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 2023  giugno 21 Mercoledì calendario

Biografia di Paolo Rossi

Paolo Rossi, da poco anche Kobau nato a Monfalcone (Gorizia) il 22 giugno 1953 (70 anni). «Mi faccio chiamare Paolo Rossi Kobau. Me l’hanno cambiato di là (indica la vicina Slovenia, ndr), l’ho lasciato» [Roberta Scorranese, Rep] Attore. Comico. Tra i suoi programmi tv più famosi: Su la testa (1992), Il laureato (1994-1995, con Chiambretti).
Titoli di testa «Sono un attore, dico delle gran palle, dove però c’è più verità che nei fatti».
Vita Figlio di Lionello, un repubblichino. I suoi genitori si conobbero in una sede del Msi. «Papà stava alla Solvay come mio nonno» • «Ho debuttato a 6 anni, quando frequentavo l’asilo a Monfalcone. Il mio primo personaggio è stato Nerone e non fu la maestra a decidere, ma io perché mi piaceva l’idea dell’incendio. Tuttora sono bravo a incendiare» [a Emilia Costantini, CdS] • Poi si trasferisce a Ferrara • «Avevo 9-10 anni, avevo la febbre molto alta. Ho visto ai bordi del mio letto un falegname con in braccio un bambino con tutte le lucine intorno: per me era San Giuseppe. Non lo so se era proprio lui o se fosse stato un falegname qualsiasi. Ho visto anche tante altre cose, meglio non dirle…» [a Serena Bortone, Rai] • «Provengo da una famiglia di teatranti. Non i miei genitori, ma mio nonno recitava con Rosso di San Secondo, mia zia vinse il campionato delle filodrammatiche. Io a 13 anni chiesi al nonno di farmi un’audizione, lui me la accordò ma andai malissimo e fu lapidario: il tuo futuro è la chimica, un impiego dignitoso. E così feci, anche se la mia passione restava quella di recitare» [Costantini, CdS] • Da ragazzo giocava a calcio: «Con l’Olimpia Quartesana e poi con la Vis Ferrara: “Proprio a Copparo ho segnato uno dei tre gol che ho fatto in tutta la mia vita. Arrivavo correndo da metà campo, davanti alla porta ero talmente sfatto che ho visto tre porte, per fortuna ho tirato in quella giusta. Il portiere stava in quella sbagliata, ma questa è un’altra storia e magari ve la racconto dopo”» [a Lucia Vignotto, ListonMag] • Perito chimico «quasi laureato in Scienze politiche» • Da militare «mi inserirono in un battaglione operativo, tradotto in “punitivo”: nella mia camerata c’erano solo soggetti di Lotta continua, Autonomia operaia e similari; una sera i nonni provano a entrare, ma “casualmente” non ci sono riusciti e non li abbiamo più visti; stavo nelle retrovie, coperto da quelli del servizio d’ordine: ho dato una mano a smontare i letti di metallo, per creare spranghe» [Ferrucci, Fatto] • «Da militare frequentavo una casa chiusa, e siccome mi comportavo alla grande, quindi cucinavo e portavo in giro il cane, le signorine mi volevano bene; in più ci accompagnavo altri commilitoni con l’ormone alle stelle; (cambia tono) alla fine non mi sono comportato bene. Dieci anni dopo torno a Torino, avevo uno spettacolo e volevo invitarle: vado in quel quartiere, le intravedo, ma la vita le aveva massacrate. Non ho trovato il coraggio di avvicinarmi; (ora ride) sempre a Torino ho dato i biglietti a 20 rom conosciuti con Kusturica: in platea non so chi avesse più oro, se loro o le signore borghesi» [Ferrucci, Fatto] • «Ho imparato il mestiere prima per strada, poi con la compagnia milanese dei marionettisti Colla e in seguito ho incontrato maestri particolarissimi come Dario Fo, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Giorgio Strehler...» • «Da Fo ho preso l’affabulazione, da Gaber il rigore, da Jannacci la follia, da Strehler la teatralità» • Timido ma solo nella vita: «Da ragazzo mi chiamavano “Taciturno Joe”» • «Ho