Corriere della Sera, 30 giugno 2023
La folla e il bacio alla ragazza. La resa dei conti dello zar
La giusta e abbondante distanza non esiste più. Nulla come il bagno di folla che Vladimir Putin si è concesso mercoledì sera a Derbent, la città più antica del Daghestan, spiega come anche lui sia stato obbligato a prendere atto dell’esistenza di una nuova situazione. Il presidente è sceso in una piazza, al centro della quale campeggiava una fontana multimediale appena inaugurata e non si è limitato a salutare i sostenitori che lo aspettavano, ma si è mischiato a loro, concedendosi selfie e persino un bacio a una ragazza adorante, Fatima, poi diventata una eroina di ogni telegiornale.
Non accadeva dal marzo del 2020, quando lo zar andò a Ivanovo, trecento chilometri a nordest da Mosca, e fece lo stesso, forse per esorcizzare la paura collettiva del Covid. Prima della pandemia, era una scena piuttosto frequente. In ogni album fotografico a lui dedicato campeggia il famoso bacio dato nel 2006 nei pressi del Cremlino sulla pancia di un bambino al quale aveva sollevato la maglietta. Negli ultimi tre anni, nessun contatto con persone casuali. I rari incontri ravvicinati con il popolo si sono sempre limitati a saluti con la mano fatti da lontano. Quelli che partecipavano a incontri personali con il leader passavano in isolamento non meno di una settimana. Anche i blogger militari, i cosiddetti voenkor, erano stati in quarantena prima di incontrare il presidente lo scorso 13 giugno. Martedì sera, invece, Ramzan Kadyrov ha pubblicato il suo selfie con Putin dopo il loro incontro al Cremlino.
Dopo l’insurrezione militare guidata da Evgenij Prigozhin, è cambiato molto, se non tutto. Questo improvviso riavvicinamento fisico alla sua gente è soltanto un primo passo verso la restaurazione dell’immagine dello zar, uscita scalfita dagli avvenimenti di sabato scorso. Gli applausi e le reciproche pacche sulle spalle di Derbent sembrano una risposta all’acclamazione ricevuta dal capo della Brigata Wagner durante il suo passaggio a Rostov-sul-Don. «Dai mattoni di una sconfitta si sta costruendo un nuovo arco di trionfo», è il commento di Aleksandr Nevzorov, ex deputato della Duma un tempo beniamino del pubblico, ora caduto in disgrazia ed emigrato all’estero.
In un articolo di Anton Troianovskij pubblicato dal New York Times si racconta di come i responsabili delle principali testate giornalistiche del Paese siano stati convocati al Cremlino dopo la rivolta militare, circostanza confermata all’autore da alcuni diretti interessati. È un dettaglio che testimonia delle necessità di imporre nuovamente la narrazione del leader calmo amato dall’intera nazione dopo il fallito ammutinamento. Rispondendo a una domanda sui sondaggi che danno l’opinione pubblica della Russia sempre più favorevole a una fine delle ostilità in Ucraina, ieri Dmitry Peskov, portavoce di Putin, ha tagliato corto. «I dati in nostro possesso mostrano un sostegno dominante all’Operazione militare speciale e al nostro presidente».
La versione di Peskov
«I nostri dati mostrano un sostegno dominante all’Operazione militare speciale e al presidente»
Ma non di sola immagine vivrà questa nuova fase. Ci sono anche alcuni conti da regolare. Poco importa se il generale Sergei Surovikin è stato davvero arrestato o solo interrogato e poi rimesso in libertà. Fine corsa, la sua carriera finisce qui. Non sarà l’unico a subire questa sorte, soprattutto tra gli apparati militari. La parola «purga» viene fornita su un piatto d’argento dalla storia dell’Unione sovietica. Ma gli osservatori più avveduti sostengono che non ci saranno auto nere che prelevano i reprobi nella notte.
Tatiana Stanovaya, politologa, collaboratrice del Carnegie Center sul suo Telegram sostiene che non sarà certo come ai tempi di Stalin. «Non è lo stile di Putin. Per lui sono tutti eroi oppure traditori, e in questo caso vengono puniti in maniera durissima, oppure ancora anime smarrite che vanno perdonate se si sono ravvedute in tempo. Ma ora ci sono altri giocatori in campo che hanno la propria agenda. Ad esempio, Sergei Shoigu, uscito vincitore dai fatti di sabato e sicuramente interessato a reprimere l’opposizione interna».
Sono in molti a pensare che toccherà al ministro della Difesa fare le pulizie di casa, in fondo è stato lo stesso Putin a conferirgli un implicito incarico quando ha citato i contratti in essere di Prigozhin con l’apparato militare. L’altra ragione in base alla quale appaiono più probabili una serie di rimozioni e di declassamenti piuttosto che punizioni draconiane, è che la Russia sta entrando in campagna elettorale. All’inizio di settembre si vota in quasi tutte le regioni del Paese, nel marzo del 2024 ci saranno le presidenziali. Come afferma il politologo Evgenij Minchenko, Putin ha ogni interesse a conservare l’aura del padre buono e comprensivo, per avere un alto livello di sostegno, di legittimità e di affluenza. Se ci saranno purghe, saranno a rilascio lento.