il Fatto Quotidiano, 6 luglio 2023
Santanchè in Senato: tanta noia, due applausi e la beffa dei dipendenti
Al centro dell’aula e degli obiettivi c’è una Pitonessa in muta estiva, pantaloni e camicia bianca sotto una giacchetta leggera beige, sapientemente abbinata alla cinta. Porta occhiali dalla montatura spessa, legge impettita il suo intervento da una manciata di pagine stampate. Pallido l’outfit, colorata l’arringa, Daniela Santanchè si difende attaccando: si dice vittima di una “campagna d’odio” e di “articoli scandalistici”. Per eccesso di foga, s’impappina (“i nomignoli che mi sono stati appropiati… appriopati… appropati”) e chiarisce poco o nulla sulla sostanza dei punti contestati. Veglia sopra di lei Ignazio La Russa – il cui cognome, con relativo studio legale, è citato solo una volta –: il presidente ostenta sorrisi magnanimi e gestisce l’aula con buonumore (mentre prima della seduta intratteneva gli interlocutori sul calcio e sulla sua Inter, celebrando l’affare Frattesi).
Nel pomeriggio del Senato quasi tutto sonnecchia. Alla sinistra di Santanchè, Matteo Salvini si distrae volentieri sullo smartphone. La filippica della Pitonessa – quasi 40 minuti – riceve due applausi dalla maggioranza, non di più. Ancora meno reattiva l’opposizione, che ascolta composta, con rarissimi brusii. In questo clima abulico Filippo Sensi, senatore Pd, disegna una caricatura della ministra con un calembour in latino: “Visibilia nemo tenetur”. L’aria si accende un po’ con gli interventi dei gruppi parlamentari, specie durante quello di Stefano Patuanelli, capogruppo del M5S, che annuncia la mozione di sfiducia. È lì che si raggiunge il picco acustico del pomeriggio e dai banchi grillini parte il coro “dimissioni! dimissioni!”. La Russa alza il sopracciglio luciferino: “Abbiamo capito colleghi, abbiamo afferrato perfettamente il concetto”.
La partita stavolta si gioca soprattutto in tribuna, in particolare nel palco degli ospiti: i Cinque Stelle hanno invitato gli ex dipendenti di Ki Group, società dell’affaire Santanchè. I lavoratori ascoltano in silenzio, poi scendono in conferenza stampa (con Giuseppe Conte) e smontano in un amen i 40 minuti della Pitonessa e il suo argomento prediletto (“Ho assunto una carica sociale in Ki Group senza alcun potere operativo”).
Monica Lasagna, dipendente “per 30 anni” dell’azienda è ancora in attesa di 44mila euro di Tfr mai versati. Aveva “rapporti quotidiani” con Santanchè – assicura – e da lei riceveva “indicazioni e direttive”. Anche Ennio Cecchinato, agente di commercio per Kigroup dal 1998, lamenta un credito con l’azienda di 64mila euro. “La senatrice era sempre presente alle riunioni – dice – e dovevamo riferire direttamente a lei”. Raffaela Caputo (alla quale pure “mancano 28mila euro di Tfr”) lavorava in amministrazione: “Il riferimento era il figlio della senatrice, Lorenzo. Lui per qualsiasi cosa chiamava la mamma”.