La Stampa, 28 giugno 2023
Parla Alessandra Ghisleri
«Il primo sondaggio lo feci per Gianfranco Funari, che aveva capito il valore della percezione rispetto alla realtà. La domanda da rivolgere agli spettatori di Rete 4 era: come si è alzato stamattina? Poi incontrai Berlusconi e fu la vera svolta». Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research, ieri si è raccontata durante l’evento La Stampa è con voi alle Ogr di Torino al vicedirettore Federico Monga.Come conobbe il Cavaliere?«Lavoravo in un istituto di ricerca e lui si serviva già di grandi esperti, ma dopo aver litigato con Bossi si preparava alla cosiddetta “Grande traversata nel deserto”. A 27 anni un mio capo mi portò di sabato a casa di Berlusconi per un incontro improvviso. Ero vestita casual e mi sentivo in imbarazzo. Non avevo il look berlusconiano, diciamo».Qual è il sondaggio di cui si sente più orgogliosa?«Quello per Berlusconi del 2006 in cui ci siamo concentrati sull’affluenza come elemento fondamentale. Ci si rende conto solo oggi che viene meno di quanto questo argomento sia importante. Lavorare con Berlusconi è stata una grande opportunità perché mi ha permesso di conoscere i più grandi consulenti del mondo di campagne elettorali, marketing e pubblicità. Gente che ha collaborato con Obama, Clinton, i Bush e Blair».Praticamente si viene eletti da una minoranza?«Di fatto un 30% di elettori definisce la maggioranza. All’epoca attraverso alcuni studi con questi colleghi americani avevamo capito quale affluenza fosse necessaria per vincere. Si trattava di una soglia molto alta, l’82%, e il centrodestra doveva portare al volto più gente possibile. Alla fine perse per 24mila voti con un’affluenza dell’81,5%».Ha mai preso una cantonata?«Sì, tante. La peggiore fu nel 2013, perché non colsi i segnali del passaggio di cinque punti dal Pd al M5S. Mi mangiai le mani perché a stare più attenti si poteva rilevare, invece mi sono fatta distrarre dal contorno».Forza Italia durerà?«Per ora ha guadagnato il 2,5% arrivando al 9,5%, certo poi l’emozione per la scomparsa di Berlusconi un po’ scemerà».E a quel punto?«Non ci sono elezioni in vista, ma un dato è allarmante: il 26% degli elettori di Forza Italia pensa che il simbolo scomparirà dalla prossima scheda elettorale. Non è vero, ma è una percezione negativa molto forte. Anche perché agli elettori piace vincere».Come sarà il dopo Berlusconi?«Forza Italia deve trovare una nuova strada con una metodologia per eleggere i corpi dirigenti. Un conto è avere un leader con dei voti di fatto personali, un altro costruire un partito vero. Non è importante solo chi sarà il successore di Berlusconi, ma come verrà scelto».Tajani potrebbe andare?«Sì, perché ha dimostrato di essere molto capace sia all’estero sia in Italia e lavora bene come ministro degli Esteri, giudicato tra i primi tre con Giorgetti. Ma ripeto: non basta trovare un leader, va riformato il partito per raccogliere i voti sulla base di idee precise».Esiste un bacino d’utenza moderato e liberale?«Ci sono diverse possibilità: la nostalgia per Berlusconi, la spinta per un governo moderato e liberale, un nuovo rapporto con l’Europa e quindi la necessità di tessere. Di potenzialità ce ne sono tante: il fondatore di Forza Italia arrivò al 25% e poi allargandosi col Pdl al 33%. Molti di quei voti ora sono arrivati a Fdi».Calenda o Renzi possono ambire all’eredità di Forza Italia?«Negli anni scorsi c’è stato già uno spostamento prima verso la Lega e poi a Fdi. Movimenti sempre e comunque all’interno del centrodestra, mentre Calenda e Renzi ne stanno fuori e la loro litigiosità al momento contrasta con l’idea di un progetto credibile per i moderati».Qual è lo stato del governo Meloni?«Al momento viaggia. Meloni resta sopra il 41% di consensi e il governo al 35%. Dati ottimi, anche perché lei gode di una vera e propria tifoseria che segue con passione i temi che propone».Che problema potrebbe avere?«Qualsiasi incidente che incrini la sua immagine di forza. Il caso Santanchè, per esempio. Il punto delicato è sempre la coerenza rispetto al messaggio dato».Schlein è partita male?«A livello di marketing puro le primarie andavano fatte prima e questo le avrebbe conferito maggiore forza. È molto diversa da Letta o Bonaccini, ma non la vedo così in difficoltà. Ora ha un anno per ricostruire un rapporto con l’elettorato di centrosinistra, allargandolo il più possibile».E i Cinque stelle?«Sono diventati un partito e qualcosa di diverso dall’idea di Grillo e Casaleggio, anche se l’attrazione della radice rimane forte».Ci sarà l’alleanza Pd-M5S?«Non alle Europee, dove non conviene a nessuno. Alle politiche invece diventerebbero competitivi e si potrebbe tornare ai grandi scontri come tra Berlusconi e Prodi, quando ballavano 24mila voti».