il Fatto Quotidiano, 3 luglio 2023
Biografia di Otello Gaggi
Soltanto pochi anni fa, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica e con l’apertura parziale degli archivi di Mosca, si è potuto finalmente sapere quale fine avesse fatto l’anarchico Otello Gaggi, del quale si era perduta ogni traccia nel 1936. Morì di malattia e di stenti il 31 maggio del 1945 in un campo di concentramento di SevZerDorLag, in Siberia. Nato nel 1896 a San Giovanni Valdarno, Gaggi era fuggito in Urss per la condanna a 30 anni di reclusione inflittagli in Italia in seguito a uno scontro con i fascisti.
Gaggi raggiunse l’Urss, visse qualche anno in relativa tranquillità, pur comprendendo che quel socialismo di Stato non era certamente il suo. Poi arrivò Stalin, vennero i processi senza prove di Mosca e le deportazioni nei gulag di migliaia di innocenti; vennero gli omicidi degli oppositori di sinistra e dei dissidenti. Gaggi fu arrestato dagli sgherri stalinisti alla fine del dicembre 1934, dopo l’affaireKirov, con la accusa ovviamente falsa di avere cospirato contro lo Stato sovietico.
A “a 39 anni, l’anarchico toscano inizia così un viaggio senza ritorno” dalla prigione della Lubjanka al gulag. In una lettera del 1935, una delle poche sue testimonianze riemerse, aveva scritto di essere stato condannato all’esilio nel nord della Russia, “dove il freddo e a mancanza di cibo consumano lentamente quel poco di salute che ho”, perché “mi considerano un contro-rivoluzionario”, proprio “io che per la rivoluzione ho perduto tutto, famiglia, paese, genitori”.
A ricordarlo è lo storico Giorgio Sacchetti, che ha cominciato a occuparsi di Gaggi negli anni Ottanta.
Lo fa ora nuovamente, dopo avergli dedicato vari articoli e libri, in un intervento basato su nuove carte e ulteriori riflessioni pubblicato nell’ultimo numero del trimestrale francese Cahiers d’histoire. Revue d’histoire critique e intitolato Otello Gaggi, de l’Italie au goulag. Engagement et désengagement dans la trajectoire d’un réfugié politique.
Già nei precedenti lavori, come Otello Gaggi vittima del fascismo dello stalinismo (1992), Sacchetti aveva documentato che nel 1944, quindi quando l’anarchico era ancora in vita, il segretario del Pci Palmiro Togliatti, all’epoca ministro in Italia, non aveva risposto a una lettera (resa nota da noi per la prima volta da Lotta Continua nel 1978) sul libertario toscano, sul milanese Francesco Ghezzi e su Luigi Calligaris, inviatagli dallo scrittore e rivoluzionario “eretico” Victor Serge. Al silenzio omertoso di Togliatti e del Pci italiano si contrapposero, ma purtroppo invano, alcuni militanti e intellettuali libertari, socialisti, della sinistra non comunista, o comunque non stalinista: da Ignazio Silone a Giuseppe Saragat, da Giuseppe Faravelli a Roberto Guiducci, Carlo Ripa di Meana, Renato Mieli, Giulio Seniga, Pier Carlo Masini, Umberto Tommasini, Onorato Damen. Tutti aderenti a un comitato per la verità sui “misfatti dello stalinismo”.
“Il percorso di Gaggi”, scrive adesso Sacchetti, “è emblematico e il suo destino personale è simile a quello di milioni di dissidenti politici, in buona parte comunisti”. Il “regime bolscevico”, del resto, “aveva già regolato i suoi conti con gli anarchici in Ucraina e a Kronstadt nel 1921, così come in Spagna nel 1936”.