20 giugno 2023
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Biografia di Gaetano D’Angelo (Nino)
Gaetano D’Angelo (Nino), nato a San Pietro a Patierno (Napoli) il 21 giugno 1957 (66 anni). Cantante. Autore. «Era il ragazzo col caschetto di Nu jeans e ’na maglietta, e vendeva milioni di dischi, e i suoi filmetti incassavano miliardi. Oggi – che si professa “umile allievo di Sergio Bruni” – è uno dei più significativi musicisti world italiani» (Gabriele Ferraris).
Titoli di testa «Avrei fatto qualunque cosa pur di non essere povero»
Vita «Sono nato nello stesso giorno di Platini, meglio di una medaglia» • In quale quartiere di Napoli sei nato? «In un vicolo a San Pietro a Patierno, l’ultimo quartiere di Napoli, non distante dall’aeroporto di Capodichino. Sono cresciuto con i nonni materni a Casoria. Mio nonno voleva da me due cose: che fossi un fan di Giacomo Rondinella, che io detestavo, e comunista. Gli chiedevo: nonno, chi sono i comunisti? Sono quelli che la pensano come noi, rispondeva. Nonno, ma noi come la pensiamo? E che ne so, diceva» [ad Antonio Gnoli, Rep] • «Sono cresciuto nella povertà: non c’erano vestiti, vacanze, regali. Qualche volta vedevamo la televisione a casa di una vicina. Non mi piaceva la scuola, preferivo la libertà della strada con i suoi giochi, in particolare il pallone dove un po’ eccellevo. Sognavo di fare il calciatore. Ero Gaetano, non ancora Nino. Il primo soprannome che mi fu dato era “Semmenzella”, che è un piccolo chiodo per risuolare le scarpe. Mio padre era scarparo. Crescendo mi diedero un secondo soprannome: “Miezumetro”. Non ero alto, non lo sarei mai diventato. Ma ero determinato a crescere in un altro modo» [ibid.] • «Mio padre, a noi figli, ha dato dei principi forti; ma ci sono cose come l’istruzione... andavo a scuola, però la notte lavoravo fino alle undici in un bar, e la mattina non avevo la testa per studiare» • Altro soprannome «Il poeta che non sa parlare»: «Me lo diede la professoressa di italiano delle medie. A scuola parlavo napoletano, non italiano, facevo errori grammaticali, ma secondo lei scrivevo cose profonde, capaci comunque di arrivare al cuore. All’inizio mi parve una cosa brutta, in realtà era un magnifico complimento» [ad Arianna Finos, CdS] • «Ho cantato in parrocchia, alle feste nelle piazze e poi ai primi provini. C’era un posto a Napoli, c’è ancora, dove vanno tutti quelli che vogliono cantare. E lì si incontra gente che fa i mestieri più diversi: cameriere, sguattero, pescatore, io allora facevo il posteggiatore cantante. E quel posto era stato battezzato da Sergio Bruni “Il cimitero dei cantanti”, lì gli aspiranti artisti non nascevano, morivano» [Gnoli, cit.] • «Papà diceva in certi momenti: Gaetà, io lavoro per cercare lavoro e non mi pagano per questo. Gaetà, tu vuo’ fa il cantante? Ma noi siamo nati per sopravvivere, così diceva. Ero il primo di sei figli, il primo a dover sopravvivere. Dicevo: “Ma papà, forse ho talento”. E lui rispondeva: “Ma quale talento, se non hai una raccomandazione, e qui nessuno ti raccomanda, pìgliate almeno la terza media e dammi una mano» [Gnoli, cit.] • «In terza media, per promuovermi, i professori mi fecero cantare la Marsigliese. Quelli sono posti in cui si nasce per non essere niente» [a Candida Morvillo, CdS] • «Sono passato a cantante di matrimoni. Avevo il mio repertorio. Tenevo pure l’abito adatto, colore verde. Cantavo davanti agli invitati e agli sposi. Piacevo, anche se le canzoni erano spesso tragiche: storie di sangue, di delitti, di amori passionali e tradimenti che finivano male, di padri morti per un