28 giugno 2023
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Biografia di Sante Giovanni Gaiardoni
Sante Giovanni Gaiardoni, nato a Villafranca (Verona) il 29 giugno 1939 (84 anni). Per gli amici Gianni. Ex ciclista. Pistard. Medaglia d’oro di velocità e chilometro da fermo alle Olimpiadi di Roma (1960).
Titoli di testa «Il pistard simbolo dell’Italia, assieme al grande Antonio Maspes: il Bartali e il Coppi dei velodromi» (La Gazzetta dello Sport).
Vita Nato da una famiglia contadina, fin dall’infanzia si appassiona alle due ruote • A undici anni taglia l’erba con il ritmo di un adulto. Le sue gambe diventano potenti, esplosive [Jacopo Vergari, zetaluiss.it] • A scuola non brilla. Sono quasi tutte sufficienze, che stonano con l’unico nove in educazione fisica [Vergari, cit.] • A 14 anni Sante «era eccitabile e nervoso. Un ragazzo timido che fremeva per nulla e al quale per scaricare le energie non bastavano le corse per la campagna. Era irrequieto e insonne. Sfrenato e infaticabile. Cosicché suo padre, un bel giorno lo prese e lo fece visitare. Perché si preoccupava di questo “fiol che no ghe stava mai fermo”. Se non che il buon dottore di Villafranca, dopo aver tastato il torello, si tolse gli occhiali e sentenziò: «Mi ghe compra una bicicleta a sto fiol. Xe una medicina un po’ cara ma xe l’unica che ghe po’ far ben”. E il consiglio fu seguito. Da quel giorno, infatti, Sante non scese più dalla sua “medicina”. E siccome aveva quattordici anni, ed era stato mandato a bottega a Verona perché facesse l’orefice, tutte le mattine invece di andare in città con suo padre, sul secondo sellino di una motocicletta, passò sopra una bicicletta di seconda mano, di quelle senza “palmer” e senza cambio. E prima cominciò a star dietro la ruota di Bepi. Poi cominciò a dire al “vecio” che andasse più forte. Finché una bella mattina Bepi con la sua moto che per la verità era un “motorin”, non riuscì più a star dietro a Sante. Bepi racconta tutto con gran timidezza» [Alberto Cavallari, CdS] • A 16 anni «facevo un po’ di tutto, pugilato e atletica soprattutto. Poi iniziai con la bici: un giorno salii con Arnaldo Faccioli, neoprofessionista di Villafranca, a Bosco lungo la strada non ancora asfaltata: lui pedalava tranquillo, lo staccai e andai su da solo. Il giorno dopo vinsi una corsa a Schio» [a Lorenzo Fabiano, CdS] • Ragazzino rimane folgorato da una bicicletta esposta nel negozio del suo paese, che il padre, però, non vuole comprargli: costa ben 17mila lire. Sante però non si perse d’animo e fa una scommessa con l’allora proprietario Aldo Faccioli: avrebbe usato la bicicletta per una gara e, in caso di vittoria, se la sarebbe tenuta. Detto, fatto [coni.it] • Operaio alla Saira, va in fabbrica in bici • «Il bravissimo Costa lo scopre a Firenze in una riunione di giovani. Era considerato uno stradista, aveva vinto trentotto corse e credeva e sperava di diventare un tipo come Leoni, come Favalli, magari come Bini se non proprio come Guerra o Binda, o Magni, o Coppi. Costa lo vede in pista, mal messo in bicicletta, ingobbito sul manubrio, ma potente, con i muscoli che scattano come molle. Vuoi correre in pista? domanda Costa. “Io debbo guadagnare, faccio l’autista. Mio padre è invalido di guerra e campa facendo il magazziniere in una ditta di materiali ferrosi a Verona e a casa ho quattro sorelle più piccole — Un giorno diventerai un campione. “Voglio diventare subito un campione”. Io posso prometterti che lo diventerai, ma occorre cominciare da capo. Scordati le trentotto vittorie. Gaiardoni fece una croce sul suo taccuino sul quale aveva scritto in bella calligrafia il suo modesto libro d’oro, non tanto convinto quanto affascinato da un viaggio in Bulgaria che Costa gli offrì per l’indomani. La lunga strada della pista, per lui, cominciò lì, gioie, delusioni, gioie, delusioni, come sempre nella vita» [Mario Oriani, CdS] • Si trasferisce giovanissimo a Milano con la famiglia a due passi dal velodromo Vigorelli, in via Castelvetro 1 • Cede al corteggiamento del commendator Dino Cappellaro, un commerciante di pietre preziose, presidente della gloriosa società milanese dell’Azzini, che lo convince