il Fatto Quotidiano, 5 luglio 2023
La scienza è donna ed è ora di capirlo
Il 28 febbraio 1953, Francis Crick e James Watson descrissero come il Dna porti con sé l’informazione genetica. Per rispetto della verità e delle donne scienziate, spesso private dei dovuti riconoscimenti, ricordiamo che l’annuncio dei due ricercatori è stato un furto di dati, una grandissima ingiustizia. Le due catene della vita che formano il Dna sono state scoperte da una ricercatrice, Rosalind Elsie Franklin. È a lei che dobbiamo l’enorme branca scientifica che, non solo ci ha svelato le caratteristiche dell’ereditarietà, ma ha aperto la strada verso la cura di malattie prima inspiegabili. Eppure, i testi di genetica riportano solo i nomi di Crick e Watson: continuando ad alimentare quel celato maschilismo che attraversa da sempre la scienza. Donne scienziate hanno identificato il virus Hiv, trovato il gene responsabile del tumore al seno, scoperto la composizione a idrogeno ed elio delle stelle. Eppure i pregiudizi sull’attitudine femminile per la ricerca scientifica continuano a essere presenti. Alla liceale Elizabeth Blackburn (premio Nobel nel 2009 per la Medicina) un professore chiese: “Perché una ragazza carina come te studia materie scientifiche?”: nella domanda è racchiusa tutta la problematica. Le donne sono troppo spesso viste come oggetto degli uomini e, nella migliore delle ipotesi, eroine che sono riuscite (malgrado donne) a studiare e a dedicarsi alla ricerca. È trascorso più di mezzo secolo dai tempi del liceo della Blackburn, ma non molto è cambiato: il 97% dei premi Nobel scientifici sono stati assegnati a uomini. È un fatto culturale che pur riconoscendo una prevalente responsabilità maschile, non esclude le donne. Le intervistate alle quali si chiede un nome di un personaggio che ha lasciato un’impronta scientifica, riferisce un uomo, solo il 27% ricorda donne come, ad esempio, Marie Curie. Alcuni analisti attribuiscono la responsabilità in gran parte alle donne, per l’incapacità di far lobby e accettare compromessi. Non perdiamo tempo nel dare la responsabilità agli uomini e piangerci addosso: dobbiamo imparare a stare in gruppo e a farci sentire con eleganza e sobrietà femminile.