incidente, di famiglie finite sul lastrico. Ma vuoi essere un po’ più allegro, mi dicevano» [Gnoli, cit.] • «A 17 anni incontrai un grande sacerdote, padre Mauro Piscopo. Io sono un miracolo vivente di padre Piscopo, è stato un prete meraviglioso per tutti noi, specie per quelli nati in famiglie povere come la mia dove nessuno ci poteva insegnare. Ed è lì che ho imparato ad avere fede. Io di Gesù sono un tifoso, quando leggo il Vangelo mi commuovo» [a Massimo Iodini, Avvenire] • «Il papà di Annamaria era autore di canzoni. Mi scovò a un festival amatoriale, vide il talento e praticamente mi portò a casa sua: mi ha fatto sentire normale, mai ultimo, mi ha fatto capire che ci stava una strada. Annamaria teneva 11 anni • Raccolse fra i familiari 500mila lire per il suo primo disco: «Li diedi al discografico. Morì il giorno dopo. Non ci potevo credere. Dicevo: ma dov’è il morto, fatemelo vedere. Pensavo alla truffa, ma era morto veramente. Andai perfino da Sergio Bruni e gli dissi maestro io volessi cantare. Mi rispose: a primma cosa, mparate a parlà!» [Gnoli, cit.] • Nel 1976 successo in ambito regionale col suo primo 45 giri, A storia mia (‘O scippo): «Per venderlo, mi spacciavo per il fratello di un carcerato, dicevo: compratelo, deve mantenere la famiglia. Vendetti 50mila copie» [Morvillo, cit.] • «Roberto Murolo è un monumento. Come mettere a confronto Raffaele Viviani e Eduardo De Filippo. Puoi parteggiare per l’uno o per l’altro. Io ho amato di più Viviani, perché ho interpretato il suo teatro. Così come ho amato Bruni per le sue canzoni» [Gnoli, cit.] • «Merola mi definì il suo erede ma era inarrivabile» [Arianna Finos, Rep] • Sei stato considerato il primo dei neomelodici. «La parola “neomelodico” è bella, ma è diventata un calderone. Io sono un cantante che ha impiegato cinquant’anni per diventare cantante napoletano» [Gnoli, cit.] • «Quando il successo è arrivato, non mi sono fatto tante domande. Avevo i soldi, potevo aiutare la famiglia. E non rinnego niente: credo che già nelle canzoni di allora ci fosse qualcosa, ma nessuno era interessato a scoprirlo» • Con l’arrivo della fama «sono ricorso a uno psicologo. Non è stato semplice trovare un equilibrio tra due mondi così opposti. Non è facile guardarsi allo specchio e dire ce l’ho fatta! La povertà è l’odore che ti porti sempre addosso» [Gnoli, cit.] • «Io volevo fare il pop. Scrissi ’Nu jeans e ’na maglietta mentre mia moglie faceva le pulizie per casa. Le dissi: “Che fortuna che hai, ti ho risolto i problemi con queste musiche”. Anche se non fu facile. Ero ostracizzato. Tanti prendevano posizione contro di me per pregiudizio. Io volevo essere amato da tutti, essere figlio di tutta Napoli, invece mi dicevano “di una certa Napoli”. Alla lunga però ho avuto ragione io» [Finos, cit.] • Nel 1981 esordio nel cinema, con Celebrità (ispirato all’album omonimo uscito nel 1980) con la regia di Ninì Grassia: «Sono partito dai musicarelli cuciti sulle mie canzoni, mi hanno dato popolarità. Il cinema non fu amore a prima vista, il set è duro. Ricordo il primo giorno di lavoro con Regina Bianchi: ero stanco, facevo dieci matrimoni al giorno, non sapevo la parte. Che fatica all’alba, il caschetto perfetto, due ore di trucco» [Finos, cit.] • Nel 1981 spettacolo concerto su Rai 1 dal Teatro Delle Palme di Napoli • Nel 1983 pubblica in successione due album che lo proiettano verso il successo nazionale: Sotto ’e stelle e Forza campione. Interpreta diversi film che sbancano al botteghino: La discoteca; Uno scugnizzo a New York e Popcorn e patatine. Spesso in tv ospite di Pippo Baudo, Raffaella Carrà, Sandra Milo • A Sanremo 85 con Vai viene ignorato dai critici ma il suo album Cantautore fu uno dei più venduti tra quelli del festival. Concerti in Belgio, in Germania, negli Stati Uniti e in Francia • Costretto a trasferirsi da Milano a Roma perché minacciato dai camorristi che erano entrati nel business dei neomelodici: «Volevano una tangente dai miei ricavi. Ce ne siamo andati per non subire il ricatto» [Gnoli, cit.]