La Lettura, 2 luglio 2023
Il colore degli occhi
Prendete una quantità variabile di melanina e mescolatela con un pigmento marrone o giallo. Otterrete la tavolozza cromatica dell’iride umana, dal nero (molto raro) all’azzurro, passando per combinazioni di ambra, verde, grigio. Tutto attorno, la sclera bianca li esalta e ha una funzione di coordinamento sociale: capiamo subito in quale direzione stanno guardando i nostri simili. Il colore degli occhi è un carattere poligenico, cioè dovuto all’interazione di più geni, come l’altezza e il colore della pelle. Non si trasmette quindi come i tratti discreti studiati da Gregor Mendel – semi lisci o rugosi, gialli o verdi nelle piante di pisello – ma è più complicato. Questo significa che in una popolazione non si troveranno categorie nette e distinte di persone con un colore preciso degli occhi, ma una gamma continua di gradazioni. Inoltre, essendo le popolazioni umane mobili e promiscue, i geni si mescolano e creano una distribuzione continua di variazioni tra gruppi umani di diverse regioni.
Le barriere geografiche e le isole possono accentuare alcune differenze locali, come qui si nota per esempio negli occhi azzurri e verdi degli islandesi, che discendono quasi tutti da un manipolo di scandinavi approdati poco più di un millennio fa. Per un fenomeno noto come «effetto del fondatore», i discendenti hanno ereditato questa percentuale fortemente sbilanciata a favore degli occhi chiari. Nel Baltico gli occhi blu sono persino più frequenti che in Islanda.
Nei Paesi che invece sono stati lungamente attraversati da flussi migratori i colori degli occhi si ripartiscono più equamente, come in Gran Bretagna, Francia, Germania (e in Italia, qui non rappresentata). Occhi e pelle giocano strani scherzi: l’uomo di Cheddar, vissuto più di 9 mila anni fa nel Somerset, in Inghilterra, aveva gli occhi azzurri e la pelle scura, come gran parte degli europei dell’epoca. Se quindi ci affidassimo a questi caratteri esteriori per classificare l’umanità in presunte e inesistenti «razze», commetteremmo errori grossolani. La meravigliosa diversità della tavolozza umana si concentra quasi tutta nel singolo individuo, nella sua irriducibile unicità. Anche il colore degli occhi ci ricorda che siamo tutti parenti e tutti differenti.