a vestire la maglia blu-nera della propria squadra [coni.it] • «Poi conquistai il campionato veneto, il Lanerossi, vincendo otto prove su nove. Il battesimo in pista fu al velodromo di Pescantina al Trofeo Gardiol, con la vittoria finale al Vigorelli nel 1958» [Fabiano, cit.] • Nello stesso anno Valentino Gasparella lo sconfigge ai Campionati del Mondo parigini • A vent’anni vince la Milano-Busseto, considerata una classica tra i dilettanti [oasport.it] • Si allena anche a Marino, paese alle porte di Roma. Dorme in un pensionato gestito dalle suore. Al ritorno dagli allenamenti, di nascosto dal commissario tecnico Guido Costa, una sorella gli fa trovare ogni giorno un panino con prosciutto e formaggio e un bicchiere di vino [coni.it] • Un giorno Guido Costa lo coglie sul fatto: «Mi diede un calcio nel sedere tale da farmi andare di traverso il boccone. Ancora non capisco come abbia fatto a scoprirmi. Eppure, per non destare sospetti, a pranzo pulivo il piatto senza lasciare avanzi» [Vergari, cit.] • La sera del 26 agosto del 1960, al Velodromo Olimpico costruito nel quadrante sud-orientale dell’Eur, la pista è scivolosa a causa dell’umidità di una giornata torrida e i venticinque partecipanti, uno per nazione, sono pronti a immergersi nell’ovale per coronare il sogno olimpico. Il tedesco Dieter Gieseler registra un gran tempo (1’08”75), dando l’impressione di aver messo una seria ipoteca sulla vittoria finale [coni.it] • «Fu così la volta di Gaiardoni, ma le cose si misero subito male. Il giudice di gara si scontrò con il tecnico italiano, discutendo sulle modalità di partenza, che poi penalizzarono il pistard azzurro. L’avvio fu disastroso. La gara sembrava compromessa, ma proprio in quel momento Gaiardoni iniziò una progressione incredibile, concludendo la sua prova con il tempo eccezionale di 1’07”27. Un trionfo che fece esplodere gli spalti gremiti da oltre 17.000 spettatori, che non si stancavano di applaudire il nuovo campione olimpico nel giro d’onore. Gieseler si dovette accontentare della medaglia d’argento, seguito dal sovietico Rostislav Vargashkin (1’08”86)» [coni.it] • «Un anno fa, ricordo, vidi ancora piangere Gaiardoni e allora mi commossi. Eravamo ad Amsterdam, nella finale della velocità. Gasparella, al massimo della condizione e della fantasia, lo aveva per la seconda volta battuto. Gaiardoni, allora, stava seduto con la maglia azzurra bagnata di sudore su uno sgabello troppo alto, come un bimbo disperato sul seggiolone. E singhiozzava, in silenzio certo, inseguendo i mille sogni perduti. Fu Maspes che gli disse: “Ti insegnerò io a vincere”. Un anno è passato ed il pianto di Gaiardoni è diventato di gioia» [Oriani, cit.] • Per salire un primo gradino del podio Sante ha dovuto prima vincere la rabbia, il nervoso e l’emozione. La ricetta per farlo star meglio ce l’aveva il padre Bepi in un thermos: la camomilla. «Un padre gigantesco e timido che, ora che tutta la gente grida “Sante, Sante”, qualche lacrimuccia se la asciuga. Ma è sicuro che Sante vincerà le qualificazioni di velocità: “Perché ghemo prepara’ la camomila” dice. E strizzando un occhio aggiunge “miga tanta come ieri sera, poareto. Ma un quartin ghe l’emo fato ber anche oggi”. Bepi mi spiega infatti che ieri sera Gaiardoni ha vinto ma c’era anche il pericolo che non vincesse. Sante infatti era nervoso ed eccitato. Era un vero groppo di muscoli e di nervi che non aspettavano altro che di esplodere» [Cavani, cit.]• Quattro giorni dopo, il 29 agosto, sono in programma le semifinali di velocità e Sante aveva già staccato agevolmente il pass durante le qualificazioni. Gasparella viene sconfitto a sorpresa dal belga Léo Sterckx. Gaiardoni batte l’australiano Baensch in due round. La finalissima vede Sante contro Sterckx, un replay dell’ultimo atto dei Mondiali di Lipsia dello stesso anno, in cui il veneto era riuscito a vincere. Gaiardoni conquista la prima manche con uno scatto bruciante a 300 metri dal traguardo. Nella seconda sorpassa il belga all’ultima. Secondo oro olimpico in quattro giorni: «Fui l’unico a vincere due medaglie d’oro. Eppure, di me non si ricorda nessuno, si parla di Nino Benvenuti e