. «Spararono due volte alle nostre finestre. La seconda volta il proiettile è entrato nella stanza dove mio figlio Vincenzo dormiva nel lettino. Siamo scappati in un giorno. Un peccato, perché devo tutto alla città, i napoletani mi adorano: piace che uno di loro ce l’ha fatta senza aiuti» [Morvillo, cit.] • È il 1986 e, sul Corriere, Davis dice a Paolo Biamonte: «L’altro giorno, ho sentito cantare un italiano che mi ha scioccato: Nino D’Angelo. Formidabile, potrei suonare la sua musica». L’aveva sentito in taxi e s’era comprato tutta la discografia. I flash sono certe scene, ma pure certe risposte di Nino. Tipo: «Mi avvisò il mio bassista la mattina. Fa: “Hai visto che ha detto Miles Davis?”. Dico “ma chi è? Un nuovo giocatore del Napoli?”» [Morvillo, cit.] • Nel 1987 la canzone Napoli tratta dal film Quel ragazzo della curva B, diventa un inno per i tifosi di calcio napoletani • «Il più bel complimento che abbia mai ricevuto è una scritta murale quando il Napoli vinse lo scudetto: “A Napoli ci sono tre cose belle, Nino D’Angelo, Maradona e le sfogliatelle”». Maradona le sfogliatelle le conosceva ma chiese: «Chi è Nino D’angelo?». «Volle conoscermi. A Napoli ero popolare quanto lui. Andai a trovarlo con mio figlio allo stadio San Paolo dove si allenava. Sono malato di calcio e vedermelo di fronte che mi parlava e palleggiava con le spalle, sì con le spalle, la destra e la sinistra, era incredibile. Ci siamo un po’ frequentati. Spesso ci vedevamo a casa di Giuseppe Bruscolotti, grande difensore del Napoli» [Gnoli, cit.] • Nel 1990 dopo la morte dei genitori cade in depressione: «Ero diventato il nulla. Non volevo pensare, mangiare, lavarmi, uscire. Non sapevo perché. Sono andato avanti per quasi quattro anni. Poi sono lentamente riemerso e ho capito che non bisogna vergognarsi di questa malattia. Va curata e posso dirti che avendocela fatta sono più maturo, come più matura è la mia musica» [Gnoli, cit.] • Per essere “il poeta che non sa parlare” se la cava bene. «Eh, ma quanti congiuntivi sbaglio?» [Finos, cit.] • «Goffredo Fofi scriveva sempre delle cose terribili su di me, e io gli mandai Tiempo. Tiempo, il mio primo disco d’insuccesso, il primo in cui cercavo una mia strada musicale. E Fofi se ne innamorò. Sono le cose che non ti aspetti, e ti cambiano la vita”» (Gabriele Ferraris) • «Fofi era l’unico critico che veniva a vedermi quando tutti gli altri mi snobbavano. Magari poi mi bastonava, ma era un punto di riferimento» [Gioia, rivista] • «Il mio successo lo devo a me, ma soprattutto alla gente che mi ha voluto bene» [Gnoli, cit.] • Nel 1996 arrivano i primi riconoscimenti del nuovo percorso artistico come l’incontro con la regista Roberta Torre, che gli propone di girare un cortometraggio, Vita a volo d’angelo, presentato al Festival di Venezia, dove riscuote molti apprezzamenti. L’anno dopo la stessa Torre gli propone di realizzare la colonna sonora al suo primo lungometraggio, Tano da morire. «Altro flash: 1998, Quirinale, al cospetto di Oscar Luigi Scalfaro, sfilano i candidati al David di Donatello per la colonna sonora: “Ero lì per le musiche di Tano da morire. Il presidente viene e mi dice che