Corriere della Sera, 5 luglio 2023
Lucia Annibali parla della liberazione dell’uomo che l’ha sfregiata
L’avvocata ed ex parlamentare Lucia Annibali ha saputo che Rubin Talaban, il suo «uomo nero», è libero. Con due anni di anticipo sulla sentenza e dopo dieci anni di carcere, ha finito di pagare il debito con la giustizia ed è tornato a casa sua in Albania, come prevedeva il verdetto. Restano in carcere, invece, il complice albanese che gli fece da palo e Luca Varani, l’ex di Lucia che assoldò i due per sfregiarla tirandole l’acido in faccia. Era il 16 aprile 2013.
È turbata dalla notizia di Talaban libero?
«Devo dire la verità: lì per lì non mi ha scosso più di tanto. Poi ci ho riflettuto, mi sono messa a fare ricerche su Internet e sono tornate a galla tante cose... È stato un viaggio fra i ricordi, mi sono venute in mente sensazioni, flash...Ho letto di quando lo catturarono mentre io ero ancora in ospedale. Ho ripensato a lui mentre mi tirava l’acido: dal basso verso l’altro, da sinistra verso destra. Insomma, le prime ore ho sottovalutato un po’ la potenza della notizia rispetto alla mia memoria. Ma non sono turbata, più che altro mi sono ricordata tante cose alle quali non pensavo da tempo».
Adesso come va?
«Stamattina (ieri,ndr) ho guardato il telefono e ho trovato molti messaggi di amici. Tutti a chiedermi come sto, qualcuno dice che è una ingiustizia che lui sia già fuori».
E lei come la vede?
«Io penso invece che non ci sia nulla di ingiusto nella sua libertà. È andata come doveva andare, lui ha scontato dieci anni su dodici, ci sta. Non la vedo come una ingiustizia».
Tra l’altro Talaban le scrisse una lettera mostrando segni di pentimento...
«Diciamo fra molte virgolette che è stato il più consapevole dei tre. Stanotte leggendo di lui ho ripensato al processo, alla prima volta che l’ho visto in aula e a quando lo trovai in casa, quella sera. Ho rivisto la scena nella mia mente: lui vestito di scuro e con il passamontagna, quel gesto calmo nel prendere la mira... l’uomo nero, appunto. Sono riemerse cose che erano sepolte dal tempo».
Parliamo di paura.
«Non ho paura. Rispetto a lui io ero già piuttosto in pace. Stiamo parlando di un uomo che se n’è andato nel suo Paese e che mantiene da me una distanza rassicurante. Credo che non avrà più a che fare con la mia vita».
Altra cosa sarà quando tornerà libero Luca Varani.
«Beh, lì sono sentimenti diversi, certo. La distanza nel suo caso non potrà essere la stessa che mi divide dall’Albania, ma non voglio parlare comunque di paura. Se mi capiterà mai di incrociarlo saprò come reagire, per ora non è una mia preoccupazione. In queste ore ho anche pensato molto a Pesaro. Ci vivono i miei genitori, ho degli amici, io ci passeggio con la mia nipotina. Ma ogni volta che cammino per le sue strade mi immergo nei pensieri di quello che mi è successo, soprattutto quando sono sola. È inevitabile. Quella città contiene ricordi dai quali è impossibile per me fuggire».
La casa dell’agguato?
«L’ho venduta l’anno scorso e ne ho comprata una a Roma. La mia vita adesso è fra Roma e Firenze, dove faccio la difensora civica regionale»
Lei ripete da tempo che vorrebbe essere Lucia e basta, non «Lucia sfregiata con l’acido».
«Da una parte è quello che vorrei, sì. Ma mi rendo anche conto che faccio parte della cronaca di questo Paese, ho condiviso il mio percorso e la mia esperienza con chi ha seguito la mia storia. Quindi capisco che il passato possa tornare a galla. Del resto io faccio i conti ogni giorno con il mio viso. Fra le tante cose che ho letto stanotte c’era un articolo che parlava di giorni davvero bui, quando ancora non si sapeva se avrei recuperato la vista... Oggi, dopo tante operazioni ho deciso di accettarmi così come sono, ma nello specchio ogni mattina vedo quel che è stato e diciamo che archiviare del tutto la pagina dell’acido è impossibile».
Cosa augura a Rubin Talaban libero?
«Io spero che abbia capito, che abbia fatto fino in fondo il percorso della consapevolezza del male che mi ha fatto. Spero che sia una persona migliore di com’era quando fu arrestato e che non torni a delinquere mai più. Io sono convinta da sempre che ogni persona recuperata in carcere sia una persona che alla fine rende il mondo più sicuro. E al di là di questo a me interessa che non abbia più nulla a che fare con la mia vita».