La Stampa, 5 luglio 2023
Class action contro le stragi naziste
La prima si chiama Antonucci Disma, classe ’43, nata a Stazzema. L’ultima Vecoli Mita Piera, classe ’47, nata a Camaiore. Sono 92, superstiti o parenti delle 560 vittime della strage nazifascista di Sant’Anna di Stazzema, all’alba del 12 agosto 1944. Incasellati in ordine alfabetico in un voluminoso atto di citazione per risarcimento danni «contro la Repubblica Federale di Germania, in persona del legale rappresentante pro tempore presso l’Ambasciata con sede in Roma». È la prima class action di questo genere, cominciata ieri a Firenze. Una causa pilota, la più numerosa, rispetto alle altre avviate in ogni luogo d’Italia – da Marzabotto alle Fosse Ardeatine – dove stragi, eccidi e deportazioni tra il 1939 e il 1945 fecero circa 24mila morti.
Dopo i sessanta processi istruiti nell’immediatezza dagli angloamericani, la storia delle stragi nazifasciste è segnata dall’impunità. I 900 fascicoli che le documentavano furono ritrovati solo nel 1994 nella cancelleria della Corte militare di Roma. «L’armadio della vergogna» che li aveva custoditi per mezzo secolo aveva le ante rivolte verso il muro ed era chiuso con una catena. «Un insabbiamento», secondo il Csm. Su 60 condannati all’ergastolo nei successivi processi, solo tre hanno scontato la pena.
La Germania non ha mai concesso l’estradizione in Italia dei criminali nazisti, che sono morti da cittadini liberi. Inoltre una legge italiana del 1962 la rese indenne da pretese risarcitorie da parte delle vittime, dopo aver liquidato forfettariamente 40 milioni di marchi dell’epoca. Ma le vittime non hanno mai accettato l’impunità tedesca. La Corte Costituzionale ha dato loro ragione nel 2014, stabilendo che l’immunità per uno Stato non può valere per crimini di guerra e contro l’umanità. Negli ultimi dieci anni le cause civili contro la Germania si sono moltiplicate, ma invano. Anche se condannata, la Germania non paga. E quando il tribunale di Roma ha provato a pignorare la sede del Goethe Institut di Roma, Berlino si è rivolta alla Corte dell’Unione Europea. Per chiudere la questione, nel 2022 il governo Draghi ha istituito un fondo speciale finanziato dal Pnrr, destinato a pagare i risarcimenti al posto della Germania. Da quel momento le cause sono ripartite. Solo la class action di Sant’Anna di Stazzema ipotizza risarcimenti per circa 150 milioni di euro. Lo Stato ha appena annunciato di pagare 12 milioni alle sei vittime della strage di Fornelli, piccolo borgo in provincia di Isernia. Complessivamente, nelle 780 cause già partite in tutta Italia si stimano richieste per circa 800 milioni di euro.
Chi pagherà? E quando? Oltre al paradosso che per tutelare gli interessi patrimoniali della Germania, dovrebbero essere i contribuenti italiani a pagare le vittime italiane per crimini tedeschi, restano due problemi. Primo: il decreto Draghi consente di pagare le vittime solo dopo una sentenza definitiva, mentre per le regole normali del processo civile è esecutiva già la sentenza di primo grado. Secondo: il fondo, partito con una dotazione di 55 milioni, è stato rimpinguato dal governo Meloni fino a 61 milioni. Una cifra macroscopicamente sottodimensionata. Gli avvocati delle vittime continuano a chiamare in causa la Germania, mentre si sono rivolte alla Corte Costituzionale per rivendicare un pieno diritto e la fine di ogni immunità, sia pur velata.
In attesa della decisione della Consulta, la class action di Sant’Anna di Stazzema si è incardinata davanti al tribunale di Firenze «per chiedere il risarcimento dei gravissimi danni subiti perché quei barbari assassini non solo sterminarono un intero paese di persone inermi, ma vollero altresì provocare, come in effetti fecero, il dolore più terribile che si possa infliggere a un essere umano: uccidere nel modo più truce e crudele i bambini davanti agli occhi delle madri».
L’atto di citazione ricostruisce la strage come crimine contro l’umanità. Poi sottolinea che «la Repubblica Federale di Germania ha sempre riconosciuto la propria continuità giuridica con il Terzo Reich». E calcola i risarcimenti per «i testimoni miracolosamente sopravvissuti» (ce ne sono ancora 14) e i parenti delle vittime. A ciascuno è riservata una tabella: quanti anni aveva, quanti parenti ha perso, quanti gliene sono rimasti…
Per mesi gli avvocati sono andati paese per paese, casa per casa, a raccogliere testimonianze, documenti e firme, talvolta vincendo la disillusione dopo anni trascorsi invano.
Prossima udienza a metà ottobre. Serviranno tre anni per una sentenza di primo grado, una decina per la Cassazione. Troppi, per i superstiti. Tre sono morti dopo il deposito dell’atto di citazione. «Anche per questo – spiega l’avvocato Gabriele Dalle Luche – chiediamo che si arrivi ad accordi per chiudere rapidamente le cause, con un adeguato finanziamento del fondo per i risarcimenti, a cui dovrebbe contribuire anche la Germania. Sarebbe un gesto non solo giusto, ma anche doveroso nei confronti di queste persone».