cominciato facendo il tuttofare nella compagnia di Gianni e Cosetta Colla. Come manovratore di marionette, addetto alle scene, ai rumori di fondo, e anche come attore. La sera, per 2.500 lire, m’impegnavo in un teatro sperimentale, il Cth di Milano (la sigla stava per Centro teatrale dell’hinterland), una cantina di 70 posti in un condominio di Via Valsassina dove regnava l’off e il politico, col pubblico che c’era e non c’era» • «Con un amico psicologo mettemmo in cantiere anche psicodrammi, reclutando Gigio Alberti che era stato mio collega in un corso di recitazione d’un attore del Living Theatre, e una biondona presa con un annuncio sui giornali. Volevamo proporre agli alunni delle scuole un lavoro, e un manager con forte nevrosi ci organizzò la vendita di biglietti in alcuni istituti (dal Manzoni al Carducci) per un collage di Prévert intitolato Il prevertimento. Dopo tre repliche chiudemmo. Ma non mi davo per vinto» • «Frequentai la scuola del Piccolo Teatro, i corsi mimo di Marise Flach. Lì venne a vedermi Dario Fo e mi prese nel cast dell’Histoire du soldat (1978). Condusse un laboratorio per noi che eravamo una trentina di ragazzi. Ebbi più parti a rotazione. Con me c’erano Marco Columbro, Lucia Vasini» • «Io ho fatto teatro entrando dalla porta di servizio. Il lavoro dell’attore — me lo insegnò Checco Rissone a Como — prima che un’arte è un mestiere. Ti ci devi guadagnare da vivere. E il problema mi si pose, dopo una parentesi al Teatro Girolamo di Milano diretto da Umberto Simonetta, col Teatro Stabile di Trieste, dove fui scritturato con Vittorio Caprioli per Vita di Carl Valentin con regia di Pressburger. Mi fecero una promessa, non mantenuta. E così finii sottopagato. Cominciai a saltare un pasto al giorno, Caprioli se ne accorse, si indignò e mi portò sempre a pranzo, pagando. Io gli rubai una cosa preziosa: la cattiveria nei camerini. Una volta mi disse “Dai, stasera improvvisiamo”. Una sfida. M’andò bene, strappai un applauso. Mi chiamò nell’intervallo: “Bravo, m’è piaciuto, da domani però questo lo faccio io”. E questa perfidia del dietro-le-quinte io l’ho applicata spesso: distraendo in tutti i modi Bisio in Comedians di Griffiths, facendo incespicare Hendel in un reading...» • Il successo arriva con Nemico di classe (1983), «lo spettacolo che lanciò me, Claudio Bisio, Antonio Catania, Silvio Orlando, Gabriele Salvatores e i Comedians era apprezzato dai critici, amato dall’ambiente, ma con pochi spettatori; fu grazie a un quasi arresto per colpa di Bisio, a una successiva rissa con il pubblico, più un semi-incendio in un albergo a trasformare lo spettacolo in un avvenimento». Cosa accadde? «Interpretavo un naziskin, ovviamente in chiave ridicola, e presentavo una lezione reazionaria contro i meridionali; quel giorno il pubblico era composto da un migliaio di ragazzi e venivo costantemente applaudito, ma non per la recitazione, proprio per quello che sostenevo; a un certo punto mi fermo, e guardo la sala: “Sapete dove sono le teste di cazzo più grosse mai incontrate?”. E ho nominato la città dove stavamo; poi: “Potete andare affanculo”, e sono uscito. Gli altri della compagnia mi hanno seguito». E lì? «Silenzio, non capivano; allora esce Antonio: “Non so se avete capito, ma per mille che siete potete andare a fanculoooo”. È scoppiata la bagarre. Tutti solidali. L’unico errore fu di Bisio: scappiamo dal teatro con le divise di scena, ci fermano a un posto di blocco e segue il poliziotto sostenendo “che non si deve mai abbandonare il proprio documento”; a quel punto gli urlo: “Lo dice il Soccorso rosso, non la Costituzione”» [a Ferrucci, Fatto] • Se la vede brutta pure