29 giugno 2023
Tags : Lea Massari (Anna Maria Massatani Bianchini)
Biografia di Lea Massari (Anna Maria Massatani Bianchini)
Lea Massari (Anna Maria Massatani Bianchini), nata a Roma il 30 giugno 1933 (90 anni) • «Una delle attrici italiane più brave, più belle e meno sfruttate» (Claudio Sabelli Fioretti, Sette 5/9/1992) • «Stile di recitazione spontaneo e mai eccessivo, bellezza evidente ma non esibita, esente da ogni tentazione di divismo» (Enciclopedia del Cinema, Treccani) • Bellezza aristocratica, sguardo liquido, portamento altero, temperamento riservato, senza leziosità • Tra i suoi film: I sogni nel cassetto (Renato Castellani, 1956), L’avventura (Michelangelo Antonioni, 1960), Il colosso di Rodi (Sergio Leone, 1960), Una vita difficile (Dino Risi, 1961), L’amante (Claude Sautet, 1970), Soffio al cuore (Louis Malle, 1971), La prima notte di quiete (Vittorio Zurlini, 1972), Allonsanfàn (Paolo e Vittorio Taviani, 1974). Ebbe una parte nel Rugantino di Garinei e Giovannini. Poi, una serie di sceneggiati di Sandro Bolchi per la Rai: nel 1967 fu la monaca di Monza nei Promessi Sposi; nel 1969 Agrafena Aleksandrovna nei Fratelli Karamazov; nel 1974, la protagonista principale in Anna Karenina («Lei da sola regge le sei puntate», Aldo Grasso) • «Una faccia aspra e poetica» (Sandro Bolchi, regista) • «Bella di una femminilità mediterranea e arcaica, come Maria Callas» (Monica Bellucci) • «Una grandissima attrice con la quale non c’era neanche bisogno di parlare» (Philippe Leroy) • «Penso sia la più bella, la sola attrice italiana che non fa venire in mente la pizza o il cuore di Roma. In lei non c’è niente di banale, né il falso intellettualismo di quelle poverette che un regista impegnato, o la noia dei salotti, hanno costretto a leggere Proust. Non è scontata e risaputa come le bersagliere e le ciociare. È vera» (Enzo Biagi, Corriere d’Informazione 30 ottobre 1975) • Ottenuto un grande successo in Italia e all’estero (specie in Francia), vinti un David e due Nastri d’argento, all’età di 57 anni si ritirò dalle scene. «Ha lasciato il mondo dello spettacolo con la grazia e l’inesorabilità con cui si ritira una marea dalla riva» (CinecittàNews) • A Enzo Biagi, che in un’intervista le chiedeva se vi fosse qualche differenza tra Lea Massari e Annamaria Bianchini, rispose: «Sostanziale». E spiegò: «Anna Maria non sorride mai, perché non ne ha voglia».
Titoli di testa «Conversiamo davanti al caminetto, nel soggiorno della sua casa romana. Due chitarre, due pechinesi, una collezione di conchiglie, l’impressione di molte cose bianche. “In cosa si sente italiana, e in cosa no?” “In niente. Io sono nata anarchica. Faccia una barricata, metta di là un cinese, un russo, un americano, e allora forse lo divento. La patria, per me, sono le persone perbene”» (Biagi).
Vita Nata a Monteverde vecchio. «Il giorno che sono nata, il 30 giugno del ’33, sul periodico in dialetto romanesco Rugantino c’era scritto: “Stamattina è nata una bambina che si chiama Massatani Anna Maria”. Da qualche parte ce l’ho ancora ‘sto giornale”». Alcuni anni in zona Prati, dietro il famoso Palazzaccio. Poi ai monti Parioli, allora ancora campagna. «Ci affacciavamo sul balcone e invece di vedere palazzi, vedevamo orti di guerra» «La Roma di una volta per me era come un amante. Le volevo molto bene» • A scuola dalle suore. «Non fu bello: ho subìto il loro magistero rarefatto, senza attenzioni per il mondo esterno» • A 8 anni una pentola di olio bollente le cade in faccia e la lascia sfigurata. Lei già è timida, il trauma la rende ancora più insicura. «Racconta di sua zia, una diva del cinema muto: scriveva Eugenio Ferdinando Palmieri: “Vibra nella memoria il seno di Rina De Liguoro”. Già vecchia, si caricava degli anelli falsi che aveva portato in scena, difendeva il languore delle “divine”, ma appena si ritrovava qualche soldo, correva a riempirsi di bomboloni alla crema: quaranta, in una volta. Spiega ad Anna Maria, afflitta dalla insicurezza dell’adolescenza, che il petto di una donna deve essere contenuto in una coppa di champagne o nella mano di un gentiluomo» (Biagi). «Poco dopo aver riacquistato una presenza fisica accettabile, un giorno sento un certo Antonio Detefé, un bellissimo ragazzo dei Parioli, chiedere ad un altro: ‘Ma chi è ’sta bella ragazza?’