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 2023  luglio 03 Lunedì calendario

I 4,3 miliardi rubati sulla bolletta elettrica

Un poltronificio seduto su tonnellate di rifiuti radioattivi e vecchi impianti da smantellare, finora costato a tutti noi 4,3 miliardi di euro. Ma tutto è ancora lì. La storia è nota: nel 1987 con un referendum gli italiani decidono per la chiusura delle centrali nucleari. Nel 1999 nasce la Sogin, società pubblica incaricata di smantellarle, mettere in sicurezza i rifiuti radioattivi, e trovare un sito nazionale dove stoccare tutto. Fine lavori prevista per il 2019, costo 3,7 miliardi, finanziati con la bolletta elettrica. Siamo arrivati al 2023 e la messa in sicurezza dei rifiuti liquidi radioattivi più pericolosi prodotti nell’impianto Eurex di Saluggia a partire dal 1977, quelli di Trisaia, e le resine di Trino non è nemmeno iniziata. Non ancora partito lo smantellamento delle strutture radioattive dei reattori. La previsione della società è di completare tutto entro il 2036 con una spesa vicina agli 8 miliardi. Per come sono andate le cose fin qui la fine dei lavori e il costo totale non sono realisticamente stimabili. L’unico dato misurabile sono i costi fissi di Sogin: 120 milioni l’anno per la gestione degli impianti e gli stipendi del personale (quasi raddoppiato). Ma perché succede questo?


Chi controlla cosa
I soggetti vigilanti sono tre: 1) il ministero delle Finanze è l’azionista e nomina gli amministratori; 2) il controllore è il ministero dell’Ambiente e sicurezza energetica; 3) l’Autorità per l’Energia (Arera) finanzia Sogin sulla base del piano di attività che Sogin gli presenta. Ogni 3 anni il governo di turno nomina un nuovo Cda, e nessun governo ha mai riconfermato quello in carica. Erano tutti pessimi? Il primo amministratore delegato è Raffello De Felice, seguono Giancarlo Bolognini, Giuseppe Nucci, Massimo Romano. Nel 2009 il governo Berlusconi manda il primo commissario, Francesco Mazzuca. Nel 2010 si riparte con un nuovo Cda a guida Giuseppe Nucci, poi Riccardo Casale, Luca Desiata e infine Emanuele Fontani. Le loro capacità manageriali evidentemente non erano all’altezza del compito, visto l’andamento delle attività in questi 20 anni. Analizzando le delibere di Arera si scopre che la regola è sempre la stessa: ogni Cda propone piani a vita intera (le attività che intende svolgere per arrivare a fine lavori) con obiettivi facili per i 3 anni di mandato, e rinviando a chi viene dopo i volumi di lavoro più complessi. E così di rinvio in rinvio, si arriva al disastro di oggi. Complice l’indulgenza di Arera, che non applica le penalità previste dalle regole in caso di ritardi. Almeno fino ad oggi.


Come fare «budget»
Come si mette sul tavolo il procedere delle attività si può capire con qualche esempio. 3 settembre 2009, contratto relativo all’ordine di acquisto per fornitura di «Materiali relativi ad un impianto di trattamento resine», per un importo pari a 10.550.000 euro. Questi materiali sono ancora nelle casse sigillate in cui sono stati ricevuti, stivate presso la centrale di Trino, e nessuno le ha mai aperte. Nel 2017 assegnato un nuovo contratto di appalto «Realizzazione di un impianto di condizionamento di rifiuti radioattivi», sempre per il trattamento delle resine, per 9.501.411 euro. Impianto non consegnato perché a Trino non sanno dove metterlo. Nel 2021 contratto «Demolizione parziale edificio turbina Trino», per 2.948.508 euro. Il progetto prevede l’abbassamento di circa 10 metri dell’edificio Turbina, alto 50 metri. Il motivo? Modificando lo skyline si dà l’impressione che i lavori procedano. Lavori non partiti per criticità della società che li deve eseguire. Le operazioni di demolizione e costruzione dei depositi esistenti si stanno replicando su molti siti Sogin, a volte con la scusa che non rispondono più alle normative in vigore. Contratto «Progettazione e realizzazione dei lavori di demolizione e ricostruzione del Deposito D2 preso la centrale di Trino Vercellese», per 4.904.336 euro. Ma il Deposito D2 di Trino è di recente costruzione e perfettamente a norma. Un modus operandi che consente di «fare budget», cioè fare attività facili per garantire ricchi Mbo (premi di risultato) ai numerosi dirigenti.


