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 2023  luglio 01 Sabato calendario

Intervista a Emerald Fennell

«Io Camilla l’ho incontrata, è una donna divertente, cool, empatica incredibilmente interessante. Ho voluto interpretarla perché la immaginavo già così. E non vedo l’ora di vederla alla prova nella realtà, come regina».
Chiacchierando via Zoom con Emerald Fennell, la star britannica che ha incarnato l’attuale sovrana d’Inghilterra in due stagioni diThe Crown, la domanda sul suo regale alter ego è inevitabile, e la risposta entusiasta.
Ma non fatevi ingannare: questa talentuosa e bionda trentasettenne, bella in maniera non banale, collegata da una casa londinese con vista sul verde cittadino, è lontana anni luce dai formalismi della Royal Family.
Come dimostra quando lascia i panni di attrice per indossare quelli di scrittrice. E che scrittrice: tosta, violenta, dark, paladina dell’umorismo nero.
Una cifra che accomuna il filmUna donna promettente, storia di vendetta post-stupri che ha diretto e cointerpretato, vincendo un Oscar per la sceneggiatura; la cupissima serie tvKilling Eve,di cui è co-autrice; i romanzi che pubblica. Uno dei quali,Mostri – avventura nera con protagonisti due ragazzini inquietanti, affascinati dalla morte, che si incontrano in una città costiera bagnata dal sangue – esce ora per Fandango.
Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro così destabilizzante, mai consolatorio?
«Volevo raccontare ciò che accade quando incontriamo il nostro gemello malefico: è ciò che capita al personaggio principale, una ragazzina di dodici anni senza nome, voce narrante del libro, quando conosce un coetaneo dall’indole perversa. Sono affascinata dalla stagione della vita in cui si è più vulnerabili, in cui ci si puòinnamorare di qualcuno, o qualcosa, di molto molto pericoloso».
È una preadolescente ossessionata dal true crime: fascinazione molto diffusa anche nella vita vera.
«Ho scritto questo romanzo dieci anni fa, quando il fenomeno esplodeva grazie alle tante serie tv sul tema. In teoria i crimini, i delitti dovrebbero procurarci disagio. E invece l’orribile verità è che la gente li ama: vuole conoscere la meccanica degli omicidi, la decomposizione dei corpi, eccetera. Forse gli psicologi ci spiegheranno perché».
Ma chi sono i mostri del titolo? I due giovanissimi? I terribili adulti che li circondano? La comunità?
«Tutto e tutti, la mostruosità fa parte di noi. Lei, la ragazzina senza nome, in un certo modo divertente lo è di certo. La cosa interessante è che quella che possiamo definire la sua mostruosità è molto vicina alla superficie: al contrario di tutti gli altri, non la nasconde affatto. A lei il crimine piace e basta: non finge che sia perché la preoccupao la spaventa. È aperta al lato oscuro. E poi sì, qui gli adulti lo sono, hanno comportamenti ugualmente nocivi ma opposti verso i due protagonisti: la ragazza, orfana, non è amata da nessuno e abusata, lui è amato troppo (dalla madre)».
Il risultato è una storia incredibilmente dark…
«Non mi piace edulcorare né mentire, voglio mostrare le situazioni, e le persone, così come sono: una cifra che possiamo definire grottesca nel senso old fashioned del termine, proprio come grottesca è la realtà. Senza dare giudizi morali,ma mostrando perché le persone sono in un certo modo. Ad esempio facendo vedere come gli adulti, che in teoria dovrebbero preservare l’innocenza dei bambini, si comportano in modo da bruciarla».
In ogni caso, dalla letteratura alla tv al cinema, lei adora ritrarre le cattive ragazze.
«Mi ispiro ad alcune scrittrici che amo come Daphne du Maurier, Patricia Highsmith, bravissime a mostrarci donne complicate, sfaccettate, per nulla rassicuranti. Scelgo lebad girlsanche perché non mi interessano i cattivi genere supereroe ma la malvagità più quotidiana, inaspettata».
Però sia nei romanzi che sullo schermo affianca alla cupezza un antidoto efficace: l’umorismo. Non si prende mai troppo sul serio.
«Non saprei scrivere diversamente. In effetti le mie possono essere definite dark comedies, e per me è fondamentale che siano anche divertenti: l’oscurità assoluta sarebbe insostenibile. Sono cresciuta in una famiglia in cui l’umorismo nero era la normalità. Reagire a cose orribili con un sorriso, uno scherzo, è anche una tradizione tipicamente britannica».
Con o senza humour, lei crede che l’horror sia lo strumento migliore per raccontare tempi complicati come il nostro?
«Sì. Io certamente non sapreiesprimere il disagio di questi anni in altro modo. Pensiamo ai momenti terribili che abbiamo vissuto, alla pandemia… L’horror, meglio di qualsiasi altro registro, permette di descrivere efficacemente i periodi storici più caratterizzati dall’ansia. Il capostipite del genere,Frankenstein di Mary Shelley, aveva come humus il terrore per la scienza dell’epoca. L’horror è un modo di giocare con tutte le nostre paure. La mia autrice preferita in assoluto, Hilary Mantel, era maestra in questo senso».
Del resto anche le fiabeclassiche hanno momenti horror: da autrice ma anche da mamma (la ricordiamo sul palco degli Oscar, incinta di sette mesi) come le giudica?
«In effetti generazioni di bambini sono state traumatizzate dalla morte della madre di Bambi.
Tutti siamo cresciuti con situazioni tipo Cappucetto Rosso, con le nonne mangiate dai lupi! È la prova che esistono narrazioni dark anche per i più piccini. E, da madre protettiva, aggiungo: per i nostri figli vanno benissimo, purché nei modi e nei tempi giusti».