30 giugno 2023
Tags : Dan Aykroyd (Daniel Edward Aykroyd)
Biografia di Dan Aykroyd (Daniel Edward Aykroyd)
Dan Aykroyd (Daniel Edward Aykroyd), nato a Ottawa (Ontario, Canada) il 1° luglio 1952 (71 anni). Attore. Sceneggiatore. Musicista. Imprenditore. «Con gli occhiali neri dei Blues Brothers il mondo appare più tranquillo, cool e suggestivo. Vale la pena provare» • Primo dei due figli di un ingegnere civile e di una segretaria cattolici, «Dan tenta in gioventù una improbabile “carriera” mistica in un seminario cattolico, da cui viene inevitabilmente espulso. Si iscrive alla Carleton University di Ottawa, dove studia Psicologia, Scienze politiche e Sociologia criminale. Parallelamente allo studio, Dan scrive sketch umoristici che propone nei club dell’Ontario. Entra quindi a far parte della Second City Comedy di Toronto e cominciano le sue apparizioni in film e programmi televisivi canadesi» (Paolo Gallori). «Tutto è cominciato in un bar, come succede di solito in queste storie. Siamo nel novembre del 1973. Il bar in questione si chiama 505 Club, è a Toronto, in Canada, ed è di proprietà di Dan Aykroyd, un tipo bizzarro sui vent’anni, con i piedi piatti e gli occhi diversi l’uno dall’altro (uno è verde, l’altro marrone), un passato dietro le sbarre da piccolo delinquente e un’infanzia passata in seminario. Il club apre all’una di notte, perché a Dan piace lavorare di notte. Da tre anni si esibisce con il gruppo di comici Second City, che sono di Chicago ma si stanno facendo conoscere anche a Toronto. Quella sera vede entrare dalla porta sul retro un bullo di 24 anni con una sciarpa bianca al collo, giacca di pelle e una coppola di quelle indossate di solito dai tassisti un po’ in là con gli anni. È John Belushi. Conduce uno show radiofonico, The National Lampoon Radio Hour, ed è a Toronto in cerca di nuovi talenti. Ma Dan Aykroyd gli dice: “No, grazie”. Ha firmato un contratto con Second City, si trova bene in Canada, dove è nato e cresciuto. […] E poi ha il suo club, con un jukebox pieno dei suoi dischi preferiti: r&b, soul, ma soprattutto un sacco di blues, da quello più popolare tipo B.B. King alle cose più di culto come Pinetop Perkins. Belushi smette di parlare e ascolta. I suoi gusti musicali sono decisamente diversi: a lui piace l’hard rock anni ’70 e anche cose più pesanti tipo AC/DC e Deep Purple. L’amore platonico tra Belushi e Aykroyd va oltre ogni logica. […] Tutti e due, però, sono giovani geni della comicità nati e cresciuti nella regione dei Grandi Laghi, famosa per la sua scarsità di sole e la sua abbondanza di salsicce polacche. Belushi è un adolescente intrappolato nel corpo di un adulto, un monumento al caos volontario, un tipo espansivo e caloroso che non è in grado di nascondere le sue emozioni neanche volendo, e fra l’altro non vuole mai. Il suo peggior nemico sono le formalità. […] Aykroyd, invece, è preciso e disciplinato ed esibisce geniale freddezza canadese. […] Vive per il blues, ha una passione e una conoscenza della materia che sta tra l’enciclopedico e il maniacale. La sua folgorazione per il blues colpisce in pieno Belushi, che notoriamente è uno che non conosce le mezze misure. All’improvviso esiste solo il blues, sempre. John Belushi ha sempre voluto fare musica, fin dai tempi del liceo, quando era il batterista di una band chiamata The Ravens. Una sera al bar Dan Aykroyd tira fuori un’idea: “La storia di due avanzi di galera basata sull’amore per la città di Chicago e per la sua musica”. Uno dei suoi amici, Howard Shore, si inserisce nella conversazione: “Potreste chiamarvi The Blues Brothers”» (Ned Zeman). «Nel 1975 