Avvenire, 7 luglio 2023
Che cos’è diventato il turismo
Il turismo è diventato da tempo uno dei rami più robusti dell’industria culturale di massa. Si crede ancora, ingenuamente, che il turismo sia la glorificazione del viaggiare. È vero piuttosto il contrario. Il viaggio è stato per secoli una rischiosa e appassionante avventura conoscitiva. Con l’avvento del turismo moderno, soprattutto da fine Ottocento e primo Novecento, il viaggio si è trasformato nell’opposto di una vicenda conoscitiva: si sa tutto in anticipo, l’itinerario, il soggiorno, i luoghi da visitare. Tutto è organizzato e garantito al momento della partenza. Il pubblico, d’altra parte, sa e vuole questo. È un tema ovvio e scontato e ora che iniziano le vacanze estive chi volesse davvero fare un viaggio forse è meglio che ci rinunci, perché non farà che incontrare quasi dovunque folle di turisti. Il turista, nella sua definizione negativa, è chi dà un’occhiata e passa oltre; anzi, neppure guarda, ma fotografa immediatamente quello che dovrebbe guardare (usando gli occhi) per poi ricordare (esercitando quella fondamentale facoltà che è la memoria). In realtà, invece che essere ricordato, il viaggio viene “messo in memoria” nello smartphone, non tanto per guardarlo di nuovo, ma per mostrare agli amici e certificare il fatto che si è stati in quel luogo e che quel luogo è bello. Del resto le foto pubblicitarie ad uso turistico di città, paesaggi, siti, alberghi e opere d’arte esistevano già in abbondanza e quasi sempre migliori delle foto scattate personalmente dal turista. Il turismo, d’altra parte, è nobilitato dall’idea di una felice gratuità, essendo un viaggio non necessario e senza altro scopo che sé stesso. Così, invece di essere un male necessario (ma già per l’Ulisse di Dante non lo era), il viaggio turistico si veste da inquietudine romantica e ricerca del nuovo e del diverso: una cura contro il demone della noia. La vita comune è o sembra essere sempre noiosa, e quindi bisogna evadere. L’industria dell’evasione è ormai gigantesca, quanto il mito e il culto del “possibile” e dell’immaginario, che soppiantano l’attenzione al “reale”. Gli idoli del turismo sono la natura incontaminata, il passato storico, i monumenti famosi, il folklore, l’esotico e naturalmente la libertà, una libertà sognata. Il pericolo è che diventiamo tutti “turisti della vita”. Non guardiamo, non vediamo, non viviamo lì dove siamo. Cerchiamo l’altrove, fotografiamo e mettiamo in memoria.