Corriere della Sera, 5 luglio 2023
Giorgio Armani è rimasto solo a fare alta moda
Racconta della sua sfilata con grande entusiasmo Giorgio Armani. «Sarà perché è il mio ultimo bambino, è per me la couture che ho amato di più». E così dicendo il sorriso gli ritorna. Perché in realtà all’incontro con la stampa, lo stilista si presenta con qualche sasso nelle scarpe e con tutte le intenzione di toglierselo: «Ho riflettuto e ho preso una posizione precisa riguardo all’alta moda». E parte: «Prescindendo dal fatto che uno fa quello che può fare e quello che vuole, specie in fatto di moda, sono un po’ perplesso perché salvo un paio di nomi, gli altri non fanno poi alta moda, né per effetti, né per idee. E sono un po’ stupito perché mi colloco in una Parigi che io ricordavo un po’ più glamour. La domanda è: cosa faccio?».
Vuole andarsene da Parigi?
«Mi sento a disagio e dunque mi chiedo: cosa faccio, resto a Parigi vicino a un’alta moda che sembra un prêt-à-porter o vado a Milano anche con la couture? E poi aggiungo: è l’alta moda che è meno alta moda o il prêt-à-porter che è diventato più lussuoso? Quando vedo i miei abiti e poi altri fotografati... non ha senso. O è questo o è quello».
La sua definizione di alta moda?
«Quella che può acquistare una signora ricca che vuole l’esclusività, il su misura e l’atelier. Una volta era questo. E poi location pazzesche, viaggi, abiti con 1.500 perline, modelle che sfilano un solo capo».
Cosa significa «sto riflettendo»? Che potrebbe sfilare a Milano?
«Lo avete detto voi. I miei mi dicono che però a Parigi ci sono i nomi della couture. Ma io penso: quali? Poi la clientela che ama la città che offre più di Milano. Però per me sarebbe più facile, non devo spostare gli abiti e lo staff o ho un bellissimo palazzo del ‘700».
Ma couture est Paris!
«Dov’è? Sono dodici anni che la faccio io. E gli altri no. Vicino a certe collezioni provo disappunto».
Non sempre a Cannes ci sono film meravigliosi, non per questo grandi registi decidono di presentare altrove.
«È una riflessione. A me piacciono i confronti, ma ora quando vengo a Parigi non mi confronto con nulla».