Livio Berruti, grandissimi, ma quelle due medaglie le ho io e non me le porta via nessuno […]. ma le medaglie avrebbero potuto essere tre…». Prego? «Io e Giacomo Zanetti eravamo da tre anni campioni italiani di tandem, e avevamo diritto a fare le olimpiadi. Decisero di far correre Giuseppe Beghetto e Sergio Bianchetto, che vinsero l’oro. Bene così, ma la cosa mi amareggiò molto: Zanetti smise di correre e io non potei puntare alla terza medaglia» [Fabiano, cit.] • «Le cronache di quel giorno raccontano di Gaiardoni in Via Veneto insieme con i suoi amici attori Maurizio Arena e Walter Chiari, che lo idolatravano in romanesco: “Gaiardò! Gaiardò! Gaiardò!”. E Sante, in incognito e non riconosciuto, ripeteva il coro come un tifoso qualsiasi. Passò professionista nel 1961 e iniziò una lunga rivalità con Antonio Maspes» [Gazzetta dello Sport]. Con Maspes un rapporto d’amore e odio. Si insultano ferocemente in pista ma quando Gaiardoni ha un incidente Maspes lo va a trovare. I due litigano e poi fanno pace: « La rivalità dà sugo a tutto. Beghetto ha vinto due campionati del mondo, ma non aveva una controparte, e così chi se lo ricorda? E Balmamion? Invece Gimondi, che già era un grande, è passato alla storia grazie alla rivalità con Merckx. E poi con Antonio era una rivalità splendida, perché era sportiva: ci affrontavamo con la giusta cattiveria sui pedali, poi messo un piede sulla pista tutto finiva lì. E dire che la prima volta che l’ho visto mi sono cadute le braccia: spocchioso, sembrava il padrone delle ferriere. Bauscia, ecco. A conoscerlo, poi, una persona splendida, generosa, capace di animare le feste, io lo chiamavo Mario Merola perché faceva l’attore». Era lui l’avversario che più ha sofferto? «No, lui era il mio idolo da giovane. L’avversario più temuto si chiamava Ruggero Zini: era quello meglio vestito, più elegante, coi capelli lunghi, belli. L’ho affrontato la prima volta che ho visto il muro del Vigorelli, che mi spaventò così tanto che decisi di correre solo nella zona bassa. In finale mi ha buttato quasi fuori pista due volte, ma sono riuscito a rientrare e vincere» [a Luigi Bolognini, Rep] • «Gaiardoni ha bisogno di uno che lo guidi, che lo tenga a posto con i nervi» [Giudo Costa a Fulvio Astori CdS, 1962] • Rocourt 1963, la vittoria al Mondiale su Antonio Maspes «La sera prima della finale, al ristorante dell’albergo il suo entourage della Ignis stava già a festeggiare: “Che fate?” chiesi. “Festeggiamo la settima maglia ridata di Antonio Maspes”. “Ma se dobbiamo ancora correre...”. “E dai, ma cosa vorrai mai fare!” mi risposero. “Ve ne accorgerete!” ribattei. Il giorno dopo ero campione del mondo. Il rapporto tra di noi era perfetto, ma in gara Maspes diventava un altro, cambiava completamente. Anch’io volevo vincere, ma lui mostrava un vero e proprio astio verso di me» [Fabiano, cit.] • Un giorno Amintore Fanfani, più volte presidente del consiglio, lo invita nella sua residenza: «Gli regalai una Graziella. Volle provarla subito, ma dopo pochi metri si sbilanciò e cadde. “Non è nulla, onorevole, non è nulla. Sa quante botte ho preso io? Fa parte del mestiere”» [Vergari, cit.] • Il 1966 è l’ultima stagione ad alto livello. Durante la Sei giorni di Milano una banale caduta dalle scale gli procura una frattura dell’ultima vertebra lombare, costringendolo a una lunga pausa. Pur allenandosi con costanza, non recupererà lo smalto dei giorni migliori [Vergari, cit.] • Terzo ai Mondiali nel 1966 e nel 1969, • Nel 1970 corre ai Mondiali. Guido Costa: «Sembra tornato il miglior Gaiardoni: non esagero, pare il Gaiardoni iridato di Rocour 1963. Forte come allora. Tanto che può vincere il titolo. L’unico punto debole è l’emozione. Ricorda quando, dilettante, prendeva la camomilla prima di ogni gara?» [a Claudio Benedetti, CdS] • Vince l’argento: «Ha perduto con dignità, ma la sconfitta brucia. La delusione è dipinta sul volto di Sante Gaiardoni con una certa evidenza: la vita non gli ha risparmiato l’ennesimo duro colpo. Ora, quasi sul viale del tramonto, Gaiardoni aveva ritrovato sé stesso, la grinta dei vent’anni, la “voglia matta” di battere tutti e prendersi così, sul