la Repubblica, 5 luglio 2023
La truffa per la pensione dei figli senza amore
Riposava in pace. Tutto (la memoria, il dolore, la vita) era perduto, fuorché l’onore. Aveva una corona di monti, una croce di metallo. Una targhetta legata con il filo di ferro lo qualificava SOGGETTO IGNOTO. Non lo piangevano i familiari, nessuna menzione di figli. Invece del riassunto di un’esistenza in una riga, la scritta Atto n. 1 P 2. S B – ANNO 2023. Il coperchio sulla sua tomba era stata la chiusura di un’inchiesta, dopo 8 mesi passati in una cella frigorifera. Era il giovedì santo, 6 aprile. Il parroco di Anversa degli Abruzzi aveva pronunciato poche parole, poi la sepoltura. L’innominato di Castrovalva. Tre giorni dopo, per Pasqua, un sito lo aveva paragonato a Gesù: “Capelli bianchi e una sindone di fustagno, un sacco a pelo chiuso ermeticamente. Era il figlio di nessuno e di Dio, trovato cadavere il 30 luglio scorso”. Per colpa di quel “sacco a pelo chiuso ermeticamente” ora sappiamo chi è, giacché nessuno muore e poi si tira la zip fino alla testa. E nel raccontarlo gli facciamo l’ultimo torto, rivelando che i suoi tre figli e la nuora, trovato il corpo esanime, ne fecero scempio, chiudendolo in quel sarcofago e trasportandolo a centinaia di chilometri, lasciandolo in una grotta a farsi mangiare dagli animali, spendendo i soldi della sua pensione e del conto corrente, non denunciando la sua scomparsa e certificando di fatto che un uomo non amato è già morto. Bruno Delnegro aveva 81 anni, era stato funzionario di una Asl pugliese ma avrebbe probabilmente preferito restare l’innominato di Castrovalva, invece del protagonista di questa storia.
È la fine di luglio del 2022. Una coppia di escursionisti si spinge in quel che viene chiamato “il nido delle aquile abruzzesi”. Castrovalva è una frazione situata su uno sperone roccioso lungo la cresta del monte Sant’Angelo a 820 metri d’altezza. Ha 15 abitanti. Una inattesa notorietà le è derivata dalla presenza televisiva di uno chef che qui è nato e, dopo aver girato il mondo, ha rilevato la locale Locanda. Si chiama Davide Nanni, cucina video ricette nei boschi indossando una maglietta con la scritta “J so wild”, nella congerie di categoria si distingue come “cuoco selvaggio”. I due escursionisti seguono il sentiero che scende dalle sorgenti del Cavuto, oasi del Wwf. Li sorprende un odore forte che proviene da una grotta. Entrano e scorgono un involto lacerato dai morsi degli animali, quelli sì, selvaggi. All’interno, quel che resta di un uomo.
Diranno i medici legali che era lì da una decina di giorni. Che è vissuto per oltre settant’anni, forse ottanta. Che è morto per cause naturali. Nessun segno di violenza sul corpo. Nudo. Privo di documenti. Le sue impronte digitali non appartengono a un pregiudicato. Le telecamere di videosorveglianza non mostreranno movimenti sospetti nella zona. Niente neppure da quelle al più vicino casello autostradale, Cucullo. Nessuna denuncia di scomparsa di un anziano nei dintorni. Lo mettono in frigo. Aspettano. Si fa l’ipotesi di un migrante, quella di un pastore clandestino. La categoria si offende. Il presidente di Rete Appia contesta “il solito pregiudizio secondo cui i pastori sono la causa di tutti i mali”. Nel Centro Abruzzo ne sono rimasti 30, ci vuol poco a controllarli e passare oltre. Si batte ogni ufficio anagrafico della regione, verificando la permanenza in vita di chiunque abbia più di sessant’anni. Alla vigilia di Pasqua, la resa. Il direttore sanitario dell’ospedale di Chieti ha bisogno di quel posto nella cella frigorifera, la morte reclama spazio. Il sostituto procuratore chiude il fascicolo di cui alla croce e ordina la sepoltura. Al tenente dei carabinieri di Sulmona, Tony Bocchino, restano un dubbio e una traccia. Il primo: perché il sacco a pelo era chiuso? La seconda: la protesi femorale da poco inserita all’innominato. Ha una marca, una casa produttrice, che la fornisce soltanto a certi ospedali. Uno, il più vicino, è in Puglia, a Trani, a oltre 300 chilometri. Il percorso compiuto da un’auto in un giorno di luglio del 2022. A bordo ci sono Bruno Delnegro, morto nel letto in cui da tempo era costretto, poi chiuso in un sacco appena acquistato dal figlio che lo ha ritrovato e che ora è al volante. Con lui, la compagna. Altri due fratelli sono stati avvisati e hanno concordato il piano. Hanno tutti tra i 54 e i 57 anni. Lavorano, ben retribuiti. Il padre ha una pensione di tremila euro al mese, più la somma per l’accompagnamento. Un bancomat e una carta di credito. Se non risulta ufficialmente morto, tutto questo sarà loro. In un anno si spartiranno sessantamila euro. Truffa all’Inps, soppressione di cadavere, indebito utilizzo di tessere bancarie. E il reato più grave: aver chiuso il sacco, riaperto il caso, sostituito la pace col disamore. Aver macchiato il nome di un uomo che non l’aveva più.