il Giornale, 27 giugno 2023
Biografia di Marcello Fiasconaro
Perdere la testa per un record. È successo proprio a noi cinquant’anni fa quando Marcello Fiasconaro ci fece saltare, fino a sbattere sul tetto dell’angusta tribuna stampa dell’Arena milanese, mentre toglieva il primato del mondo degli 800 metri a tre giganti come Snell, Doubell e Wottle. Felicità con la presunzione di averlo predetto quel primato, 1’437, quattro decimi meno del neozelandese a Christchurch, dell’australiano al Messico, dell’americano col cappellino ad Eugene.
La bellezza della corsa che faceva una rivoluzione portando sul doppio giro di pista il rugbista quattrocentista di Città del Capo, scoperto dal discobolo italiano Rado, il figlio del maestro di musica siciliano Gregorio, imprigionato dagli inglesi, sposatosi in Sudafrica dove ha insegnato e diretto concerti ed una scuola.
Marcello e la sua scoperta dell’Italia nel 1971, Notturna dell’Arena, l’avvenimento che riempiva antiche tribune e che ora è stato dimenticato. Era furore, era bello nella corsa, curioso nella vita anche se al primo impatto scoprì pure la truffa nel gioco delle tre carte.
Era genuinità dell’altro mondo e quando lo portarono agli europei di Helsinki, tormentandolo sulla tattica in corsa, dicendogli che doveva fare attenzione al polacco Warner, si trovò beffato sul traguardo dallo scozzese Jenkins partito fortissimo. La sua frazione sotto i 45 per la staffetta 4x400, il sogno di tutti per l’Olimpiade a Monaco l’anno dopo. Non avevamo fatto i conti con i tendini che erano diventati tormento e la stagione divenne aceto.
L’anno dopo la Gazzetta decise di mandarci in Sudafrica per capire, per sapere. Città del Capo. Sole brutale, ma, per fortuna, anche il dolce abbraccio di Sergio Ottolina, un grande in pista, primatista europeo, leone nella velocità, masnadiero nei raduni dove con lui scoprivi la fantasia anche se non tutti accettavano, emigrato per passione della corsa, ma anche dei vini che insegnava a produrre proprio nella terra di Marcello. Il caro Sergio che ci ha lasciato da poco, i suoi impacchi, preparati dalla compagna di allora, per renderci almeno presentabili alla festa dove eravamo stati invitati. Tanti abbracci, risate, troppi brindisi. Fra una bevuta e l’altra Fiasconaro promise che sarebbe tornato più forte di prima.
C’era a Milano il confronto con la Cecoslovacchia, niente di speciale, anche se loro avevano Plachy per gli 800 dove finalmente era stato indirizzato il campione. Marcello preparò l’assalto al campo di Marte fiorentino. Ci infilammo di nascosto nel gruppo che lo accompagnava per l’ultima sgambata prima di andare a Milano. Pista in tennisolite, il professor Vittori, l’uomo che ha portato Mennea al record mondiale, all’oro olimpico, un grande maestro per generazioni importanti, che chiedeva a Marcello di provare la curva e poi il rettilineo senza forzare. Quando il professore ascolano saltò giù dalle tribune e cominciò a misurare la falcata sulle impronte lasciate in pista dai chiodi fu il suo sguardo al cielo, a chi poteva capirlo a vedere quel record. Nessuna parola, le tracce cancellate in fretta. Lui aveva capito.
Due giorni dopo ecco il capolavoro di Fiasconaro ricordato con gli altri primatisti mondiali, nella lapide che ora nessuno pulisce all’esterno dello stadio, la pista dove sugli 800 il tedesco Harbig si scontrava in duelli epici con il caro Lanzi, il terribile Rudolf che il 15 luglio 1939 in quell’Arena fece il record mondiale (1’466) che il belga Moens gli prese all’inizio d’agosto ad Oslo andando sotto il muro degli 1’ e 46.
Una galoppata che portava al delirio perché vedere quel ragazzone di 1 e 85 portare così leggermente il suoi 74 chili al passaggio sui 400 in 512 faceva già sognare e il finale in 525 per il nuovo record mondiale fece esplodere le tribune. Bernoccolo accarezzato per tanto tempo perché poi arrivò proprio la coppa Europa di Oslo, la coppa che domenica abbiamo sollevato in Polonia, la prova del nove per chi dubitava del record, cominciando dal russo Arzhanov. Giornata nera. Lo starter squalificò Fiasconaro per falsa partenza. Sugli 800! Quello fu il secondo bernoccolo, un colpo alla vetrata della tribuna stampa mentre il commissario tecnico Bruno Cacchi, marito e allenatore della Pigni, invadeva la pista.
Fine di tutto. Mentre passavamo a Il Giornale lasciando la Gazzetta arrivò anche il tramonto del campione spodestato da Juantorena 3 anni dopo a Montreal. Sconfitta agli europei di Roma dopo un passaggio ai 400 che faceva pensare ad un’altra impresa. Sesto posto. Fine della corsa sulle piste, il rugby con Bollesan e il Cus Milano Concordia nella polisportiva nata con il progetto Milan. Fiasconaro che guida la corsa dei compagni rugbisti in corso Buenos Aires, i suoi dolori, la perdita del figlio appena nato, il ritorno in Sudafrica da dove è tornato molte volte, una anche per diventare cavaliere della Repubblica.