. Ero convinta che ce l’avesse con qualcun’altra. Ho cercato con gli occhi la ragazza, ma in quel momento non c’era nessun altro. E ho pensato ‘... per caso, dirà a me, questo? È impazzito!’. Ho scoperto quel giorno di poter avere una considerazione da parte di un uomo. È stata un’emozione”. Quanti anni aveva? “Diciassette e mezzo”. Le considerazioni si sono poi moltiplicate? “Sì. Molto”» (Anna Guaita, Mess 13/7/1998). Anna Maria si farà chiamare Lea in ricordo del suo primo fidanzato. «Leo è stato il primo uomo che ha incontrato nella vita? “Assolutamente. Il mio primo uomo”. Il suo primo bacio, il primo incontro intimo con l’altro sesso? “Sì. Ed è stato una persona alla quale ho dovuto chiedere per sei mesi di farmi iniziare la mia vita di donna. È stato così intelligente che se lo è fatto chiedere per sei mesi. Questo non è poco”». È il grande amore della sua vita, ma muore in un incidente d’auto otto giorni prima del matrimonio. «Avevo ventun anni. Mi ha ribaltato completamente la vita. E sono sopravvissuta a lui, anche se una buona parte di me è morta insieme a lui. Ed è sopravvissuta la peggiore, probabilmente, perché, per lui, ero pronta a qualsiasi cosa». Ed era lui l’amore della sua vita? «Era lui». Come ha fatto a capire che era lui? «Era una persona che mi aveva completamente battezzata alla vita. Mi aveva insegnato tutto. Mi aveva fatto dimenticare un’infanzia, una giovinezza molto sgradevoli» (Guaita). Per anni, non vuole saperne di mariti. «Ho avuto degli incontri con uomini. Ne ho avuti quanti ne ho voluti. Mai una volta ho pouto pensare di sposarmi. Non ce la facevo. Era più forte di me» • La ragazza è triste. Pietro Gherardi, amico di famiglia, pensa che la ragazza abbia bisogno di distrazioni. «Sei brava a disegnare, sei brava a dipingere, c’è Monicelli che sta girando un film, perché non lo aiuti con i costumi?». Il regista, vedendola, rimane fulminato. La vuole come protagonista. La insegue per mesi, alla fine la porta sul set. Il successo è strepitoso • Scrive la Stampa del 2 settembre 1957: «I suoi atteggiamenti sono estrosi, ma l’attrice si è rivelata più saggia di quanto non sembri. Non ha dimenticato di portare le foto per gli ammiratori a Venezia, lunedì mattina. Un annuncio ci riscuote: “È arrivata Lea Massari” Un grave personaggio, che ha l’aspetto d’un senatore a vita, sobbalza sulla poltrona e traversa rapido la scena. Accorrono maggiordomi e sfaccendati di passaggio. La muta dei fotografi si è scatenata, già l’aria lampeggia dei loro flashes. Arriviamo anche noi, ma l’attrice è stretta già in un quadrilatero di folla, sotto il fuoco delle nuovissime batterie del quarto potere: microfoni, registratori magnetici, macchine da presa, telecamere. Il taccuino ci si affloscia tra le dita, archeologico cimelio, ora che la battaglia delle idee sta per diventare la battaglia per l’immagine. Lea Massari ha un paio d’occhi a mandorla, un visino nervoso che fiorisce sopra lo stelo sottile di un collo lungo, come quello di un Modigliani. Ha 25 anni: indossa un abito giallo, con una scollatura di ispirazione familiare, senza audacie sexy (Pare inoltre che l’attrice rifiuti e si adonti se le offrano di posare in costume da bagno). Se gli oroscopi non falliscono, il nostro schermo sta per arricchirsi di una femminilità estrosa, un po’ sofisticata e bizzarra, di una ragazza che in automobile pigia sull’acceleratore senza misericordia, si picca di archeologia, dipinge ritratti surrealisti, suona, canta e si riempie la casa di chitarre, di microsolchi e di libri. “Detesto la folla e la pubblicità”, confida agli amici Lea Massari. È probabile che molta parte della nostra gioventù bruciata (o sarà meglio dire squinternata) non tarderà a riconoscersi in lei nella mareggiata di umori e desideri che si agita in questa incarnazione modiglianesca».