prende il via alla Nbc il celebrato Saturday Night Live, programma che rivoluziona l’intrattenimento televisivo americano. Opponendosi al “buonismo” imperante, la trasmissione attacca l’establishment con una satira iconoclasta che rischia a più riprese la censura, avvalendosi di protagonisti che si sarebbero rivelati tutti degli intrattenitori eccezionali: Chevy Chase, Bill Murray, Garrett Morris, Eddie Murphy e il duo Belushi-Aykroyd. Dan Aykroyd lascia il segno sulla trasmissione anche in veste di autore, creando nel corso degli anni passati al Saturday Night Live tutta una serie di personaggi-culto: imitazioni dei presidenti Nixon e Carter, i Coneheads, famiglia di extraterrestri dalla testa a punta proveniente dal pianeta Remulak, Jorge e Yortuk Festrunk, esilaranti playboy cecoslovacchi che Dan impersona insieme a Steve Martin. E, naturalmente, i Blues Brothers, nei cui panni Aykroyd e Belushi rifanno il verso ai grandi bluesmen del passato» (Gallori). I due infatti «diventano Elwood e Jake “Joliet” Blues, fratelli di sangue con vestito nero, cravatta sottile, Ray-Ban scuri. Dan Aykroyd è Elwood, il taciturno e preciso bluesman con l’armonica in bocca, Belushi è Jake, lo sbruffone appena uscito dalla prigione di Joliet. Dan Aykroyd ha una fede cieca nelle capacità vocali di Belushi, la cui voce è ok ma non è niente di speciale. Dopo un po’ di concerti in giro, Lorne Michaels concede ai Blues Brothers uno spazio nel SNL, per intrattenere il pubblico prima dello show. La diretta è difficile da conquistare, Michaels non è convinto. Alla fine raggiungono un compromesso: i Blues Brothers esordiscono dal vivo a New York il 17 gennaio 1976. Vestiti da api. Passano altri due anni e finalmente, in una puntata condotta da Steve Martin, Jake ed Elwood salgono sul palco e cantano Hey Bartender. Tre mesi dopo esce il primo film di Belushi, Animal House. John è Bluto, l’insaziabile teppista del liceo che porta la sua confraternita Delta House alla gloria. È il ruolo che lo trasforma in una star. Steve Martin li invita ad aprire le sue nove serate allo Universal Amphitheatre di Los Angeles. […] Firmano con la Atlantic Records, che gli propone di registrare un disco completamente dal vivo. […] L’album si intitola Briefcase Full of Blues e vince due dischi di platino» (Zeman). Nel frattempo Aykroyd, «dopo il debutto con Love at First Sight (“Amore a prima vista”, 1976) di R. Bromfield, ottiene la prima parte di rilievo in 1941 – Allarme a Hollywood (1979) di S. Spielberg» (Gianni Canova). «A Hollywood i tempi sono cambiati, finalmente. Sono gli attori e non più gli studi a condurre il gioco. E non è mai stato così evidente come in questo caso: “Trasformiamo i Blues Brothers in un film”, dice Belushi. “Sono d’accordo”, risponde Aykroyd. Chiamano il manager di John, Bernie Brillstein, una vecchia volpe di Hollywood che sembra una versione ebrea di Babbo Natale: “Ok”, risponde lui. Belushi riceve un cachet di 500 mila dollari, Aykroyd di 250 mila: in cambio la Universal ottiene un potenziale blockbuster e un marchio da usare per altri film. […] A marzo Bob Weiss, il produttore del film, torna a casa e trova un pacco minacciosamente grosso, avvolto in un foglio dell’elenco del telefono. È la sceneggiatura di Dan Aykroyd, intitolata The Return of the Blues Brothers e firmata “Scriptatron GL-9000”. Weiss chiama subito Sean Daniel, […] vicepresidente e responsabile delle produzioni: […] “Buone notizie, finalmente abbiamo la prima stesura”. Ma non sono le solite 120 pagine. “È lunga 324”, dice Weiss: “Abbiamo molto lavoro da fare”. Anche perché è scritta come un esercizio di