La Stampa, 1 luglio 2023
Meloni e la mediazione fallita
Ci teneva Giorgia Meloni a portare a casa questo negoziato. Il fatto che Charles Michel e gli altri leader del Consiglio avessero pensato a lei per cercare di moderare le posizioni oltranziste di Polonia e Ungheria, («era molto difficile», ammette lei) è oggetto di molte letture a Palazzo Chigi: quella positiva sottolinea il fatto che a Meloni sia stato assegnato di fatto un ruolo centrale, nel momento più delicato della trattativa. Quella più malevola, ai confini del complottismo, interpreta l’invito di Michel come una sorta di trappola, che nasconde la vera intenzione di alcuni leader Ue: non raggiungere alcun accordo con i due principali Paesi del club di Visegrad che fu. Dalle parti di Meloni, al di là della soddisfazione esibita per il sostegno dei leader all’accordo con la Tunisia, si registra effettivamente un po’ di frustrazione. Si ritiene, infatti, che la trattativa intrapresa con polacchi e ungheresi non fosse stata ben preparata.
Per dirla in altra maniera, la premier non avrebbe avuto a disposizione gli strumenti sufficienti per poter ottenere un risultato positivo. Tutto ruota intorno alla domanda: cosa è stato offerto a Mateusz Morawiecki e Viktor Orban per dare il via libera alla riforma del Regolamento di Dublino? A quanto risulta da più fonti, la leva sarebbe stata aumentare i finanziamenti che la Commissione fornisce ai due Paesi per l’accoglienza dei profughi ucraini, d’altronde «sono risorse insufficienti», ha detto la stessa Meloni prima di ripartire per Roma. Pur essendo quello dei soldi un tasto dolente, però, l’offerta è stata declinata. Anche perché Morawiecki è di fatto già in campagna elettorale (si vota in autunno) e non poteva quindi cedere a quello che i media a lui vicini hanno definito «un ricatto».
Oltre alle elezioni polacche, però, ci sono quelle europee. E in molti vedono il negoziato di Bruxelles alla luce del voto di giugno. Una delle conseguenze del tentativo fallito di Meloni sarebbe quella di aver di fatto separato i destini della leader di Fratelli d’Italia, da quelli degli alleati polacchi. Un’operazione auspicata da molti nel Ppe, dove si guarda con grande interesse a un ingresso di Meloni nella futura maggioranza. Il leader Manfred Weber ha intravisto una crepa tra Roma e Varsavia, che potrebbe, negli auspici dei popolari, portare a una spaccatura del gruppo dei Conservatori europei, agevolando così l’operazione allargamento della maggioranza Ursula. «Meloni è rimasta incastrata con i suoi alleati che stanno distruggendo tutti i progressi fatti sull’immigrazione – fanno filtrare fonti del Ppe – i guai in casa sono i peggiori...».
Il tentativo è chiaro, ma per il momento la leader di Fratelli d’Italia non ha alcuna intenzione di abbandonare gli alleati di Varsavia, che hanno peraltro appena contribuito a rieleggerla presidente del gruppo dei Conservatori. E la riprova è che Meloni sarà mercoledì prossimo a Varsavia alle giornate di studio di Ecr, che culmineranno nell’incontro tra lei e Morawiecki, per rinsaldare un legame che nel tempo è diventato anche personale, mentre l’altro capo di governo dei conservatori europei, Petr Fiala, si collegherà da Praga. Una visita, programmata da tempo, che giunge però in un momento delicato.
Meloni ha tentato di mantenere un difficile equilibrio, sedersi al tavolo dei grandi, senza rinnegare gli alleati sovranisti. Se avesse voluto rompere con la Polonia, per esempio, avrebbe potuto cancellare il viaggio a Varsavia. Ma questo segnale non lo ha mandato. Non è un caso, infatti, che commentando l’esito del vertice, la premier abbia voluto evitare accuse: «Io non sono mai delusa da chi difende i propri interessi nazionali», di fatto dicendo che al posto di Morawiecki e Orban lei si sarebbe comportata alla stessa maniera. Uno dei suoi fedelissimi a Bruxelles, Carlo Fidanza, capo delegazione di FdI, lo dice apertamente: «La Polonia che fino ad oggi ha accolto milioni di profughi ucraini ricevendo dall’Ue soltanto briciole, ora si vedrebbe costretta a pagare ventimila euro per ogni clandestino non ricollocato». «Noi abbiamo una posizione diversa da Morawiecki e Orban anche per ragioni geografiche – spiega la premier – In ogni caso continuerò a lavorare per un accordo». L’obiettivo di Meloni è, in ogni caso, sottolineare l’aspetto positivo di questo Consiglio, ovvero il finanziamento della Tunisia: «La scelta di Polonia e Ungheria – ha sottolineato la premier – non riguarda quella che è la mia priorità, cioè la dimensione esterna: su quella c’è l’unanimità». Un modo per allontanare l’immagine della mediazione fallita.