La Stampa, 6 luglio 2023
Come si chiama?
In effetti cominciavo a preoccuparmi perché era già un sei-otto mesi che Dario Oliverio non era indagato o sotto processo. Oliverio, se non ne sapete nulla, è un ex parlamentare, ex presidente della Provincia di Cosenza ed ex presidente della Calabria, e temevo stesse diventando anche un ex inquisito. Sentite che carriera: prima indagine per abuso d’ufficio, archiviata; seconda indagine per abuso d’ufficio, la procura chiede l’arresto, il gip dà l’obbligo di dimora, la Cassazione la annulla e fa cadere tutti gli addebiti parlando di “pregiudizio accusatorio”; terza indagine per corruzione, la procura chiede l’arresto, il gip dice di no, si va a processo, assolto perché non c’è reato; quarta indagine per peculato, si va a processo, assolto perché non c’è reato. Quest’ultima assoluzione è arrivata lo scorso novembre e poi più niente. Silenzio. Ero attonito finché, qualche giorno fa, la procura di Catanzaro (quella guidata dal sempre santo dottor Gratteri) si è fatta viva per la quinta volta: sui giornali online si è letto dell’arresto di Oliverio insieme a un bel drappello di canaglie in un’operazione antimafia con incriminazioni che vanno fino all’omicidio. Però c’è un dettaglio: Oliverio non è stato arrestato perché il gip ha detto ancora di no, e naturalmente con l’omicidio nulla c’entra, ma noialtri giornalisti non ce n’eravamo accorti forse perché – la butto lì – avevamo solo le carte dell’accusa e non quelle del giudice (com’era quella simpatica storia del bavaglio?). Quindi non arrestato. Solo indagato e per minuzie. Ma sapete qual è l’aspetto più bislacco? Che continuiamo a chiamarla giustizia.