free style letterario, senza un filo logico. E l’inizio delle riprese è programmato tra soli due mesi. John Landis, il regista, si chiude in casa e inizia a tagliare, pesantemente. Ne emerge dopo tre settimane con uno script “girabile”. […] Qualche settimana prima dell’uscita nelle sale (fissata per il 20 giugno del 1980), John Landis fa vedere The Blues Brothers ai proprietari dei più grandi cinema americani. La maggior parte dice: “È un film per neri, i bianchi non se lo fileranno mai”. E poi è lungo due ore e mezza, senza contare l’intervallo. […] Lew Wasserman, il temibile e onnipotente capo della Universal Pictures, […] fa un cenno con le dita a Landis: taglia. Lui elimina 20 minuti, ma intanto scoppia un’altra bomba. “Lew mi chiama nel suo ufficio e mi dice: ‘Conosci Ted Mann?’”. È il proprietario di alcuni dei cinema più importanti del Paese, tra cui il Bruin e il National nel quartiere residenziale per bianchi di Westwood, Los Angeles. “Signor Landis”, dice Mann, “non abbiamo intenzione di programmare The Blues Brothers. Abbiamo un cinema a Compton e lo faremo vedere lì, ma non a Westwood: non vogliamo neri. I bianchi non andranno mai a vederlo per gli ospiti musicali. Non solo sono neri, ma sono pure passati di moda”. I film con un budget alto di solito escono in almeno 1.400 sale: questo solo in 600. Accompagnato anche da pessime recensioni. A New York Belushi gira tutti i cinema per osservare chi lo va a vedere. Aykroyd si infila di nascosto in una sala a Times Square. E sente la gente ridere. The Blues Brothers guadagna 115 milioni di dollari, diventa il successo più duraturo della Universal. E la sua più grande beffa» (Zeman). «Che ricordo ha di quel […] film? “La vita di Chicago sconvolta: il potere che avevamo, come Blues Brothers, metteva la città ai nostri piedi. Potevamo fare tutto: io usavo una macchina della polizia, andavo all’Opera a prendere la ragazza che corteggiavo, una ballerina, la portavo al ristorante e in discoteca a sirene spiegate. Le facevo una grande impressione”» (Maria Pia Fusco). «Gli occhiali neri, i vestiti da becchino, la Dodge Monaco del 1974 della polizia riadattata sono elementi passati alla storia del cinema, assieme alle loro performancee a quelle dei più grandi cantanti e musicisti di blues, soul e rhythm’n’blues che parteciparono al film. Ma Belushi è già con un piede fuori non solo dalle regole della comicità ma anche della vita quotidiana. L’alcolismo e la tossicodipendenza lo affliggono da anni e dopo altri due film […] l’attore americano muore a Hollywood, in un bungalow dello Chateau Marmont, il 5 marzo del 1982, per un’overdose di un esplosivo mix di cocaina ed eroina, uno “speedball” mal calcolato dalla sua amica Cathy Evelyn Smith» (Ernesto Assante). «La perdita dell’amico induce Aykroyd a lasciare il Saturday Night Live e a dedicarsi quasi esclusivamente al cinema. Negli anni ’80 l’attore interpreta numerose commedie di successo come Doctor Detroit (1982) di Michael Pressman, Una poltrona per due (1983) di John Landis, Ghostbusters (1984) di Ivan Reitman, Spie come noi (1985) ancora di Landis e La retata (1987) di Tom Mankiewicz, nelle quali ritrova a turno i vecchi compagni d’avventura Chevy Chase, Eddie Murphy e Bill Murray. Nel 1989 Dan ricopre per la prima volta un ruolo drammatico in A spasso con Daisy, diretto da Bruce Beresford, e ottiene inaspettatamente la nomination all’Oscar come miglior attore non protagonista. Successivamente comincia per Aykroyd un periodo piuttosto grigio, durante il quale assiste al flop di Nothing but Trouble(1991), il primo film da lui diretto. Non perde comunque