Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  luglio 01 Sabato calendario

La premier compra tempo per negoziare

È un rinvio un po’ democristiano (non se ne abbia Rotondi) quello deciso ieri dal destra-centro per il Mes. Solo un po’. Nel senso che ai vecchi tempi i rinvii servivano ad accelerare un cambiamento. In questo caso invece nulla o quasi dovrebbe cambiare di qui a ottobre, se non il clima tendente al peggioramento nei rapporti tra Italia e Europa, un’Europa che al di là delle attese non ha raggiunto alcun risultato in materia di immigrazione nel vertice di ieri e due giorni fa.
La scelta dei quattro mesi di rinvio – e non dell’anno chiesto dalla Lega, che sul Mes da evitare vorrebbe giocare buona parte della campagna elettorale per le europee – lascia aperto il dilemma meloniano: il pendolo della premier a tratti l’ha portata vicino a compiere lo strappo con le posizioni sovraniste che erano anche di Fratelli d’Italia quando era all’opposizione, ma poi a cambiare idea quando ha visto Salvini appropriarsene e continuare a sostenerle, a dispetto della propria collocazione al governo e delle responsabilità dell’esecutivo verso l’Unione e gli altri Paesi membri. Ora la scelta di accorciare le distanze di qui alla decisione (ma anche a un altro rinvio), voluta soprattutto dal ministro dell’Economia Giorgetti, lascia il governo al bivio: accettare o no a ottobre la ratifica del meccanismo salva-Stati? E in cambio di cosa?
La speranza di Meloni (e dello stesso Giorgetti) è che sul fronte europeo si muova qualcosa che possa giustificare il cambio di atteggiamento del governo e piegare – anche se non del tutto – le resistenze di Salvini, deciso a dire di no al Mes, ma consapevole di non poter tenere quest’atteggiamento fino a un’aperta rottura della maggioranza o addirittura fino alla formazione di una maggioranza alternativa sul Mes con parte dell’opposizione. Ma cosa appunto potrebbe consentire a Meloni di “strappare” sul Mes? Innanzitutto il pagamento, rinviato di mese in mese, della terza rata da 19 miliardi del Pnrr e l’apertura di un negoziato sulla quarta, al momento bloccata dal mancato raggiungimento degli obiettivi da parte dell’Italia. E poi qualche concreto segnale di flessibilità sulla revisione del Patto di Stabilità: in mancanza della quale l’autunno per il governo si presenterebbe molto duro. Va detto che al momento si tratta di chimere.