo Alberto Sordi a una giornalista che gli chiedeva cosa provava quando sentiva l’inno italiano. E lui disse: ‘Non provo niente, mi commuovo’”» (a Francesca Bollino) • «Ho un totale disprezzo per la Borsa italiana, con tutti i suoi alti e bassi. E non m’importa nulla degli speculatori: oggi perdono, domani guadagnano. Quando ero un giovane direttore dei servizi finanziari della Olivetti, ci fu una forte speculazione di borsa che ridusse letteralmente sul lastrico centinaia di famiglie del Canavese. Per puro attaccamento e fiducia nella società di Ivrea, queste famiglie avevano comprato azioni della Olivetti. Ma un’ondata speculativa manovrata chissà da chi, fece precipitare le quotazioni e bruciò i risparmi di tante, troppe persone. Da allora, non ho più cessato di essere diffidente verso la Borsa italiana» (a Marco Santarelli) • «Rimpiange il Psi del quale è stato militante e dirigente? “No. Anche se nel libro Al servizio del mio Paese ricordo i grandi dirigenti che ho conosciuto meglio: Nenni, Lombardi, Pertini, Giolitti e Craxi. Per lungo tempo mi sono occupato dei socialisti spagnoli, e non posso dimenticare Nenni che si rivolge a loro, e non si commuove davanti ai loro pugni alzati e al foglio nel quale tenevano le parole dell’Internazionale”. Un grande distacco, invece, è quello che lei mostra verso Fausto Bertinotti, con l’accusa principale di aver fatto cadere il centrosinistra. È un fatto personale? “No, è solo un fatto politico. Ancora oggi, quando ci incontriamo, come è accaduto di recente con mia moglie e sua moglie in una saletta del Frecciarossa, ci ignoriamo come se non esistessimo. Ricordo come se fosse ieri la compagna di Verona del suo partito che all’ultima chiamata del Presidente della Camera scoppiò in lacrime e votò come Bertinotti aveva detto di fare. L’ho incontrata di recente, mi ha detto che ancora non dorme la notte...”» (a Vera Schiavazzi) • Per dieci anni, dal 2010 al 2020, è stato presidente della Fondazione Cavour di Santena. È stato lui a portare avanti il progetto del Museo Nazionale Cavouriano • «Da dove arriva questa passione per Cavour? “Un giorno mio padre mi disse: Cavour è l’uomo che fece l’Italia. Avevo appena 11 anni. E da allora questo grande personaggio mi ha accompagnato nella vita. Pensi come certe cose ti restano nella testa fin da quando sei piccolo”. Che cosa penserebbe Cavour dell’Europa di oggi? “Che è una cosa giusta, ma non va fatta a due velocità come propone Angela Merkel”. L’euro? “Va salvato. Ma non dimentichiamo che la Germania è sempre la stessa: vuole comandare”. Lei è ancora di sinistra? “Con molta sincerità le devo dire di sì, sono di sinistra”. Che cosa vuol dire essere di sinistra? “Volere il progresso, tentare di realizzare l’uguaglianza o quantomeno ridurre le diseguaglianze, che in Italia aumentano di giorno in giorno. E far sognare la gente. Ecco, oggi alla sinistra manca questo: il sogno, l’utopia”» (a Guido Fontanelli) • Nel 2022 ha preso la tessera del Pd • «Ha trascorso gran parte della sua lunga esistenza a erigere il monumento di sé stesso: le origini piccolo borghesi, una precoce partecipazione alla lotta partigiana, il primo lavoro alla Rai (Eiar) in via Arsenale, poi l’ingaggio in Olivetti, la militanza socialista al fianco di Riccardo Lombardi, la sua passione per Cavour e la storia risorgimentale, il sostegno al Psoe in clandestinità che gli fruttò la riconoscenza di Felipe Gonzalez e, soprattutto, di Alfonso Guerra. Parsimonioso fino alla tirchieria, di lui si ricordano i regali riciclati (che accumulava in una apposita stanzetta nel quartier generale della Bln a Torino), i libri già sottolineati (e quindi si presume letti) e persino un panettone sbocconcellato donato al suo autista (“Marino faccia un buon Natale con la sua famiglia”)» (www.lospiffero.com) • Nel 2015 ha pubblicato Al servizio del mio Paese, nel 2017 Le passioni degli Olivetti, nel 2019 La Banca d’Italia e nel 2023 L’ultimo ministro dei lavori pubblici che disse: no al ponte