la Repubblica, 3 luglio 2023
Blanco dice di essere cambiato
Blanchitobabe, scalcia-fiori, supereroe, bello e possibile, mezzo umano mezzo platino (59 dischi di platino e 4 d’oro), uno di quelli che da uno a mille è un attimo, e da Sanremo allo stadio Olimpico è un altro attimo, spirito libero e ribelle, bravo figlio, rispettoso di mamma e papà così come del resto lo era il giovane Superman quando viveva a Smallville, «ma no, ma quale superoe» si schernisce, «io non voglio essere esempio per nessuno», però a volte lo si diventa, anche senza volerlo. Riccardo Fabbriconi, in arte Blanco, ha la passione di un giovane cucciolo di giaguaro e una emotività da esporre a nudo sul balconcino della sua musica, ha già sul curriculum un duetto con Mina, laddove altri sono arrivati dopo anni di duro lavoro.
Non è preoccupato dalla deformazione che può derivare da un successo così veloce e devastante?
«Beh, devo dire che questo mi ha condizionato tanto, è stato difficile, ma da un certo punto di vista meglio così, meglio che mi sia successo adesso, credo che anche per chi ha una vita più normale ci siano persone false, e nel mio caso non è facile da capire, ma infatti ho mantenuto i miei amici di quando ero piccolo, sono sempre loro e va benissimo così, in questo ambiente farsi un nuovo amico è difficilissimo, non sai mai se qualcuno ha interesse a diventare tuo amico o è sincero».
A meno che arrivi una nuova amica che si chiama Mina?
«È stato incredibile, era uno di quei featuring, diciamo collaborazioni che non mi sarei mai aspettato di poter fare, come se avessi duettato con una star internazionale. Sono andato allo stadio a vedere i Coldplay e ho conosciuto la figlia che mi ha detto: mia madre è felicissima di aver fatto il pezzo con te. Ma in realtà io non l’ho mai incontrata, mi dispiace solo che non ci sia stato un rapporto diretto, c’è stato sempre l’intervento di terze persone, non ci ho mai parlato direttamente, ma anche questo nella mia testa crea ancora di più la sensazione di irrealtà».
Come aver duettato direttamente col mito invece che con la persona?
«Esattamente. Mai neanche al telefono, e non ho avuto l’imbarazzo di chiedere qualcosa che magari poteva essere eccessiva. Tanti idoli quando li conosci scopri che sono persone normali, lei no, per me rimane lì…».
Dovendo pensare a una immagine unica, un simbolo che riunisca tutto il percorso fatto, viene in mente il fuoco. È una immagine appropriata?
«Sì, ma in questo periodo mi stavo facendo esattamente questa analisi introspettiva, nel senso che il fuoco che mi accendeva all’inizio è cambiato, è diverso, in evoluzione. Forse sono un po’ più triste perché il fuoco dell’inizio era più dovuto al disagio ed era anche la voglia di raggiungere un obiettivo, ora è un’altra cosa, devo ancora capire cosa e l’ho anche presa male, ma è inevitabile, non posso avere lo stesso disagio che avevo all’inizio».
Soffre dell’accelerazione furiosa a cui è sottoposta la vita di un giovane eroe della nuova scena musicale?
«È tutto megaveloce, l’impressione è che non riesci neanche a viverti le cose, a volte mi risulta difficile, divento più schematico, anche se di mio schematico non lo sono, infatti sono sempre in ritardo sulle cose».
Anche il concerto all’Olimpico domani sera passerà come una ventata veloce?
«Non credo proprio, no, l’Olimpico e San Siro (20 luglio) saranno sicuramente i due momenti che mi godrò di più di più tutto l’anno».
Quale sarà la prima parola da dire davanti al pubblico dello stadio romano?
«In realtà non lo so, avevo pensato di preparami delle cose ma non sono capace, va a finire che poi arrivò lì e mi dimentico. Voglio trovare un rito, l’anno scorso ne avevamo uno prima di salire sul palco, spaccavamo una bottiglia e urlavamo “a c… duro”, ora ne vorrei uno nuovo. All’Olimpico ci venivo a vedere le partite della Roma col mio papà, una volta mi sono visto anche Roma-Real Madrid».
Come cambia il gioco della musica quando si comincia a fare sul serio?
«Mi è stato detto che sono troppo legato all’inizio: è vero, sono molto legato a come tutto è iniziato ma le cose cambiano. Ora non scrivo più tutti i giorni, all’inzio dovevo farlo sempre, ora solo quando mi viene, ma la magia rimane. L’ultima volta ho scritto con un indelebile su un fazzoletto di carta usando una base trovata su YouTube. A volte parto dal fatto che voglio raccontare una cosa, mi segno qualche frase, comincia da lì, ma credo che il risultato sia più sincero se aspetti il momento giusto».
C’è un grande sogno da realizzare?
«Mi piacerebbe portare la mia musica all’estero. Questo è il sogno più grande».