al Derby di Milano «Una sera un tizio del pubblico, che era ubriaco, mi punta la pistola perché non lo stavo facendo ridere. Io ho reagito da vigliacco: sono rimasto fermo a guardarlo. E lui mi dice: sentiamo la prossima battuta se mi fa ridere. E io rispondo: lo spettacolo è finito, grazie e arrivederci... Insomma, non potevo rischiare di non farlo ancora ridere e di morire per una battuta poco divertente...» [Costantini, cit.] • «Il confine tra realtà, immaginazione, sogno vero, verosimile e possibile è inutile, o sciocco marcarlo: “A volte non so più qual è la realtà oggettiva da quella frutto della mia testa: qualche tempo fa mi ferma un signore, si congratula e mi parla della famosa serata in cui al Derby arrivò la polizia per una retata. E io: ‘Allora è accaduto! La narro da talmente tanti anni che oramai credevo fosse la mia immaginazione’. ‘Due settimane fa ho visto il suo spettacolo. E mi sono ricordato di quella sera: ero presente’. Ho sorriso”» [Ferrucci, Fatto] • Nel 1986 gira tre film La donna del traghetto di Amedeo Fago, La coda del diavolo di Giorgio Treves e Montecarlo Gran Casinò di Carlo Vanzina • Girerebbe un altro cinepanettone? «Se ho bisogno di soldi, sì; (ci pensa) porca vacca, Montecarlo Gran Casinò è l’unico film dove i miei figli ridono». È giocatore? «Mi piace il poker e sono fortunato, altro che Gianni Morandi; quando abbiamo girato a Montecarlo, ho guadagnato più al casinò che grazie al film» [Ferrucci, cit.] • Nella seconda metà degli anni Ottanta visto al cinema in Kamikazen di Gabriele Salvatores (1987),Via Montenapoleone di Carlo Vanzina (1987), I cammelli di Giuseppe Bertolucci (1988). A teatro in Comedians e Chiamatemi Kowalski di Salvatores, Le visioni di Mortimer di Giampiero Solari e La Commedia da due lire, regia di Giampiero Solari • In tv il successo arriva nel 1992 con Su la testa! scritto con Gino&Michele. In quest’occasione lancia talenti come Antonio Cornacchione, Antonio Albanese, Maurizio Milani, Aldo, Giovanni e Giacomo. La regia è firmata da Paolo Beldì • Sempre per la tv Il laureato con Piero Chiambretti. Il programma si svolge davanti a un pubblico di studenti, in alcune università italiane: nel corso di ogni puntata intervenivano diversi ospiti a tenere le lezioni, tra cui Dario Fo, Michele Serra, Gianni Minà, Paolo Villaggio, Gabriele Salvatores, Oliviero Toscani, Dario Argento, Vanna Marchi ed altri. Nel 1994, partecipa persino al Festival di Sanremo cantando, in coppia con Enzo Jannacci, la canzone I soliti accordi. Dopo l’esperienza circense de Il circo di Paolo Rossi (1995), spettacolo che si sposta con una carovana e una serie di tendoni per tutta Italia, raggiungendo oltre 100 repliche in due stagioni, recita accanto a Ciccio Ingrassia in Camerieri (1995), vincendo il Nastro d’Argento per la migliore sceneggiatura, della quale è autore assieme al regista Leone Pompucci e a Filippo Pichi • «Da questo momento in poi, si dedicherà maggiormente al teatro, concentrando tutta la sua attenzione verso i classici, dai quali riesce comunque a trarre vari riferimenti all’Italia contemporanea. Avviene così che spettacoli come Romeo & Juliet - Serata di Delirio organizzato (1999-2001) e Questa sera si recita Moliére (2002) diventino veicoli di riferimento per l’attualità, ma anche forti punti di contatto per il pubblico che è chiamato a partecipare attivamente a quelle che sono le chiavi della Commedia Dell’Arte. Nel 2001 scrive, interpreta e dirige Storia per un delirio organizzato, dove ancora una volta sottolinea la necessità che il pubblico in prima persona debba mantenersi vivo durante la rappresentazione, ma soprattutto compartecipante • Altra trasmissione fortunata Scatafascio (1997-1998) scritta con Gino e Michele • A causa delle sue invettive, lei è stato spesso censurato in tv. Il censore era Silvio Berlusconi? «Certo! Fui censurato con il discorso di Pericle sulla democrazia ad Atene ripreso da Tucidide, poi con un Molière che non era il “malato immaginario”, bensì il “medico immaginario” e il suo assistente si chiamava Previto: dissero che avevo usato un linguaggio blasfemo, che poi non c’entrava niente la blasfemia, e ci fu una causa... che ho vinto» [Costantini, cit.]. Monologo riletto quest’anno a PropagandaLive di Diego Bianchi«Berlusconi mi deve tanto. Ad esempio la parola Bunga-Bunga. Era una storiella che io e altri colleghi raccontavamo in Comedians, spettacolo in scena all’Elfo negli anni Ottanta. Poi, in qualche modo, qualcuno l’ha portata negli ambienti Mediaset» • Una battuta su Di Maio o Salvini la farebbe? «Dovrei essere molto stanco» [Bandettini, cit.] • «Venni quasi scomunicato dall’Arcivescovo di Carpi per Operaccia romantica, perché considerato sacrilego... Tuttavia, devo dire che l’ex premier per noi comici era una gallina dalle uova d’oro, perché era dotato di una sua comicità involontaria e noi guadagnavamo senza faticare, bastava che ripetessimo le sue battute... un giochetto anche abbastanza umiliante per chi crede nella satira» [Costantini, cit.] • Nei primi anni Duemila è costretto temporaneamente alla sedia a rotelle a causa di una polinevrite acuta • Nel 2007 torna a Sanremo con In Italia si sta male (si sta bene anziché no) di Rino Gaetano (il cantautore scomparso nel 1981 che a suo tempo l’aveva scartata). Polemiche: c’è chi dice che il brano era già stato eseguito nel 2005 durante un Festival a Crotone • Partecipa a progetti cinematografici come Beket di Davide Manuli (2009), Niente Paura di Piergiorgio Gay (2010) e RCL - Ridotte Capacità Lavorative (2010) di Massimiliano Carboni, documentario che affronta con stile originale la situazione post-referendum nello stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco. In televisione, sempre nel 2010, ha fatto ridere il pubblico di Rai3 intervenendo a Vieni via con me, fortunatissimo programma di approfondimento e di attualità condotto da Fabio Fazio e Roberto Saviano [MyMovies] • Visto al cinema in Benvenuti al Nord (2012 di Luca Miniero, con Claudio Bisio), e in tele con Confessioni di un cabarettista di m. (Sky, 2012). Tra i suoi ultimi lavori in teatro: La cimice, di Majakovskij, (regia di Serena Sinigaglia, 2009), Il Mistero Buffo nella versione pop 2.0, (di e con Paolo Rossi, 2010), L’amore è un cane blu (di e con Paolo Rossi, 2012) • «Se vede per strada un gruppo di testimoni di Geova “vado da loro in cerca di storie da portare a casa”» [Ferrucci, Fatto] • «Sono affascinato dagli emarginati, dai clochard con cui parlo spesso: io stesso come attore faccio parte di questa categoria, infatti un tempo ci seppellivano in terra sconsacrata. E così ho chiesto la cittadinanza ai Rom, ma il presidente di quella associazione mi ha risposto: non esiste la cittadinanza Rom, al massimo possiamo prestarti una roulotte» [Costantini, cit.] • Nel gennaio del 2018 alla Scala ha fatto morir dal ridere i melomani con un comizio politico nel ruolo del carceriere Frosch nel Pipistrello di Strauss [Anna Bandettini, Rep] • Il 9 febbraio 2018 partecipa al 68º Festival di Sanremo duettando con il gruppo musicale Lo Stato Sociale, con la canzone in gara Una vita in vacanza • Del 2021 è Meglio dal vivo che dal morto (Solferino) • Nel 2022 Stand up Orazio: «È un modo per reinventare dei classici usando il mio mestiere, che non è quello di fare