il Fatto Quotidiano, 2 luglio 2023
Gli affari di Santanché
“Santadeche?”. Palazzo Marino, Milano, anno 1995. Quando Daniela Garnero in Santanchè inizia a muoversi con disinvoltura tra i corridoi e le aule del Comune, così i cronisti s’interrogano su di lei, con espressione romanesca pur essendo milanesi. Santanchè, che all’epoca lavorava per Ignazio La Russa, già deputato e potentissimo nel Milanese, stava sempre in mezzo. “Ma questa chi è?”, ci si chiedeva, imparando presto ad averci a che fare. Perché, in ogni questione di rilievo della giunta di Gabriele Albertini, saltava fuori lei. E così che presto le venne affibbiato quel nomignolo: la “Santa”. Che di religioso aveva ben poco. Sono una donna, sono la Santa, sarà poi la sua autobiografia (anno 2016). L’altro, “la Pitonessa”, arrivò più tardi per scherzo, una battuta che su di lei faceva il primo marito, Paolo Santanchè, chirurgo estetico: si conobbero quando lei, ventunenne, volle rifarsi il naso. Soprannome perfetto, a vederla incedere a Montecitorio, con borsa Hermes, pantaloni attillati, tacco 12 e sorriso da Crudelia Demon. O in spiaggia, a Forte dei Marmi, col cappello da cowboy mentre gioca a racchettoni con il suo ex compagno, Alessandro Sallusti.
“Vivere da Pitonessa è sempre stato il primo lavoro di Daniela Santanchè, lavoro in cui la politica spesso è risultata solo un accessorio”, ha scritto Flavia Perina sulla Stampa. Sì, perché la sensazione, ripercorrendo curriculum e relazioni della ministra del Turismo, che mercoledì riferirà in Parlamento, è che lei abbia piegato politica, amicizie, rapporti sentimentali, intrecci col potere al solo fine di sponsorizzare unicamente un brand: se stessa.
L’intoccabile Santanchè. “Stanno emergendo questioni gravissime, ci sono ministri che si sono dimessi per molto meno”, dice Elly Schlein, col Partito democratico che sta valutando la mozione di sfiducia. Intoccabile, dicevamo, perché in FdI, dove pure lei è mal sopportata dall’ala rampelliana e non solo, Santanchè è blindatissima non solo da La Russa, ma soprattutto da Giorgia Meloni, con cui è riuscita a stabilire una forte amicizia. È l’unica, Daniela, ad avere rapporti con la figlia Ginevra, unica a parlare con mamma Meloni, mentre il suo compagno Dimitri e Andrea Giambruno al Forte stanno sempre insieme, scrive Paolo Madron nel suo ultimo libro. È Santanchè, infatti, ad aver introdotto Giorgia nel mondo imprenditoriale milanese che, orfano di Berlusconi, era alla ricerca di un nuovo partito su cui puntare alle ultime elezioni. Mondo che guardava con scetticismo alla leader cresciuta tra Colle Oppio e Garbatella, mondi lontanissimi da quelli del Pirellone e Assolombarda. È a casa di Santanchè (zona corso Vercelli) che certi ambienti meneghini conoscono Giorgia. “Ci sarà da fidarsi?”. “Lei è la numero uno”, rispondeva a tutti la Pitonessa con le fiamme negli occhi.
Anche Santanchè, però, ha avuto bisogno degli altri, tra il 2000 e il 2010, per essere introdotta negli ambienti romani del Sistema. E allora in primis fu l’andreottianoPaolo Cirino Pomicino, che ora di lei dice: “È capace di tutto. Non conosce vergogna”. Ma nelle sue frequentazioni giocarono ruoli importanti anche il faccendiere Luigi Bisignani, che le fu molto intimo, e il condannato Denis Verdini, che favorirono la sua ascesa: divenne sottosegretaria e poi entrò nel cerchio magico di B. nel tremento 2013 (l’anno della decadenza dell’ex Cavaliere). E fu lei a prendere sotto la sua ala protettrice Francesca Pascale nei suoi primi passi ad Arcore. Poi c’è il suo grande amico Flavio Briatore, socio con lei al Twiga, lo stabilimento vip di Marina di Pietrasanta che i fortemarmini doc snobbano, diventato il simbolo delle estati da copertina dell’ultima ventina d’anni. Prima al Forte c’erano gli Agnelli, ora c’è la Pitonessa.
In politica cambia partito come cambia outfit. Che colore va quest’anno? Qualcuno l’ha definita politica di relazione. Prima An di Gianfranco Fini, poi la Destra di Francesco Storace (con cui si candidò a premier nel 2008), poi ancora il Pdl, il governo Berlusconi IV e Forza Italia. Infine l’ingresso, nel 2017, in FdI.
Tutto sempre curando, e molto, gli affari suoi. Come quando l’ex presidente di Bpm, Massimo Ponzellini, la finanziò con 2 milioni e 800mila euro. Con intercettazioni a raccontare un mondo. “Sto andando da Paolo Romani con la Santanchè”, diceva al telefono Antonio Cannalire, braccio destro di Ponzellini. Era il 2011. Ora siamo nel 2023 e la Santa è sempre lì che traffica.