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 2023  luglio 01 Sabato calendario

Il numero 88 del ministro Junnila

Sembra impossibile, ma il ministro dell’Economia finlandese Vilhelm Junnila, appena nominato, era un fedelissimo dell’88, il simbolo con cui i neonazisti indicano la doppia lettera H di «Heil Hitler!». Con le sue dimissioni, annunciate ieri, si chiude un caso che ha reso agitato fin dall’inizio il cammino del governo guidato da Petteri Orpo, l’uomo che ha sconfitto la socialdemocratica Sanna Marin.
Quattro anni fa il futuro deputato del Partito dei Finlandesi (estrema destra, secondo nelle politiche di aprile) si vide assegnato casualmente il numero «nazista» nell’elenco dei candidati e sfruttò la coincidenza durante la campagna elettorale, accompagnandolo con un’altra cifra, il 14, che ricordava le «quattordici parole» coniate dal suprematista bianco David Laine. Più recentemente, Junnila si è congratulato, definendolo «una carta vincente», con un collega che aveva a sua volta ricevuto l’88. Poi, su Twitter, le precisazioni: «Condanno fermamente l’Olocausto e l’antisemitismo».
A confermare i legami tra il ministro – quarantunenne, nato a Naantali, nel sud-ovest della Finlandia – e la galassia dell’estrema destra radicale c’è anche il suo intervento, da parlamentare, a un raduno organizzato nel 2019 dalla Coalizione dei Nazionalisti, che riuniva vari gruppi tra cui il Movimento di resistenza nordico, oggi sciolto, e la milizia anti-immigrati «I soldati di Odino». «Non lo farò più» fu la sua assicurazione per placare le polemiche.
Nessuno gli ha creduto. Non è un caso la legislatura si sia aperta con la mozione di sfiducia presentata dall’opposizione. Junnila è riuscito a cavarsela per soli nove voti e sarebbe uscito sconfitto se non ci fossero state undici assenze tra i suoi avversari. Significativo che nelle file della maggioranza sette deputati del Partito popolare svedese si siano dissociati mentre gli altri tre abbiano scelto l’astensione. L’unico parlamentare ebreo, Ben Zyskovicz, membro del partito del premier e figlio di un deportato sfuggito alla morte nei lager nazisti, non ha partecipato alla votazione. «Non avrei potuto – ha spiegato – fare altrimenti». Il sipario è calato lentamente.