La Stampa, 1 luglio 2023
I figli degli avvocati faranno i falegnami
Un po’ sarà che sta antipatico a tutti (a me no), un po’ sarà quel suo talento di dire cose sensate come fossero scemenze da podio olimpico, ma il nostro caro Flavio Briatore è riuscito a passare per uno affaccendato a rifondare le caste. Fra vent’anni, ha detto in tv, non avremo più falegnami perché i falegnami vogliono mandare i figli all’università a studiare da medici e avvocati. Sicché, si è compreso, o si è voluto comprendere, che un figlio di falegname non dovrebbe rompere le scatole con prontuari e codici e darci dentro di pialla. Eppure, proprio il giorno prima, con toni più adeguati a schivare la suscettibilità globale, la stessa considerazione l’aveva proposta l’Inps: negli ultimi dieci anni sono scomparsi quasi 280 mila artigiani, da un milione e 800 mila a poco più di un milione e mezzo. Soprattutto falegnami, idraulici, elettricisti, fabbri e siamo grati all’Inps di avere quantificato la consapevolezza di ognuno di noi, quando in casa qualcosa si guasta o va ristrutturato, e trovare chi aggiusti o ammoderni richiede una performance poderosa, oltre a un solido conto in banca. Naturalmente i figli dei falegnami e dei fabbri e degli idraulici fanno benissimo a studiare, se non gli va di piallare e saldare e sturare, ma fra vent’anni, come dice Briatore, di falegnami non ce ne saranno più, e i pochissimi rimasti guadagneranno quanto un principe del foro. Io non so che penserei se avessi vent’anni, ho la manualità di un piccione, ma so che vista l’aria avrei poco da fare lo schizzinoso. E sospetto che presto, se vorranno campare alla grande, i figli degli avvocati non studieranno da avvocati ma da falegnami.