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 2023  luglio 04 Martedì calendario

Biografia di Bianca Berlinguer

«Lei mi ha interrotto troppe volte. La televisione, secondo me, non si fa così». Correva il 2019 quando Silvio Berlusconi, ospite a Cartabianca, redarguiva così la conduttrice Bianca Berlinguer, “rea” di non averlo fatto parlare abbastanza. Già un’altra volta, nel 2016, sbuffando e agitandosi sulla sedia, era stato a un passo così dall’abbandonare Berlinguer in diretta, come aveva fatto con Lucia Annunziata. No, non era un idillio quello tra il Cavaliere e la giornalista che da oggi approda nel suo regno a Mediaset, a poche settimane dalla sua dipartita. Né poteva esserlo, perché nell’universo manicheo di Berlusconi, i comunisti stavano «dall’altra parte», dove li aveva spediti lui, cosa di cui si vantava con la battuta: «Ho salvato l’Italia dai comunisti e non me l’hanno perdonato».
Del resto Bianca Berlinguer, figlia di cotanto padre, il leader storico del Pci, Enrico, non aveva solo un cognome ingombrante, ma anche un cursus che l’aveva posizionata in quel quadrante politico che rendeva il Cavaliere diffidente, tranne quando si trattava di Pier Luigi Bersani, ma questa è un’altra storia.
Berlinguer non inizia la sua carriera in un giornale di sinistra: il primo incarico è nella rivista del mondo cattolico Adista news, poi vengono le collaborazioni con Il Messaggero e l’Espresso e, a 26 anni, l’approdo in tv con Mixer di Giovanni Minoli.
Fin qui la formazione, poi la giornalista fa il grande salto: nel 1991 (Enrico Berlinguer è già morto da sette anni) entra al Tg3, sotto la direzione di Sandro Curzi, che quel notiziario aveva rivoluzionato, facendolo passare da un bollettino propedeutico ai notiziari regionali a una testata autonoma. E schierata, schieratissima, dai lunghi editoriali di Curzi, e non solo, sulle posizioni del Pci, pur se con alcuni distinguo. Di quel Tg e di quella rete che, sotto le cure di Angelo Guglielmi, era diventata un mondo a parte, TeleKabul, in quegli anni Giorgio Gaber cantava «qualcuno era comunista perché guardava solo Rai3». Lì la giornalista scala posizioni: presenta l’edizione della sera del Tg, diventa caporedattrice nel 2006 e nel 2009 direttrice.
Ma Berlinguer, pur conservando il marchio di fabbrica, riconoscibile agli elettori di sinistra, quando prende il timone del suo programma Cartabianca, prima come striscia quotidiana poi come prima serata, conferisce un’impostazione pragmatica al suo programma. Nel suo salotto televisivo si accomodano tutti i partiti, ricevendo pari trattamento. Tra i fan storici c’è Maurizio Gasparri (FI), che infatti l’ha sempre difesa.
La real politik di Bianca crea malumori a sinistra. L’episodio rivelatore è l’ospitata in trasmissione del politologo Alessandro Orsini, considerato filoputiniano. Una scelta che il Pd, allora guidato da Enrico Letta, schierato con l’Ucraina, non le perdona. E proprio da quel fronte, tradizionalmente alleato, che partono gli strali più acuminati contro Bianca, accusata di intelligenza col nemico. Alla fine l’ex ad Carlo Fuortes sospende il compenso al politologo, ma lo lascia in trasmissione, dove è rimasto ospite sino alla fine. Ma qualcosa si è rotto.
Con l’arrivo dei nuovi vertici Rai, Berlinguer sembrava destinata ad avvantaggiarsi del dialogo aperto da tempo col centrodestra. Il corteggiamento di Mediaset, che pare durasse da anni, era rimasto sullo sfondo. Ma la scomparsa dell’ingombrante patriarca potrebbe aver convinto la giornalista che era il momento di regalare a sé una nuova avventura in tv e a Mediaset un profilo neutro e più europeo. Uno scambio che azzera in un colpo solo due eredità pesanti.