Corriere della Sera, 30 giugno 2023
Intervista a Claudio Domenicali
Quattro moto nei primi cinque posti della classifica piloti, quasi il doppio dei punti in quella dei produttori rispetto al rivale più vicino (Ktm). Claudio Domenicali si gode il momento magico della Ducati, è un cocktail di passione e scienza quello dell’amministratore delegato bolognese. Successi in pista e sul mercato, dove l’anno scorso l’azienda di Borgo Panigale ha superato il miliardo di fatturato.
Può spiegare in tre concetti il suo «metodo Ducati»?
«Passione, prestazioni e famiglia. Perché qui dentro si sentono dentro a una famiglia».
Si aspettava un tale dominio nella MotoGp?
«Ni. Sapevamo di avere una squadra ufficiale forte. Così come i nostri team clienti. Noi abbiamo fatto un passo avanti, ma sono mancati gli altri».
Chi sono gli altri?
«Credevo che Marquez e Quartararo sarebbe stati i nostri rivali, e invece non sono stati capaci nemmeno di andare forte come l’anno scorso. Anche l’Aprilia ha reso meno rispetto a quanto aveva mostrato nei test. Solo Ktm vive una bellissima stagione».
La Dorna vuole concedere aiuti alle Case giapponesi per recuperare. Che cosa prova?
«Sensazioni miste. Anche noi abbiamo interesse a un campionato combattuto con tanti costruttori presenti. Non c’è una chiusura di principio nel rivalutare il sistema delle concessioni. L’importante è farlo con equilibrio, altrimenti sarebbe troppo facile. In qualche modo è anche un riconoscimento allo straordinario lavoro della Ducati. Siamo favorevoli a un Mondiale spettacolare che generi interesse».
Non è un modo per cambiare le carte in tavola?
«Serve equilibrio. Non dovrebbe essere fatto a stagione in corso. Capiamo però il punto di vista degli organizzatori ai quali va riconosciuto il merito di un campionato che cresce dopo anni difficili di pandemia».
Ha già posto le sue condizioni?
«Ne ho parlato con Gigi Dall’Igna dopo la gara di Assen, abbiamo definito una posizione comune».
Ma cosa dicono i suoi colleghi giapponesi di questo strapotere Ducati?
«Tengono la loro posizione, sono in difficoltà e lavorano per risolverle. Parliamo di aziende che hanno fatto la storia per cui serve il massimo rispetto. Tutti i cicli prima o poi finiscono e se ne aprono altri. Anche noi dopo Casey Stoner abbiamo attraversato un periodo negativo. Ci siamo ripresi e ora raccogliamo i frutti di quanto seminato 6-7 anni fa».
Marc Marquez vuole scappare dalla Honda. Lo prenderebbe in Ducati, anche in un team clienti?
«Sarebbe molto complesso e difficile, in qualunque situazione».
Che giudizio dà del momento che vive Marquez?
«Alla prima gara dell’anno era in pole dopo un inverno complicato. Poi Marc con certi comportamenti è arrivato troppo al limite, però rispetto ai suoi compagni faceva la differenza. Al Sachsenring, su una pista amica, aveva aspettative alte. E invece ha dovuto gestire una situazione imprevista, è caduto cinque volte. Ha avuto un cedimento, va compreso e rispettato. Spero di ritrovarlo presto come avversario».
Produzione industriale e reparto corse. Come riesce a conciliare le due cose?
«La Ducati è speciale proprio per questo intreccio. C’è tanto travaso di tecnologie dalla pista alle moto di serie, puntiamo sulle competenze e sulla capacità di risolvere i problemi. E lo facciamo grazie a ragazzi usciti dalle nostre università. È un bel biglietto da visita per il sistema formativo italiano».
In tutto questo che cosa fa un amministratore delegato?
«Crea armonia nella squadra, io mi sento un facilitatore. Ascolto tutti: ingegneri, concessionari, piloti, clienti. Do il mio punto di vista sulle cose e poi decido».
Chi sono stati i suoi maestri?
«Alcuni miei ex capi, che a a volte ho anche criticato. A fine anni Ottanta per esempio l’azienda era piccola e in difficoltà, bisognava fare delle scelte, e c’è chi ha avuto il coraggio di farle mescolando bellezza e tecnologia. Diffondendo l’idea che la Ducati avrebbe dovuto sfidare la scienza. Lo abbiamo dimostrato dal primo giorno in cui siamo arrivati nella MotoGp: sul podio alla prima gara, nel 2003. E poi la prima moto con le ali, nel 2009».
Si dice che un pilota dopo aver vinto il titolo entri in un’altra dimensione. Sta succedendo a Bagnaia?
«È un processo continuo di miglioramento, non è uno scatto da un anno a un altro. Passa da errori e lezioni. Lo ha dimostrato Pecco al Sachsenring, “accontentandosi” di un secondo posto. È sempre generoso ma è più consapevole, e ha una squadra dietro capace di assecondarlo».
Abituato a vincere, quanto brucia la sconfitta?
«Brucia sempre. Ma dà la tensione per prepararti meglio. Senza la generosità di Pecco, e senza gli errori, non ci sarebbe stata neanche la capacità di dominare che vediamo ora. È un equilibrio che riescono a trovare soltanto i grandi campioni».
Per Enea Bastianini è stato un debutto sfortunato, si è fatto male subito. Che messaggio le manda, e punterete ancora su di lui nel 2024 con tanti giovani veloci come Martin o Bezzecchi?
«Fiducia piena in Enea e nelle sue prestazioni. L’anno scorso ha vinto quattro gare. È dura restare fuori e ritrovare subito il livello di prima. Nessun cambiamento in vista».
Qual è invece il messaggio che ogni mattina Claudio Domenicali si dà e dà ai suoi uomini guardando il futuro?
«Portare un prodotto italiano sul tetto del mondo. È il motivo per cui entriamo felici in azienda. È una sfida continua in pista e fuori: ci confrontiamo in un mondo difficile, accettando sfide difficili. Come quella della mobilità elettrica, bisogna essere svegli e rapidi. Non si vive di rendita. Godiamoci il momento, con attenzione. Pensando a mantenere competitiva la Ducati nei prossimi quindici anni».