la Repubblica, 1 luglio 2023
Hiroshima-Pearl Harbor Il gemellaggio di pace che divide il Giappone
PECHINO – Hiroshima-Pearl Harbor, il gemellaggio della pace. Ma pure della discordia. L’ambasciatore statunitense in Giappone, Rahm Emanuel, e il sindaco di Hiroshima, Kazumi Matsui, hanno firmato un accordo di gemellaggio tra il Parco del Memoriale della Pace della città nipponica devastata dall’atomica nel 1945 e il National Memorial situato alle Hawaii, nato per ricordare l’attacco giapponese del ’41.
«Nessuno può visitare questi due luoghi ed uscirne rimanendo la stessa persona», ha detto il diplomatico statunitense all’ambasciata americana a Tokyo in occasione della firma dell’accordo. Due simboli dell’orrore della Seconda guerra mondiale – e dello scontro tra Giappone e Stati Uniti – che ora promuovono la pace e l’amicizia. In base all’accordo, i due parchi sosterranno scambi e condivideranno esperienze nel restauro di strutture e paesaggi storici, nell’uso della realtà virtuale e delle immagini digitali per la conservazione e l’educazione dei giovani. Tutto bellissimo. Non proprio.
A protestare sono alcuni hibakusha, i sopravvissuti dell’atomica americana che alle 8:15 del 6 agosto 1945 il bombardiere Enola Gay sganciò sulla loro città. Un accordo «inappropriato», lo hanno definito perché – sostengono – mentre l’attacco di Pearl Harbor aveva come obiettivo una base navale (2.334 americani vennero uccisi il 7 dicembre 1941, attacco che spinse l’America ad entrare nella Seconda guerramondiale), il bombardamento di Hiroshima ha ucciso indiscriminatamente un gran numero di civili (circa 80mila persone morirono all’istante e il bilancio delle vittime salì a 140mila entro la fine del 1945).
«I contesti storici dei due parchi saranno per sempre diversi», dice Haruko Moritaki, consigliera dell’Associazione per l’abolizione delle armi nucleari di Hiroshima, al quotidiano giapponese Chugoku Shimbun.
Definendo l’accordo un «insulto» ai sopravvissuti. Diversi gruppi hanno scritto al governo della città chiedendo al sindaco Matsui di non firmare il gemellaggio, affermando che i due attacchi «non sono qualcosa per cui dovremmo perdonarci a vicenda», come riporta il quotidiano Nikkei Asia.«Sono lezioni storiche da cui imparare e da non ripetere mai più».
«La bomba atomica non ha posto fine alla guerra e non ha salvato le vite dei soldati americani, come piace dire agli Stati Uniti. Era chiaro che il Giappone avrebbe perso», dice aNikkei Kunihiko Sakuma, presidente di uno dei gruppi che sostengono gli hibakusha. «Gli Stati Uniti non avevano bisogno di sganciare la bomba su Hiroshima, la mossa era più probabilmente finalizzata a proiettare la potenza americana nel mondo. Se non si affronta questa questione fondamentale, non possiamo concentrarci solo sul futuro».«Comprendo l’angoscia e la rabbia, ma non credo che si debba essere intrappolati da questo», ha spiegato l’ambasciatore americano, aggiungendo che la riconciliazione tra Stati Uniti e Giappone «è l’esempio di ciò che questo mondo ha disperatamente bisogno in questo momento».
I due parchi sono diventati luoghi di riconciliazione tra i due Paesi – stretti alleati sin da dopo la fine della guerra – quando nel maggio 2016 l’allora presidente statunitense Barack Obama divenne il primo leader Usa in carica a visitare il Parco della Pace per rendere omaggio alle vittime della bomba. Nel dicembre dello stesso anno, anche l’allora primo ministro nipponico Shinzo Abe visitò Pearl Harbor. Lo stesso Obama ha mandato un messaggio scritto in occasione della firma del gemellaggio: «Questo accordo segna un risultato storico. Possiamo costruire un futuro comune fondato sulla pace e sulla cooperazione». Non tutti in Giappone sono d’accordo.