gli stimoli e insieme a Isaac Tigrett, boss dell’Hard Rock Café, fonda la House of Blues, catena di locali sparsa per gli Stati Uniti dove, oltre a mangiare e bere, si può ascoltare del buon blues dal vivo e assistere a spettacoli umoristici» (Gallori). In seguito «lo si vede anche ne I signori della truffa (1992) di P.A. Robinson, Operazione Canadian Bacon (1995) di M. Moore, La casa della gioia (2000) di T. Davies, La maledizione dello scorpione di giada(2001) di W. Allen, Crossroads – Le strade della vita (2001) di T. Davis, The Devil and Daniel Webster (2002) di A. Baldwin, Insieme per caso(2002) di P.J. Hogan e Fuga dal Natale (2004) di J. Roth» (Canova). «Dopo alcuni anni di stallo è nuovamente tornato sul grande schermo ancora nel ruolo di Ray Stantz con il sequel di Ghostbusters, che ha preso il nome di Ghostbusters-Legacy, nel 2021» (Lorenzo Grossi). «Anche se negli ultimi tre decenni ha recitato in pellicole che hanno ottenuto un discreto successo al box office, non è mai più riuscito a replicare gli exploit degli anni ’80» (Francesco Tortora e Arianna Ascione) • Nel 2007 ha lanciato insieme all’artista John Alexander un nuovo marchio di vodka, la Crystal Head Vodka. «Segni particolari? Una bottiglia a forma di teschio realizzata artigianalmente e progettata dal suo amico artista John Alexander. […] Perché una bottiglia a forma di teschio? “La scelta nasce dalla leggenda dei ‘Teschi di cristallo’: simboleggiano la vita e non la morte, si pensa che essi possano offrire potere spirituale e illuminazione”. Che caratteristiche ha, oltre a un packaging così scenografico? “Da buon canadese ho voluto per questa vodka le acque più cristalline e incontaminate. Per questo ho scelto le sorgenti di un posto dalla rara bellezza che è Terranova, in Canada appunto, con l’uso esclusivo di grani canadesi della migliore qualità. Inoltre è un prodotto unico, perché la vodka è filtrata ben 7 volte e per 3 attraverso i diamanti Herkimer. Non ha additivi aggiunti ed è certificata kosher. […] È un prodotto raffinato e per intenditori”» (Adua Villa) • «Dopo aver avuto una relazione con la collega Carrie Fisher, Dan Aykroyd incontra sul set di Doctor Detroit l’attrice Donna Dixon, che sposa nel 1983. La coppia sta ancora insieme e ha avuto tre figlie: Danielle Alexandra, Belle Kingston e Stella Irene August» (Eva Cabras) • Si professa spiritualista, con una grande passione per il paranormale. «È un interesse che ho ereditato dal bisnonno, poi dal nonno, poi da mio padre. Mi attrae tutto ciò che la ragione non spiega, dagli ufo a Padre Pio di Pietrelcina, di cui neanche la Chiesa sa spiegare le stigmate. Non è un caso che io abbia scritto Ghostbusters». Ha anche sostenuto di aver avvistato navicelle spaziali extraterrestri, in più di un’occasione • Ha detto di essere guarito dalla sindrome di Tourette che gli era stata diagnosticata a 12 anni, mentre si è auto-diagnosticato la sindrome di Asperger • Durante una visita in Italia, dichiarò: «Bevo una bottiglia di Champagne ogni tanto, ma soprattutto un bicchiere di Sassicaia, Tignanello, Gaja, Ornellaia, e grappa Francoli. Sono la prova del saper vivere degli italiani» • «Attore e autore molto stimato tanto dal cinema quanto dalla televisione americana» (Gallori). «Mai interprete principale “solista”, è però un attore completo, considerevole e convincente, capace di creare personaggi eclettici, grazie al suo talento comico e drammatico» (Canova) • «Anche quando il materiale non era così buono, ho avuto modo di lavorare con i grandi, e ho sempre fatto del mio meglio. Sono soddisfatto del mio lavoro. Potrei smettere domani».