destino, una rivincita clamorosa. Non fa scene, non recita drammi. Ingoia l’amarezza della sconfitta con filosofia. “Lei ha vinto una medaglia d’argento — tentiamo di consolarlo —, è pur vice-campione del mondo”. “Una medaglia d’argento o nulla, è la stessa cosa”. Il campione di Villafranca, trapiantato a Milano, guarda senza invidia la scenetta di Gordon Johnson che, finito il giro d’onore in maglia arcobaleno, posa con la moglie Sue accanto, con la bimbetta Heidi di due anni. L’italiano distoglie lo sguardo. «Perché ha perduto, Gaiardoni? “Perché in Italia stiamo fermi tutto l’inverno. Cosa vuole che siano sette riunioni da noi, cinque all’estero, quando i velocisti come Johnson corrono ogni settimana? Johnson ha gareggiato fino a dieci giorni fa, ai Giochi dèi Commonwealth correva quasi tutti i giorni, tra allenamenti e gare. Cosi “loro”, quelli che corrono sempre mentre noi stiamo fermi, hanno lo scatto pronto, i riflessi pronti, l’abitudine al senso della gara» [a Claudio Benedetti, CdS] • Nel 1971 lascia la carriere sportiva • Terminata l’attività di professionista, lavora in una tipografia e in seguito apre un negozio di biciclette. Lei è di Villafranca, ma sta a Milano da una vita. Le piace? «No. La amo proprio. Amo tutto di questa città, il suo caos, il Castello, i musei, la gente che litiga, la fretta. Quando vado da mia mamma nel veronese penso di tornare a vivere con lei, ma appena sono fuori da Milano mi impigrisco. Adesso ho un negozio di bici, le costruisco anche, al Giambellino. Guardi che bello, questo quartiere, con il tram in mezzo, l’erba, i marciapiedi con le fioriere. E pensi che ho scelto il quartiere per una canzone di Gaber». La ballata del Cerruti? «Sì, ho avuto l’occasione e l’ho colta: prima qui c’era una vecchia osteria. Giorgio è un altro amico, anche se adesso non esce più di casa. Mi piacerebbe, di questa città, più rispetto e attenzione per i ciclisti: Milano è in pianura, per le due ruote è un paradiso. Io da qui riesco, senza forzare, ad andare a prendere un caffè al Biffi in un quarto d’ora. Provi con l’auto, a farlo, o coi mezzi pubblici. Qualcosa sta cambiando, 3-4 anni fa in inverno negozi come il mio non battevano chiodo, ora lavorano normalmente» [a Luigi Bolgnini, Rep 2002] • Nel 2000 è affranto per la morte di Maspes: «Non me l’aspettavo che se ne andasse così all’improvviso» dice dopo una notte insonne e una visita per rendere omaggio all’amico. «L’altra domenica eravamo insieme in bici alla manifestazione Milano che pedala, in mezzo ai ragazzini, e a un certo punto lui mi guarda e ride. Poi mi dice: guarda come sei grasso... Gli ho risposto, ma guardati te».
Politica Nel 2001 si candida senza successo nelle liste dell’Udc. Nel 2005 è nel listino bloccato di Stefano Invernizzi, aspirante presidente della Lombardia per Alessandra Mussolini e Forza Nuova (non eletto). Nel 2006 si candida a sindaco di Milano con una propria lista: il simbolo era la ruota di una bicicletta. Vuole rendere il capoluogo lombardo più adatto ai ciclisti e sogna il “Risorgimento” del velodromo Vigorelli, destinato alle partite di football americano. Dopo aver raccolto 1500 firme in mezza giornata, va avanti da solo, rifiutando l’alleanza con la lista della manager Letizia Moratti. Ma i risultati delle elezioni sono impietosi. «Come mio solito, non volevo vincere, volevo dominare. Chiedere aiuto non era nella mia natura, sarebbe stato troppo facile» [Vergari, cit.].
Amori Nel 1963 sposa la cantante Elsa Quarta (1938-2020), un grande amore. «Proprio così. Pensi che al ristorante per il banchetto nuziale avevo prenotato 200 posti, ma arrivarono in 500. Il conto lo pagò un amico, dovetti correre due mesi gratis per ripagarlo...» [Fabiano, cit.] • «Quando è nata nostra figlia Samantha, che ci ha reso nonni, Elsa ha smesso di cantare. Un po’ mi spiace, anche perché quando fa qualche serata nei locali fa ancora il pienone» • «Oggi mi godo i miei sei nipoti; Andrea, il figlio di Samantha, e i figli delle mie sorelle».
Titoli di coda «Vinci se sei libero di cervello e ti dici “io oggi vi batto, sono più forte e voglio vincere”. Io facevo così e scatenavo la mia voglia di vincere»