il film gli era piaciuto. Mi sento mettere una mano sulla spalla e sento Roberto Benigni che mi fa nell’orecchio: hai vinto il David. Così fu. Benigni era candidato con Nicola Piovani per La vita è bella, era il mio avversario e non è che era uno qualsiasi. Ho battuto un premio Oscar, ma pure questo nisciuno l’ha scritto» [a Candida Morvillo, CdS] • «Vinsi David e Nastro cancellando il pregiudizio degli anni Ottanta. Il David me lo diede Sordi con una carezza, “bravo”» [Finos, cit.] • Nel 1999 pubblica il libro L’ignorante intelligente, un’autobiografia che racconta le sue umili origini • A Sanremo 99 con Senza giacca e cravatta, guadagna l’ottavo posto e il premio della critica. Si taglia il caschetto: «Tutto cambia quando sono andato a Sanremo con Senza giacca e cravatta. E ora ho un pubblico composito, il minimo del colto accanto al massimo del colto. E sono felice» [Finos, cit.]. Tornerà a Sanremo nel 2002 con Marì che verrà inserita nella compilation La festa per festeggiare i suoi 25 anni di carriera • In tv ospite di Fabio Fazio, Gerry Scotti, Paolo Bonolis, Alberto Castagna, Raffaella Carrà, Mara Venier, partecipa anche come regalo a un fan nella trasmissione C’è posta per te di Maria De Filippi • Come attore, bella prova ne Il cuore altrove di Pupi Avati (2003): «Lui sì che mi ha insegnato tanto» • Nel 2005 la Regione Campania e la Provincia di Napoli gli affidano il teatro Trianon di Forcella: «Accettai a una sola condizione: che la mia direzione si trasformasse in evento sociale. Un teatro per la gente in un quartiere a rischio. Con l’aiuto dei fondi statali e un abbonamento a dieci euro, rivolto a chi non si poteva permettere il lusso della rappresentazione. C’erano 67 abbonati. Sono diventati 4.000. Un trionfo esagerato. Una lezione di educazione civica. Ho fatto recitare le mogli dei carcerati, creato dal nulla un’orchestra multietnica, dato spazio a chi non aveva voce» • Nel 2010 è stato licenziato: «Comme ’nu precario qualsiasi, con una lettera burocratica perché il mio esperimento era davvero popolare, sollevava lo spirito della gente che non conta e stava diventando pericoloso» [a Malcom Pagani, Il Fatto]. Tornerà direttore dal 2016 a 2020 • Nel 2007 il primogenito Toni gira il suo primo lungometraggio Una notte, e capisce che per il personaggio del tassista suo padre è il miglior candidato: «Io ero veramente molto preoccupato, soprattutto per lui. Uno come me può essere ingombrante, sul set non parlavo mai per paura di sbagliare. Quando lavori per tuo figlio, vuoi soltanto che il suo film vada bene» [a Katia Ipaso, Mess] • Il Figlio: «Per me mio padre era come Michael Jackson, ma a lui interessava solo che leggessi Raffaele Viviani e Viviani mi ha insegnato tutto: come scrivere, come fare una scena, come dare voce a chi non l’ha» • Nel 2008 ha partecipato a Uomo e gentiluomo, reality sul bon ton condotto su Raiuno da Milly Carlucci (flop clamoroso). «Vorrei solo essere uno chansonnier napoletano che può andare anche all’estero, in Spagna o in un pub irlandese, ma continuando a cantare in napoletano» • Nel 2010 ha partecipato al Festival di Sanremo con il brano in dialetto napoletano Jamme jà, cantato insieme a Maria Nazionale • Ha scritto l’autobiografia Core pazzo (Baldini Castoldi Dalai) • Nel 2012 ha pubblicato l’album Tra terra e sole. Nel 2011/2012 ha portato in teatro C’era una volta un jeans e una maglietta • Il 21 ottobre 2013 per Nino D’angelo si aprono le porte del Teatro Real San Carlo di Napoli per omaggiare Sergio Bruni. Il 1º novembre 2014 ha iniziato il tour Nino D’Angelo Concerto Anni 80 ...e