la Repubblica, 28 giugno 2023
Alberto Angela incontra il suo eroe: Indiana Jones
Conserverà il cappello che gli ha regalato Harrison Ford. «È stato un dono graditissimo, ma no, non lo metterò nel programma», dice sorridendo Alberto Angela. È tornato un po’ ragazzino incontrando il suo attore preferito a Taormina. «Confesso che volevo conoscerlo da sempre: per chiunque abbia la mia età, si occupi di storia, ami l’avventura, Harrison Ford-Indiana Jones è un simbolo, ha formato generazioni di archeologi».
Mentre nei cinema esce Indiana Jones e il quadrante del destino, il film con cui Ford per la quinta e ultima volta porta sullo schermo il celebre personaggio dell’archeologo, Angela lo ha intervistato per il debutto della nuova trasmissione,Noos,che raccoglie l’eredità diSuperQuark, dal 29 giugno su Rai 1.
Com’è andata col suo idolo?
«Ho incontrato l’uomo e insieme il pianeta Harrison Ford, ha lavorato con i più grandi registi, ha girato film indimenticabili: American graffiti, la saga di Indiana Jones, Blade runner, Il fuggitivo, Witness – Il testimone,
la serieStar wars. Non ha mai vinto l’Oscar, è stato candidato tante volte: chi, più di lui, l’avrebbe meritato? Credo sia uno degli attori che abbia fatto guadagnare di più Hollywood. Al di là di questo, è una persona splendida».
Cosa l’ha colpita?
«Mi ha colpito per la semplicità, come tutti i grandi non si atteggia.
In genere si dice che non bisogna incontrare i propri idoli perché ti deludono sempre un po’, posso dire che in questo caso non è così.
Harrison Ford non solo è una grande star, ma è anche una gran bella persona. Di solito gli attori interpretano un ruolo, io penso che Indiana Jones sia Ford, interpreti sé stesso».
Si emoziona quando ne parla.
«Sì perché mi sono trovato davanti una persona di una disponibilità e di una umanità rare, non dava risposte di circostanza. Allo stesso tempo ho incontrato anche Indiana Jones, un uomo saggio che ha qualcosa da insegnarci e racconta bene il senso della vita».
Lo considera il suo eroe?
«Lo è sempre stato, è un simbolo.
Ha 80 anni e quando è apparso, asciutto, con la sua camminata inconfondibile, mi sembrava avesse almeno dieci anni di meno. I film non gli rendono giustizia, di persona è molto più giovane».
Le ha detto che è un paleontologo?
«No, ma credo che lo staff della Disney gli avesse spiegato chi sono, il mio lavoro. Gli ho promesso che la prossima volta quando verrà a Roma lo porto a visitare le catacombe, e gli faccio scoprire la città sotterranea.
Non farà brutti incontri, gli ho garantito che non ci sarannoserpenti».
Le caratteristiche che le piacciono di Indiana Jones? Lo spirito d’avventura, il coraggio?
«Il lato avventuroso del personaggio. E mi piace molto il fatto che – rispetto a quello che accade – resta sé stesso, non c’è falsità. Ho rivisto in lui cose che mi appartengono, la passione per l’esplorazione, il desiderio di conoscere la storia e di cacciarsi in situazioni complesse.
Ho sempre trovato nei film un linguaggio che conoscevo».
Pensa che siano stati di ispirazione?
«Sicuramente. I viaggi che ho fatto, non comodi, il fascino dell’archeologia, infilarsi nelle grotte, passare le notti in tenda, prendere i piccoli aerei, fanno parte del mio lavoro. Erano esperienze estreme, si scoprivano cose pazzesche. La ricerca è fatica».
Ma Indiana Jones deve sempre difendersi e reagisce. Lei ha mai reagito come lui?
«Per carità. Resta un eroe del grande schermo, faceva scazzottate, si tuffava dalle navi. Ha un suo modo affascinante di scoprire il mondo, io ho il mio modo di fare ricerca, di attraversare i deserti, dalla Mongolia al Sahara, ma senza nemici. La sua è la vera magia del cinema... Non portavo il cappello né il giubbotto di pelle, ma certe camicie sono simili».
Cosa le ha detto del mestiere dell’attore?
«Mi ha spiegato quanto gli abbia dato saggezza e insegnato l’amore per la vita. Con l’età le cose cambiano. La sua filosofia è: “Vivete il presente, ogni singolo istante, e non vivete proiettati nel futuro.
Verrà il bene dopo il male”. Mi piace come la pensa».
Ha una carriera da eroe.
«I personaggi che ha interpretato sono tutti reali, secondo il mio punto di vista. Sono persone che provano a risolvere i problemi, non arrivano lì cinicamente preparate. Affrontano tutte le volte delle sfide. Non è così nella nostra vita?».
Nel suo piccolo, riparte in una Rai completamente cambiata: come vede la situazione?
«Sono stato sempre molto chiaro, nasco nel servizio pubblico e la divulgazione è nel suo dna. Come la scuola, che è di tutti. La conoscenza è come il pane e il tavolo deve essere più lungo possibile, si devono sedere tutti. La Rai resta la sede naturale per un certo tipo di offerta, anche se non è l’unica».
Ma è preoccupato?
«Penso che la divulgazione e la scienza siano un’isola a sé e che in trenta anni sono sempre state in prima serata, con tutte le direzioni. Se le cose dovessero cambiare ci penseremo. Ma sono fiducioso».