Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  giugno 28 Mercoledì calendario

Biografia di Fabio Panetta

Un Paese spesso accusato di improvvisare le mosse in Europa questa volta non ha commesso lo stesso errore. La designazione di Fabio Panetta alla guida della Banca d’Italia, con quattro mesi prima della scadenza del mandato di Ignazio Visco, ottiene un doppio obiettivo. Con la decisione di ieri in Consiglio dei ministri, a Roma si previene sul nascere il rischio mesi di speculazioni sulla successione in Via Nazionale. In parallelo, il governo guadagna tempo per gestire una delle partite oggi più delicate nell’area euro: la successione di Panetta stesso nel comitato esecutivo a sei della Banca centrale europea.
Quello, al fianco di Christine Lagarde, è il posto che Panetta stesso lascia per tornare nel palazzo bianco di fine ‘800 dove si è svolta quasi tutta la sua carriera. Il quasi certo futuro governatore – manca un’approvazione del Quirinale praticamente scontata – entra in Banca d’Italia nel 1985 a 26 anni (oggi ne ha 63). In quel momento ha una laurea alla Luiss e un master in Economia monetaria alla London School of Economics, al quale seguirà pochi anni dopo un dottorato in Economia e finanza alla London Business School. Al suo attivo Panetta ha parecchi paper accademici per l’American Economic Review, per il Journal of Finance e molte delle principali riviste internazionali, ma è lontano dal profilo algido e distaccato che a volte hanno degli economisti quelli che li conoscono poco.
Panetta è un banchiere centrale sì, ma a sangue caldo.
Ha forti convinzioni di politica monetaria o di vigilanza e gestione delle crisi bancarie. E non soffre di timidezza nel renderle chiare ai suoi interlocutori, anche nei negoziati europei. A Roma o a Francoforte, dove opera dal 2020 con l’uscita di Mario Draghi dalla Bce, nessuno l’ha mai accusato di aver rinunciato a una battaglia di politica monetaria o finanziaria per amore del quieto vivere.
Per la prima volta si fa notare giovanissimo, negli anni ‘80, per un episodio fortuito solo apparentemente. Uomo da poche ore di sonno, è già in Banca d’Italia prestissimo al mattino quando il governatore Carlo Azeglio Ciampi cerca qualcuno nei servizi per risolvere un certo dubbio. A quell’ora trova solo Panetta, risolve con lui e si appunta mentalmente quel nome. Non tutti i compiti più avanti nella carriera sarebbero stati altrettanto semplici. Panetta è assistente dell’allora governatore della Banca d’Italia Mario Draghi per i vertici a Francoforte nel pieno della crisi dell’euro: è in Banca d’Italia che si forma l’embrione di idea che poi avrebbe preso forma con il celebre «whatever it takes» del 2012, con Draghi alla testa della Bce.
Ma gli anni professionalmente più duri per Panetta sarebbero stati i successivi, quando gestisce per Via Nazionale i dissesti delle banche. Bruxelles interdice con un diktat di Margrethe Vestager il sistema italiano di gestione delle crisi con il Fondo di assicurazione dei depositi. Quella decisione della commissaria alla Concorrenza sarà bocciata in tutti i gradi di giudizio dalla Corte di giustizia europea. Ma ciò solo dopo un durissimo credit crunch nel Paese e gravi perdite per i risparmiatori (uno si toglierà la vita): per paradosso oggi Vestager stessa – responsabile di quella scelta – è candidata alla guida della Banca europea degli investimenti, senza aver mai gestito organismi finanziari un solo giorno in carriera.
Alla Bce poi Panetta sarà decisivo nel disegnare la reazione alla pandemia, con il piano straordinario di acquisti, dopo la gaffe della presidente Christine Lagarde che aveva fatto esplodere lo spread italiano. Ora in Banca d’Italia lo aspetta il rinnovamento di un’istituzione che ha sempre dato classe dirigente al Paese ma, come le consorelle europee, con l’euro deve riorientare la sua missione. La premier Giorgia Meloni aveva chiesto inutilmente a Panetta di essere ministro (tecnico) dell’Economia nel suo governo: invito declinato. Ciò non impedirà a Banca d’Italia di consigliare il governo in materie di interesse di entrambi (il negoziato sul Patto di stabilità europeo), senza però confondere i ruoli. E insieme Palazzo Chigi, Tesoro e Palazzo Koch lavoreranno perché sia italiano anche il nome al posto di Panetta in Bce: dove Lagarde avrebbe fatto capire – benché non sia lei a dover scegliere – che preferirebbe una donna.