Indro Sua storia (mancata) con Montanelli al tempo in cui il grande giornalista, furibondo per il tradimento operato al suo Il generale della Rovere da Rossellini e De Sica, aveva deciso di far da sé il film I sogni muoiono all’alba (1961): «Come regista Indro era un gran dilettante. Con me si comportò come l’ultimo dei maschilisti. Io ero una ragazza chiusa, difficile, reduce da una lunga depressione giovanile e ancora segnata da un dramma sentimentale. Due giorni dopo l’inizio delle riprese, Indro si offrì di accompagnarmi in automobile fino all’Appia antica. Accettai, senza sospettare che si trattava di un agguato in piena regola: fosse stato per lui, avrebbe ribaltato i sedili e proceduto sul posto. Era un approccio a dir poco maldestro e sbrigativo, tipico dell’uomo di destra. Ne fui traumatizzata e indignata, gli diedi del fascista. Lui incassò i miei insulti contrito come uno scolaretto, poi mi chiese scusa mille volte» (Tiziana Abate) • Divennero amici e la Massari dice che in seguito più volte Montanelli ebbe a darsi del cretino per il comportamento di quel giorno. Più tardi conobbe anche Colette Rosselli, che la invitò nel loro appartamento di piazza Navona, le preparò un gazpacho memorabile e poi le chiese se fosse stata a letto con Indro. La Massari: «No, ma sapessi adesso che è troppo tardi quanto mi dispiace non averlo fatto!».
Carlo Sposata con Carlo Bianchini, pilota dell’Alitalia. «Un signore pacato, credo si facciano una buona compagnia» (Biagi).
Animali «Lei è stata un’accanita cacciatrice. Che cosa la spingeva a sparare agli uccelli? “Il gusto del tiro a segno. Mio padre era cacciatore. La caccia era una cosa del tutto naturale in casa mia. Io andavo a caccia con mio padre. Sparavo benissimo. A 18 anni mi comprai il primo sovrapposto. Mi piaceva far vedere agli uomini che ero più brava di loro. Provavo un piacere immenso”. Insolito per una donna. “Le armi mi sono sempre piaciute”. Poi avvenne la folgorazione sulla via di Damasco… “Trent’anni fa a Dubrovnik, in Jugoslavia. Con mio marito, cacciavamo la lepre. Per me era la prima volta. Non avevo sparato mai alla lepre. Io sparavo solo alla penna. Sentii un fruscio, sparai d’istinto senza quasi imbracciare. Credevo fosse una lepre…” E invece? “Era un comiglietto, un picolo coniglietto. Mi morì mentre lo stringevo in petto. E io sono morta con lui. Non ho potuto più spare un colpo da quel giorno. Mi sentivo una stronza, una stronza, una stronza. Non posso usare che una parola così volgare, perché mi sentivo proprio una stronza”». Da allora, grande passione per gli animali. Grandi battaglie a favore di cani, gatti, etc. «“I più pericolosi nemici dei cani sono i loro padroni. Li lasciano senza acqua, senza cibo, col collare stretto, con la catena corta. Sono pochissimi quelli che sanno tenere un cane. Dimenticano le loro pipì, non li fanno correre, li tengono legati, li terrorizzano con una disciplina del tutto inutile…” Ma bisogna difendere gli animali a tutti i costi? Non ci sono dei limiti? “L’abuso di potere degli uomini sugli animali è enorme. Quanti animali muoiono alle frontiere durante gli scioperi degli autisti dei Tir? L’efferatezza del trasporto degli animali da nutrizione è enorme. E gli animali allevati in batteria? È un problema veramente drammatico. Un maiale da batteria viene incatenato al suolo, con una fascia di ferro sulla pancia. Mangia coricato il cibo che gli passa accanto su un nastro trasportatore. Alla fine la morte liberatoria lo coglie che è una palla di lardo con delle escrescenze al posto degli arti. Muore pazzo dopo un anno di inferno”. I maiali non sono i soli… “I vitelli da latte muoiono in totale astinenza di ferro, mordendo i tondini delle loro gabbie. A chi diavolo serve quella loro carne bianca, anemica e piena di ormoni? Al pupo?” Beh, sì, al pupo piace. “Ma come può far bene al pupo un pezzo di carne tirata su col dolore e con l’astinenza?” I protettori degli animali parlano di foche, di balene, di specie in via di estinzione. Lei parla di cani e di polli… “Io quando sento che il mondo dà la sua lodevolissima attenzione allo spiaggiamento di due balenotteri, piango anch’io. Ma quelle stesse persone che si commuovono per la sorte degli animali selvatici sono insofferenti col gatto o col cane della vicina di casa, hanno paura di essere impelati, sporcati, infangati da loro. Temono di venire appestati da malattie del tutto inesistenti. Abbiamo il dovere di proteggere quelle meravigliose creature che sono gli animali da cortile e poi, subito dopo, ci occuperemo delle foche”» (Sabelli Fioretti).
