il Fatto Quotidiano, 26 giugno 2023
Biografia di Paola Agosti
Come Pablo Neruda può davvero dire: “Confesso che ho vissuto”. D’altronde il riferimento al libro del grande poeta cileno non è casuale, visto che una delle fotografie più belle e più famose scattate da Paola Agosti riguarda Salvador Allende. È ripreso a Valparaiso mentre gioca col suo cane, nel 1970. Cioè tre anni prima che il presidente del Cile morisse difendendo il suo Paese e la democrazia dagli assalti dei golpisti del bieco generale Augusto Pinochet. L’immagine di Allende è una delle tante straordinarie testimonianze dell’av v e n tu ra umana, artistica e politica dell’Agosti, nata a Torino nel 1947. Figlia di Giorgio Agosti, esponente di spicco del Partito d’Azione e della Resistenza, e di Nini Castellani, raffinata tra duttrice letteraria, e cresciuta nella Torino che, accanto a suo padre e a sua madre, vedeva tra i protagonisti Franco Antonicelli, Norberto Bobbio, Giulio Einaudi, Sandro Galante Garrone, Primo Levi, Massimo Mila, Franco Venturi, la fotografa ha pubblicato da poco un volume degno di nota. S’intitola Il lungo viaggio di una fotografa (edito da Postcart). È un viaggio di oltre mezzo secolo nel Novecento del mondo, dal Nord al Sud, fatto di speranze di rinnovamento sociale e di illusioni perdute, di vittorie e di sconfitte, di rivoluzioni e di colpi di Stato, di Terzo Mondo e di imperialismo americano e sovietico. Un viaggio che si incarna nella sua fotocamera, nei suoi ritratti, con cui ha narrato le battaglie delle donne per i diritti e gli scampoli della beat generation, la Cuba di Fidel Castro e del “C he” Guevara, il Cile di Allende e la rivoluzione dei garofani in Portogallo. E poi Arafat, l’avvocato Gianni Agnelli, Enrico Berlinguer e Giancarlo Pajetta, Santiago Carrillo e Gheddafi, Indira Gandhi, George Marchais e i leader tetri dell’Europa del “socialismo reale” d’oltrecortina che schiacciava il socialismo dal volto umano a Praga. Fino all’Italia ribelle del 1968 e dell’Autunno Caldo operaio, della redazione di Noi Donne, dei ghetti di Torino o Milano per gli immigrati dal Mezzogiorno, delle lavoratrici della Fiat e delle recluse di Rebibbia, ma anche quell’Italia sopravvissuta dei “vinti” montanari e contadini di Nuto Revelli. L’Agosti, infatti, accompagnò più volte Nuto nelle interviste fatte ai “vinti” nelle vallate cuneesi, documentando insieme a Revelli quel mondo schiacciato dalle guerre e dalla povertà, dall’industrializzazione selvaggia, con le sue immagini in bianco e nero. Un “come eravamo”, questo di Paola Agosti, che è molto di più di un libro assai seducente di splendide fotografie del secolo breve. È un percorso pulsante di grande storia, di memorie e di sogni di generazioni non sottomesse, di volti che ci sono stati vicini: dei nostri volti. Donne e uomini che volevano cambiare la vita e il mondo, proprio come scriveva Arthur Rimbaud prima di abbandonare la poesia e di mettersi a fare il trafficante di armi in Africa. I ritratti della fotografa torinese, i suoi reportage, fissano nella carta e nei ricordi l’ul – timo grande “assalto al cielo”. L’auspicio è che, scorrendo il suo libro, altre donne e altri uomini riprovino a cercare “Sous les pavés, la p l a ge”, sotto il pavé la spiaggia, come si diceva nella Parigi del maggio ’68.
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