ItaliaOggi, 5 luglio 2023
La Treccani ha cancellato 35 sinonimi della parola donna denigratori: da malafemmina a bardracca
Donna. Buona donna, donna da marciapiede (o di malaffare o di strada o di vita, di facili costumi), serva. bagascia, baldracca, battona, cortigiana, lupa, malafemmina, mignotta, mondana, squillo, puttana, troia, vacca, zoccola, cagna. Questi sono solo alcuni dei sinonimi usati, fino a pochi giorni fa, dal dizionario online Treccani. Oggi tutti i vocaboli sessisti e misogini sono stati sostituiti, finalmente, da vocaboli più inclusivi e rappresentanti del genere femminile. Dopo un’attenta ricerca hanno appurato che su 52 vocaboli inseriti dal dizionario per definire la donna ben 35 fossero denigratori.
Tuttavia gli orrori più pesanti che gravano sulla condizione femminile non sono certo le parole con cui viene definita, quanto il constatare in ambiti diversi come la donna possa diventare quasi legittimamente uno strumento a disposizione del maschio per il suo piacere. Da uomo normale ritengo che questo uso improprio della donna sia uno degli atti di violenza più esecrabili e orrendi che si possano commettere, reso ancora più grave dal fatto che la prostituzione venga sistematicamente e ipocritamente tollerata dalla società. Così facendo, si finge di non vedere il filo sottile che unisce la violenza che si riversa sulla donna con l’aggressione fisica brutale e questa violenza anche psicologica a cui viene indotta una donna nell’atto in cui si prostituisce e quindi accetta consapevolmente un rapporto mercenario di sesso.
La storia della prostituzione è sempre stata, negli anni passati, storia di degrado, di condizione di necessità, di arretratezza culturale che purtroppo è sempre stata accettata se non addirittura in taluni casi giustificata, con la motivazione che in fondo si tratta di un lavoro o comunque di un’attività assimilata a un lavoro. Come se mettere timbri in un ufficio postale o incartare pasticcini in un negozio siano attività da mettere sullo tesso piano con lo sfruttamento del proprio corpo.
Prostituirsi è una libertà che non nasce dall’esercizio di un diritto, ma da una impellenza economica in contrasto con il diritto della donna a tutelare e proteggere la propria integrità fisica che andrebbe sancita dalla Costituzione prima ancora che dalla morale di un popolo che proclama l’egualità tra uomo e donna. Negli ultimi settant’anni il costume è cambiato profondamente e sono quasi sparite le italiane che praticavano questo mestiere. Molte italiane per necessità si erano assoggettate a esercitare la prostituzione subito dopo la fine della seconda guerra mondiale a causa dalla fame e delle ristrettezze economiche in cui versava il paese oltre che in conseguenza delle scarsissime possibilità di trovare un lavoro. Poi lentamente sono arrivate negli anni ’80-’90 le donne straniere e gradualmente queste hanno preso possesso di strade, marciapiedi, viali.
Io le ho conosciute bene quelle che la gente chiama puttane, ci ho lavorato con loro quando ero titolare di un’agenzia di pubblicità che raccoglieva annunci economici sul mercato. La Gazzetta dello Sport e il Corriere della Sera ma anche il Giornale avevano nella rubrica dei piccoli annunci oltre che ricerche di lavoro, la vendita di case ma anche le inserzioni di astrochiromanti che si offrivano sul mercato. Chiaramente era sottinteso e noto a tutti gli interessati che Carolina, Victoria o Amanda non praticavano riti magici e propiziatori né che facevano i tarocchi, ma che si occupavano di altre attività più prosaiche. Nei compiti della mia agenzia c’era anche quello di raccogliere questi annunci a pagamento e mai ho avuto sentore che gli integerrimi giornali di cui sopra si preoccupassero troppo di indagare chi stava dietro a detti annunci: pecunia non olet. Queste ragazze per lo più brasiliane ’lavoravano’ in casa e praticamente erano ’in servizio’ giorno e notte sette giorni su sette.
Da noi venivano allo sportello a pagare le inserzioni del mese o della settimana che si quantificavano a numero di parole ma francamente, vedendole, tutto esse potevano suscitare tranne che pensieri trasgressivi. Quasi tutte erano fuggite da condizioni di vita precaria e disagio in Brasile o in Argentina e i soldi che raccoglievano con questo mestiere non venivano certo usati per comperarsi vestiti o gioielli ma erano inviati a casa per aiutare, quando andava bene, la famiglia a comperare una casa o più semplicemente a tirare avanti. Attorno a queste schiave del sesso come le chiamano i giornali nella loro cronaca, ruotava un mondo di piccoli favoreggiatori, di uomini che si adattavano a offrire loro servizi come intestarsi l’affitto della casa, provvedere a fare le spese, andare a saldare le bollette della luce o, più semplicemente, stare in casa nascosti per garantire almeno una presenza amica in caso di diverbi violenti con i clienti. Uomini di piccolo cabotaggio non certo papponi o protettori che spesso venivano anche in agenzia per pagare le inserzioni pubblicitarie o a dettare l’annuncio e che francamente facevano ancora più pena delle loro protette. Le ragazze si fermavano qualche settimana o al massimo un paio di mesi e poi si trasferivano in un’altra città per far perdere le loro tracce visto che erano tutte senza documenti alla ricerca di nuovi clienti. Potrei raccontare di molte di loro come Maristela che venne uccisa a martellate dal suo compagno, di Marisa che fu abbandonata dai figli dopo che ormai anziana aveva intestato a loro tutti i suoi risparmi, potrei farvi sorridere con la storia di Consuelo che a un certo punto si fece suora o di Alice che ha sposato il direttore della banca dove depositava in sacchi di plastica i soldi che guadagnava. Piccole e grandi storie quasi mai a lieto fine, storie di una umanità in bilico tra il pericolo del cliente, l’irruzione della polizia, la ricerca di documenti di soggiorno, l’ostracismo dei vicini di casa, il ricatto di cento persone: dal padrone di casa all’uomo di ’fiducia’, dall’avvocato di quarta categoria al medico compiacente