un’analisi critica o rivisitazione storica alta e puntigliosa. Mi diverto a creare un racconto con libere associazioni tra passato e presente, prendendo spunto dalle Odi e dalle Satire, dove l’autore analizza i difetti umani e quanto siamo responsabili di quello che ci accade. In particolare, c’è un’Ode sul vino che mi piace tanto, perché parla della giusta misura nel bere, senza oltrepassare il limite, cosa che io, in un periodo della mia vita, non ho osservato... e adesso non bevo più» [a Emilia Costantini, CdS] • Paolo Rossi è un uomo diviso: tra la casa di Milano e quella di Trieste, tra tre famiglie, tra l’istinto casalingo e le tournée teatrali [Scorranese] • A Natale dice di dover fare «Il canguro. È un periodo faticoso». «Ci ha impressionato vedere così affaticata e fragile una persona che da lì a pochi minuti avrebbe smesso di essere sé stessa per indossare i panni giullareschi e spumeggianti del saltimbanco. In fondo il suo Arlecchino – tra mille percorsi tortuosi, classiche gag di repertorio e nuove canzoni – parla proprio di questo, della difficoltà di riconoscere sé stessi quando la necessità o l’abitudine ci vincola alla maschera» [Vignotto, cit.] • Da ultimo ha scritto un libro a quattro mani con la figlia Georgia: Chissà se è vero. Storia forse apocrifa della nostra famiglia (Solferino) perché come diceva Jannacci: «Se la storia è bella, allora è vera».
Politica «Posso dire con certezza di non essere mai stato comunista. Devo la mia educazione politica a Remo, anarchico ferrarese di quelli veri. Aveva fatto la guerra di Spagna e seppe riprendermi da una sbandata comunista» • «Non mi piacciono i partiti, preferisco i movimenti. Ma i 5 Stelle no, non stimo chi entra in Parlamento. Sono anarchico e posso permettermelo perché non lavoro all’Ilva. Sono l’unico caso in cui, candidato per un equivoco, non sono andato a votarmi, perché mi sono guardato allo specchio e non mi fidavo di me stesso» [Bandettini, cit.].
Vizi «È inutile negare che ho conosciuto la droga. Nell’ambiente ne girava parecchia. Ma siccome mi toglieva dal teatro, ho fatto vincere quest’ultimo» (da un’intervista di Stefania Rossini) • Nel 2016 ha smesso di bere «Stavo in un bar, ho ordinato un gin tonic e ho sentito come una mano sulla spalla che mi teneva il braccio. Magari era solo una periartrite, io però ho guardato il bicchiere, l’ho spostato verso il barista. E da allora non ho più toccato alcol» [Bandettini, cit.] • «La lucidità è un grande regalo specie in una persona con la mia creatività. Scopri cose paradossali. Per esempio non ci s’immagina quante persone si perdono con la lucidità». Ma come? Le relazioni dovrebbero migliorare. «No, le perdi, a partire dal bar dove non ti parlano più, perché non stai più lì a sparare cazzate per due ore. E poi tante persone con cui hai rapporti di lavoro: quando bevi sei più vulnerabile, sei più controllabile. Se sei lucido, per loro sei strano. È per via del money, i soldi» • Vizi rimasti: le meringhe e le sigarette. Si commuove spesso: «Io piango con Quella casa nella prateria. Assurdo».
Tifo Tifa per l’Inter: celebre il suo monologo sui due rigori sbagliati da Evaristo Beccalossi in un incontro delle coppe europee.
Amori Lucia Vasini è stata sua compagna di vita, «una storia che, comprese le interruzioni, è durata 12 anni e da cui è nato un figlio, Davide». Altre relazioni «con la madre non teatrante di Georgia e poi c’è stato per la prima volta il matrimonio, con Nadia, eritrea (un destino, perché l’altro mio nonno ha vissuto per un certo periodo in Eritrea, e decantava la bellezza delle donne di lì), danzatrice, con cui ho avuto il terzo figlio, Shoan».