sullo Stretto sì al Mose di Venezia (tutti editi da Nino Aragno) • «Un libro, in fondo, sentimentale. Scritto da un uomo che sentimentale non è. Nerio Nesi ha pubblicato il volume Le passioni degli Olivetti. Lì, Nesi, ritorna. A Ivrea, dove venne assunto nel gennaio del 1958, a 33 anni, con il compito di creare la direzione dei servizi finanziari. Il saggio di Nesi, costruito secondo la tripartizione classica Camillo-Adriano-Roberto a cui si aggiunge la sezione su Laura (la figlia di Adriano, scomparsa due anni fa) ha due caratteristiche che lo distaccano dalla maggioranza degli altri volumi su Olivetti: alla conoscenza diretta dei protagonisti di una storia anomala nel capitalismo europeo si aggiunge una capacità analitica fatta di cultura e di esperienza, che riesce a collocare le figure della famiglia Olivetti nel contesto storico, leggendone gli aspetti intimamente drammatici alla luce del loro tempo» (Paolo Bricco) • Vive a Torino. «Per arrivare al salotto di Nerio Nesi, al primo piano della sua casa di Strada Valsalice, bisogna passare attraverso uno stretto e tortuoso corridoio, tappezzato di fotografie, pergamene, onorificenze e medaglie. La raccolta di una vita. Si cammina sfiorando citazioni di Shakespeare (tradotto da Ungaretti) e Bertolt Brecht. Ci fermiamo di fronte a una frase del drammaturgo e satirico berlinese che recita: “Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me e non c’era rimasto nessuno a protestare”. E Nesi sorride. Cavalier Nesi, posso chiamarla l’ultimo cavouriano di Torino? “No, perché l’ultimo? Sono il più importante cavouriano della città. Spero non l’ultimo. Io sono nato a Bologna e ho cercato di portare la bolognesità a Torino, ma in tanti anni non ci sono riuscito. Da quando abito qui, e sono ormai tanti anni, sono diventato più serio. Noi bolognesi abbiamo due cose: i tortellini in brodo e – se posso dirlo – le donne […] In tanti anni di vita torinese avrà certamente avuto incontri con l’Avvocato Agnelli. Com’erano i vostri rapporti? “Buoni. Si vede anche dalla foto che le ho mostrato. Avevamo uno scambio alla pari. Era un uomo cinico. Aveva avuto una giovinezza da playboy. Metteva l’amore femminile al primo posto. Una volta andai a pranzo da lui. Eravamo soli con Donna Marella, una delle signore più affascinanti che io abbia mai conosciuto. Arrivò Edoardo. Mi colpì il distacco che si creò tra i due genitori e il figlio. Un gelo assoluto” […] Chi sono gli amici di una vita? “Vittorio Chiusano, il famoso penalista. E certamente Nuto Revelli che andavo a trovare spesso a Cuneo. Ma anche suo figlio Marco, un grande intellettuale. E Guido Neppi”» (a Francesca Bollino).
Amori Il 3 febbraio 2001 ha sposato a Frassineto Po Patrizia Presbitero, cardiochirurga torinese, 23 anni più giovane di lui (già primario di Cardiologia al San Giovanni Bosco, ora nel gruppo privato Humanitas) • «Tra noi c’è una considerevole differenza d’età: siamo una coppia fuori dagli schemi. Io vengo da una famiglia operaia, ed è un’origine che rappresenta il primo orgoglio della vita. E porto lo stemma dei Cavalieri del Lavoro, l’élite della classe industriale: il mio secondo orgoglio. Mia moglie appartiene invece alla grande borghesia canavesana di Ivrea. È molto attiva e impegnata”. Quando vi siete conosciuti?
“Era il 1989. È caduto il muro di Berlino e io mi sono dimesso da presidente della Banca Nazionale del Lavoro. Non ho stretto la mano al Ministro del Tesoro allora in carica, un certo Guido Carli. Lo detestavo. Dopo dieci anni trascorsi lì dentro, quando lasciai tutto, sentivo che stavo attraversando un momento davvero duro della vita. Mi sentivo più povero di prima. Non avevo prospettive davanti a me. Pochi giorni dopo ho incontrato Patrizia. L’attuale presidente della Banca, Luigi Abete, invece, quando è entrato in carica, ha fatto mettere nella sua stanza la mia scrivania in segno di rispetto nei miei confronti. Lui sì che si è comportato bene”» (a Francesca Bollino).
Calcio Tifoso della Juve.