Il caso più pericoloso
A Saluggia sono stoccati 270 metri cubi di rifiuti liquidi, acidi e radioattivi a media ed elevata attività. Su questa questione Carlo Rubbia, da commissario Enea, nel 2001 scrisse una lettera ai ministri dell’Industria, Interno e Ambiente: «L’impianto è a 60 metri dalla Dora Baltea, una fuoruscita di quei liquidi comporterebbe l’evacuazione delle sponde del Po fino all’Adriatico». Per cementare quei rifiuti nel 2012 viene assegnato a Saipem per 97 milioni l’appalto «Cemex». Si apre un contenzioso che si chiude nel 2017: l’allora responsabile della disattivazione dell’impianto di Saluggia Emanuele Fontani convince l’amministratore delegato Desiata a risolvere il contratto per «manifesta incapacità di Saipem» (una delle più importanti società di progettazione, ndr).


Nel 2020 Fontani diventa amministratore delegato, e affida per 107 milioni il «Cemex» a un consorzio di aziende campane esperte in manutenzione e pulizie, nonostante la relazione tecnica presentata risultasse in larga parte copiata da quella di Saipem. Nel 2021 da Saluggia arrivano precise e ignorate segnalazioni di enormi ritardi. Il ministro Cingolani a inizio 2022 invia un’ispezione dei Noe che certificano: lavori avanzati per meno del 2%. Eppure per l’ad Fontani andava tutto bene, e pure per il responsabile dell’ufficio acquisti e appalti Luigi Cerciello Renna. Chi è Cerciello? Il 19 ottobre 2020 si congeda dalla Guardia di finanza con il grado di maresciallo aiutante per entrare in Sogin, assunto da Fontani e subito promosso dirigente (dal 2022 anche dell’ufficio legale). Nel lungo curriculum vanta un dottorato in Scienze agrarie, importanti incarichi in Anac (in realtà distaccato dalla Gdf presso la segreteria di un consigliere). Dal 2021 figura fra i trainer del master in «Manager ambientale per la gestione del decommissioning» presso l’Università del Piemonte orientale. L’obiettivo del Master è formare una figura in grado di affrontare la gestione dei rifiuti radioattivi in ambito sia medico sia industriale, anche sotto un profilo manageriale. No comment.


L’esito del commissariamento
A luglio 2022 il governo Draghi commissaria la Sogin. Incarico affidato all’ex prefetto Fiamma Spena. Lo scopo è risanare la società. Qual è stata l’attività della commissaria? Appena insediata ha riconfermato tutti i dirigenti, pure l’amministratore delegato commissariato Fontani, nominato «coordinatore della task force per l’accelerazione del decommissioning». Risolve il contratto d’appalto «Cemex» con il consorzio campano per inadempienza, e lancia una nuova gara, con lo stesso progetto esecutivo di prima, ma con un importo ben più alto: 151 milioni. Appena assegnato anche l’appalto per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi all’impianto di Trisaia ad Ansaldo Nucleare, guidata ora da Casale, dopo i non brillanti risultati in Sogin. Uno dei concorrenti, Tecnomec, ha chiesto l’accesso agli atti, Sogin l’ha negato, e ora in ballo c’è il ricorso al Tar. Infine il mese scorso la commissaria ha riconosciuto a tutti i dirigenti importi tra i 30 e i 40 mila euro, che si aggiungono ai lauti stipendi e al trattamento accessorio, come premio di risultato per il 2022, anno in cui la Sogin è andata così male da essere commissariata.


E adesso?
Ora il mandato è in scadenza e la palla passa al ministro vigilante: Gilberto Pichetto Fratin. La prima questione riguarda Saluggia, dove è stoccata il 75% di tutta la radioattività nazionale, e su cui pende una prescrizione per la messa in sicurezza dei rifiuti che scade a fine 2023, e se non rispettata la legge prevede la reclusione per i responsabili. Sarà inevitabile quindi un decreto di proroga. La seconda è quella di nominare un nuovo vertice. Coraggio ministro!