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 2023  giugno 30 Venerdì calendario

Spese pazze di Pereira


Adesso nel mirino c’è Alexander Pereira, l’ex sovrintendente, che non se la passa niente bene. Ma c’è chi sta ancora peggio: il Maggio musicale, che lui guidava fino a marzo, quando si dimise con una lettera di tormentata amarezza, scrivendo la parola «impossibile» due volte nella stessa riga, come a gridare più forte la sua sconfitta. Allora aveva già ricevuto l’avviso di garanzia per peculato, con l’accusa di essersi appropriato di soldi della Fondazione.
Ma la Guardia di Finanza gli ha sequestrato a titolo preventivo – si dice proprio così – oltre 126mila euro, contestandogli spese personali, viaggi in aereo e in elicottero, financo un trasloco, oltre all’affitto di una casa a San Casciano, per pagare costi «non inerenti alla sua funzione e non rimborsabili per contratto».
Magari bisognerebbe andarci piano a condannare già il povero Pereira, perché la cronaca è piena di spese pazze finite nel cestino e onorevoli imputati assolti, da Filippo Penati a Edoardo Rixi o Bertolaso. Tanto più che il vero problema non è Pereira, viennese dai trascorsi grandiosi, a Salisburgo e pure alla Scala, da dove partiva per cercare sceicchi e trattare fondi arabi, ma chi l’ha chiamato sapendo benissimo, perché lo sapevano tutti, qual era il suo stile e il suo modo di agire. Come se fosse il sovrintendente dell’impero asburgico. Bravissimo. Peccato che non ci sia più l’impero.
Se tutte le famiglie felici si somigliano, quella infelice è disgraziata solo a modo suo, come scrisse Tolstoi, e in casa del Maggio Fiorentino è di nuovo tutto sottosopra, perché ciclicamente ricomincia da zero, con una cocciutissima deriva che non trovi da nessun’altra parte: è successo quando il sindaco era Dominici, poi con Renzi, e adesso di nuovo con Nardella. Con una differenza, che il grande ombrello franceschiniano non c’è più e il nuovo corso al ministero della Cultura non sembra intenzionato a fare sconti, tanto più a un anno dalle elezioni per il nuovo inquilino di Palazzo Vecchio.
Il vero problema, «l’orrendo problema di cassa» citato da Pereira nella sua lettera di dimissioni, è l’enorme debito di 57 milioni di euro che si trascina addosso il Maggio. Il commissario nominato dal governo, Onofrio Cutaia, ha tagliato quello che poteva e poi s’è arreso: «Dovete ripianare la voragine, mettere 8,5 milioni entro luglio se no si chiude». Il che vorrebbe dire lasciare sulla strada 300 lavoratori.
Ma è pur vero che questo debito, questo «orrendo problema», resiste sempre e si accresce, un filo inestensibile che si oppone a qualsiasi spinta contraria con tautocrona insistenza, persino quando nel 2021 lo Stato, la Regione e il Comune ci buttarono dentro 26 milioni. Solo che nel frattempo avevano chiamato Pereira il Magnifico, che faceva insieme il direttore artistico e il sovrintendente, quello che organizzava un programma monumentale, che a momenti non se lo sognano manco a New York, e colui che doveva controllarlo.
Quando è arrivata l’accusa, agli inquirenti ha ripetuto che «quelle spese erano tutte collegate e necessarie all’esercizio del mio mandato». Che potrebbe essere pure vero, perché così fa un funzionario dell’Impero asburgico. Nella lettera di dimissioni, invece, due pagine vergate sotto il peso della sconfitta, il sovrintendente adduceva motivi di salute e soprattutto l’isolamento in cui l’avevano confinato, all’origine della sua decisione, perché si era sentito «allo stesso momento sempre attaccato dall’interno del teatro e dall’esterno, specialmente dalla stampa». Ci mancava solo che se la prendesse con Firenze.
Il fatto è che questa città per molte cose non è diversa dalle altre. Ha di suo una contraddizione solo apparentemente inspiegabile. Prendete il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. Alla fine è venuto a costare duecento milioni in più dei 180 previsti. E questo succede dappertutto, a Torino come a Palermo.
Però il Teatro di Firenze ha una capienza e una macchina scenica come non ce l’ha nessuno in Europa, e forse nemmeno a New York. Esagerato? Forse sì. La città è piccola, è solo una vecchia capitale. Però Salisburgo fa 80 milioni di ricavi. Allora se anche il Maggio si desse delle ragioni imprenditoriali, magari si potrebbe fare tutto, in una città che ha 14 milioni di turisti all’anno in crescita e 22 hotel a cinque stelle. Prima mettere a posto i debiti e solo allora pensare in grande.