Figli Non ne ha mai avuti, non ne ha mai sentito il desiderio. «Anche quelli della strada sono miei. Non credo alla famiglia, non credo al sangue» (a Biagi). «Capisco cosa sta pensando. Ma è un luogo comune. Per quanto mi riguarda non c’è nessun rapporto tra mancanza di figli e passione per gli animali. A volte però si instaura un rapporto morboso… Dipende dalle facoltà mentali delle persone. Una volta mentre ero da un veterinario entrò una donna che chiese: “Se il mio Cicci mangia le carote gli diventa il pelo arancione?”» (a Sabelli Fioretti).
Politica Di sinistra da sempre, anche se non è mai stata iscritta a un partito. «Credo si nasca in un certo modo: per me essere di sinistra è come avere la pelle di un colore. È mio padre operaio e certe abitudini e certi discorsi sentiti una modalità, una decenza, ecco, dovrebbe voler dire pulizia» (Biagi).
Religione «So che lei è atea. Non le costa fatica? “Moltisisma. Ci vuole un coraggio che qualche volta mi sento mancare. C’è chi lotta per la fede, io combatto per il contrario, per i miei principi, senza nascondermi dietro un paravento religioso. Tutto questo potrebbe portare a un misticismo delirante; bisogna stare attenti. Una volta mi affascinava il buddismo: non minaccia e non condanna”. E di cattolico non le è rimasto dentro niente? “No, forse no. Una gran passione, magari, il bisogno degli altri”» (Biagi).
Pensione A un certo punto ha detto basta. «C’era sua madre che invecchiava, il marito pilota sempre fuori, i viaggi in Brasile, gli animali cui star dietro, la casa in campagna, la musica che le piaceva tanto. “E poi, a dir la verità, del cinema il contorno non m’è mai piaciuto. Non mi piacevano i pettegolezzi, le ore al trucco, le attese, gli amori tra attori, il produttore che ti deve proteggere, le chiacchiere inutili. A me piaceva solo recitare”».
Curiosità Le piace cucinare • In vita sua ha avuto sei Fiat 500 e un Pandino • Ama la vita all’aria aperta • Ama la musica: Ravel, Brahms e Stravinskji • Ha frequentato la facoltà di Architettura, ma senza laurearsi • Mattiniera • Dal 1961 soffre di artrosi • Contraria a vivisezione, circi, zoo acquari • Suo progetto: la creazione di camper di pronto soccorso per cani e di squadre di veterinari che girino la città per sterilizzare le gatte evitando il massacro dei cuccioli • Usa pochissimi cosmetici («Mai quelli trattati sugli animali») • Si dice che odi i gatti, ma non è vero: le piacciono, non ne tiene in casa perché è allergica. «“Mi piacciono anche i topi…” I topi… “Qui abbiamo anche i topi, li nutriamo, mettiamo il cibo sui muretti e loro vengono a mangiarlo…” I topi sono lo schifo nell’immaginario… “Non capisco perché”. Non ci sono animali che le fanno schifo? “Ho visto ieri delle talpe. Non mi sono piaciute. Però non mi facevano schifo. Erano solo orrende”» (Sabelli Fioretti) • Favorevole all’aborto. «Non credo serva il parere di due medici e di uno psicologo. Basta quello della mamma: “Io non lo voglio”» • Rimpiange la Roma della sua giovinezza. «L’età avanza, si diventa meno forti, meno resistenti e si perdono alcune capacità nella sopportazione delle cose. La città è stata invasa completamente da suoni, canti, rumori di ogni genere, la notte non si dorme più ed è veramente una cosa terribile oggi Roma. Noi siamo dovuti scappare via da Roma, per i rumori notturni, per le tante orchestre e concerti con i suoi decibel esagerati. Siamo scappati in campagna» • Oggi vive nelle campagne di Orvieto • Villetta sull’isola di Tavolara, in Sardegna • Confessa un solo rimpianto: non ebbe la parte di Anouk Aimée nella Dolce Vita e non ha mai saputo perché • Prende 1.400 euro di pensione al mese • «La mia vita vera sono stati gli animali, io non volevo fare l’attrice» • «Pensa mai alla morte? “Quando sono infelice, vorrei venisse un minuto dopo; quando sono felice, mai”» (Biagi).
Titoli di coda «Che difetti attribuisce al maschio italiano? “La continua esaltazione della propria virilità. Mi piacciono quelli che riescono a invecchiare dignitosamente, vado pazza per quelli che non sanno come si vestono, che non cercano sempre avventure. Il maschietto nostrano si esalta per far capire che tradisce la moglie, poi fa il geloso. Non sa usare con intelligenza la propria libertà; sbaglia sempre» (Biagi).