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 2023  luglio 03 Lunedì calendario

Così nacque "Romagna mia"

“Non voleva che il cancello fosse oliato. Era un cigolio, il babbo ci sentiva note”.
Il cancello.
Quando mamma apparecchiava la tavola, lui le chiedeva di ripetere subito certi gesti. ‘Maria, come hai fatto con la forchetta? E coi piatti?’. Da quei rumori faceva nascere una polka.
Riccarda Casadei, con la famiglia lei gestisce le edizioni musicali di suo padre Secondo. L’autore di Romagna mia. Il vero tormentone dell’estate 2023.
È l’inno della tenacia della nostra gente. Laura Pausini mi ha mandato un messaggio dopo essersi commossa a Campovolo. Mi ha scritto Morandi, che ne ha fatto un duetto dietro le quinte con Bocelli. L’ha cantata Vasco a Rimini, Fiorello…
Perché non farne una versione corale per beneficenza? Un Romagna Aid con la canzone reinterpretata da tante star.
Un sogno, non ne avremmo la forza noi Casadei.
Lanciamo l’appello qui. Il brano ha attraversato il mondo.
Ne esistono cover in russo, giapponese, inglese. Negli anni 80 Wojtyla venne nella nostra regione e si innamorò di Romagna mia. In seguito la chiese a tutte le bande che riceveva in Vaticano. Nel secondo ritornello voleva la variazione Polonia mia.
Come nacque la canzone?
Mio padre ne ha scritte più di mille. Nel ‘54 doveva onorare il contratto annuale con La Voce Del Padrone. Mancava un pezzo, quello ipotizzato non veniva bene, il sassofonista aveva mal di gola. Davanti al maestro Olivieri aprì la borsa con gli spartiti: il primo che tirò fuori era di uno scarto, Casetta mia, dedicata a una casa che aveva acquistato a Gatteo a mare.
E?
Olivieri gli disse: ‘Questa ha un respiro nazionale, non come le solite’. Babbo replicò: ma io sono romagnolo! Il Maestro insistette: ‘Allora diamole un titolo più importante, Romagna mia!.
Da lì…
Cominciò a proporla nei circoli. Ci diceva stupito: ‘L’ho sentita fischiare dal facchino alla stazione, dai muratori’. Era nei juke-box. Radio Capodistria la trasmetteva in tutto l’Adriatico. I tedeschi compravano il 45 giri. Salvetti lo invitò al Festivalbar.
L’apoteosi.
Il babbo era drogato di musica. Si era sposato con mamma dopo 11 anni di fidanzamento, la prima notte di nozze andò a suonare. Rincasava tardissimo, ma passava a rimboccarci le coperte. Gli chiedevo come fosse andata. Se rispondeva ‘non c’è male’ lo avevano fischiato, altrimenti parlava di trionfo perché la gente aveva ballato. Ci teneva svegli fino all’alba.
La gavetta era stata dura.
Con il fratello Dino, papà di Raoul, e mia zia Angelina facevano le serenate su commissione. Se i genitori della ragazza erano favorevoli, aprivano le porte e si brindava con un bicchiere di albana. In caso contrario spalancavano le finestre e svuotavano il vaso da notte sui miei parenti.
I Casadei erano una dinastia di sarti.
Un mestiere sicuro, che babbo aveva ripreso durante la guerra. Nel 1928 aveva fondato l’Orchestra e voluto i musicisti in divisa. Non dovevano avere un bottone fuori posto. Come Ellington, di cui teneva un ritratto nello studio.
L’Orchestra era arrivata dopo il tirocinio in quella di Emilio Brighi.
Brighi era figlio del primo violino alla Scala con Toscanini, Carlo, che era venuto in Romagna per far ballare il popolo. A inizio 900 potevano danzare in coppia solo i signori, nei salotti. I balli strusciati. Per i campagnoli c’erano i ‘saltati’, dunque papà non capiva perché il suo genere fosse definito ‘liscio’. Introdusse nell’Orchestra Casadei la batteria jazz, il banjo, il megafono per il cantante. Agli esordi i concerti erano state feste sull’aia per la trebbiatura. Il palco era il carro dei buoi.
Prima di morire nel ‘71, Secondo tirò dentro il nipote Raoul.
Mio cugino era un maestro di scuola. Babbo gli regalò la chitarra. Oggi l’orchestra è nelle mani di Mirko, ma io amo lo stile tradizionale. Con il violino, il sax a tracciare la melodia, il clarinetto romagnolo che con mille note riproduce il cicaleccio delle donne.
Altri tempi.
Papà suonava nelle Feste dell’Unità, dell’Avanti o del Pri. A metà serata, col pubblico in piedi, si eseguiva l’inno del partito.
Però era fedele solo alla musica.
La sua ansia era ricordarsi dei fatti di chi lo salutava. Chi aveva fatto figli, chi era stato male…
E in famiglia?
Era dolce e tenace. Solo una volta lo sorpresi a piangere. Quando ero piccola mi metteva sulle ginocchia e rielaborava le fiabe: i sette nani erano un’orchestrina e Biancaneve la cantante che duettava con gli animaletti del bosco, Pinocchio andava a scuola di clarinetto, i tre porcellini formavano un coro. Le bestiole di casa? Avevamo i pappagalli Mambo e Rumba, le galline Butterfly e Turandot, il gallo Caruso. Il pesce rosso Sinatra. Babbo si metteva davanti alla sua boccia e gli suonava My Way col violino.