non solo, riscuotendo un notevole successo nei teatri, palazzetti e arene di tutta Italia e parte della Germania e America • Nel 2016, per Falchi il figlio Toni chiede di nuovo al padre Nino di lavorare con lui, questa volta come compositore della colonna sonora: «Ho dovuto insistere per convincerlo: temeva che in giro si dicesse che favorivo mio padre» • Del 2017 il suo ricordo più bello: «Il concerto per i 60 anni allo stadio San Paolo. Mi è passata tutta la vita davanti agli occhi. Ed ero nella curva B, la mia curva, quella dove andavo a tifare Maradona» [Finos, cit.] • A Napoli, nel 2021, gli abitanti di San Pietro a Patierno, dove è nato, hanno fatto una colletta per commissionare al celebre Jorit un murales con la sua faccia: «Mi è sembrata una cosa troppo grande. Mi sono chiesto: ma perché l’hanno fatto per me? Ho trovato il quartiere come l’ho lasciato: uguale. Guardando la disperazione negli occhi delle persone mi sono messo a piangere e ho pensato che oggi sarei stato vecchio così, coi figli che vivono per sopravvivere. Mi è tornata la voglia di scrivere ed è nato il disco» • Nel 2021 il disco Il poeta che non sa parlare diventa la sua terza biografia e il nome di un tour interrotto per il Covid. Fa male cancellare tutto e stare a casa in lockdown, vero? «Una cosa esagerata, non ho mai aspettato di cantare come in questo momento, il pubblico è una droga» • Ne La divina cometa Mimmo Paladino a Nino D’Angelo affida il ruolo di re magio: «Sono il re magio poeta, fiero di questa esperienza. Mimmo è un amico, ha firmato copertine dei miei album, un artista che ha fatto un film originale, colori, luci, paesaggi, un set meraviglioso in Puglia con grandi colleghi» [Finos, Rep] • Il 26 maggio 2023 è ospite ad una delle cinque serate concerto di Gigi D’Alessio in Piazza del Plebiscito : «Ci hanno sempre considerato rivali ma siamo amici». Quella sera Aurelio De Laurentiis che proclama la sua Napoli come inno ufficiale della squadra: «Ho dovuto sempre aspettare nella mia vita: sono abituato a essere sdoganato ogni giorno. E così è stato pure per l’inno. Conosco Aurelio da sempre, ha anche prodotto alcuni miei film. Quando il Napoli tornò in serie A, gli feci subito la proposta. Ma disse di no: “Nino, questo fatto della curva B divide, io ho bisogno di unire tutta la città intorno alla squadra”. Ci rimasi male, ma continuai a sperare. Poco più di una settimana fa, mi chiamò per invitarmi alla festa: “Nino allora vieni?”. E io: “Che vengo a fare? Solo per cantare? Grazie Aurelio, ma no”. Dopo poco mi richiama. “Aurè? Allora?”. E con il suo piglio mi fa: “Tutto fatto. L’inno è tuo”. Abbiamo privilegiato la seconda parte della canzone, quella in cui non c’è la curva, ma solo Napoli» [CdS].
Amori Nel 1979 lui, 21 anni, sposa sua moglie Annamaria che ne aveva 15: «Facemmo la fuitina. I genitori dicevano che eravamo piccoli per sposarci. Lo rifarei, abbiamo due figli intelligenti, bravi e quattro nipoti» • «Qualche scappatella c’è stata. Ma lei è una donna molto intelligente» • «Nella vita pratica io penso, per esempio, che ai nostri figli non dobbiamo dare tutto. Io e quelli della mia età siamo una generazione che ha fallito, abbiamo dato troppo, sbagliando tutto. Se si vive dando soddisfazione a ogni minimo bisogno la gioia si riduce sempre più e perde gusto e significato» [Iodini, cit.] • Quanto dice ancora «ti amo» a sua moglie? «Ce lo diciamo tutti i momenti. Ce lo stiamo dicendo anche quando non ce lo diciamo» [Morvillo, cit.].
Titoli di coda «Ero più contento della bici che mi comprava papà che ora che mi posso comprare la Ferrari».