il Giornale, 26 giugno 2023
Troppi ragazzini abbandonano la scuola
Nell’anno scolastico 2020/2021, ben 3130 bambini appena iscritti alla scuola media inferiore sono spariti dai radar del circuito scolastico obbligatorio. Nell’anno successivo va peggio: i piccoli fantasmi sono stati 4197 di cui 1356 nel Sud e isole. In due anni 7327 alunni hanno abbandonato il sistema scolastico prima di prendere la licenza media, 2357 vivono al Sud. Questi bambini avrebbero dovuto finire almeno il triennio per imparare a leggere in modo scorrevole, a scrivere senza troppi errori di ortografia. Invece, specie al Sud, per alcuni ragazzini la scuola è diventata un optional. Non è consolatorio pensare che per 5046 ragazzini di quattordici anni la scuola è finita dopo l’esame di terza media. Nonostante sia obbligatorio continuare almeno per altri due anni la formazione minima richiesta dalla legge. Al Sud rimarranno semi analfabeti ben 1907 ragazzini, più che raddoppiati rispetto all’intero Nord est che si ferma a quota 733. La Campania vanta il triste primato di 770 abbandoni, 563 in Sicilia. Ma se il fenomeno investe anche il Nord ovest (1500) e il Centro (898) le (...)
(...) motivazioni sono diverse. In Settentrione incide la presenza dei nuclei familiari stranieri. «Mentre al Nord l’abbandono scolastico è probabilmente legato alla mobilità delle famiglie straniere che si trasferiscono da uno Stato all’altro anche durante l’anno scolastico, nel Mezzogiorno esiste una reale evasione d’istruzione, cioè i numeri corrispondono ad un vero abbandono. E purtroppo anche alle elementari ci sono bambini che spariscono dal sistema» ammette Carmela Palumbo, Capo dipartimento del ministero dell’Istruzione e del Merito.
ABBANDONO
Tecnicamente lo chiamano abbandono ma nella sostanza è un dramma che coinvolge minori e famiglie ed è una sonora sconfitta dello Stato. Paradossalmente, nonostante si chiami scuola dell’obbligo, non si può obbligare nessuno ad andare a scuola. Esiste solo un vetusto articolo del codice penale, l’articolo 731, che prevede l’ammenda di 30 euro per il reato di inosservanza dell’obbligo di istruzione elementare dei minori. In teoria, le scuole possono fare ricorso ai carabinieri, poi al Tribunale dei minori, agli assistenti sociali. Un iter lunghissimo e accidentato che produce un esborso minore di una contravvenzione per sosta vietata. Più efficace è l’intervento degli educatori, che possono fare la differenza. Un bell’esempio ci arriva da Antonella di Bartolo, dirigente dell’Istituto comprensivo Sperone Pertini, a Palermo, 1200 alunni dai 3 ai 14 anni. «Io l’ho studiata sui libri la dispersione scolastica racconta - perché prima insegnavo in un liceo. Nel 2013 sono arrivata in questa scuola e a scorrere i dati pensavo ci fosse un errore di calcolo: mancava il 27% dei bambini iscritti, una cosa non degna di un Paese civile». Ma Antonella non ha allargato le braccia in segno di resa, si è rimboccata le maniche. E in dieci anni la dispersione si è ridotta al 3%. «È sempre alta, ma punto ad azzerarla». La sua formula magica? Tanta pazienza, persuasione e dedizione. «Ho responsabilizzato gli insegnanti dicendo loro che di fronte ad un’assenza prolungata anche di qualche giorno bisognava telefonare ai genitori e non girarsi dall’altra parte facendo spallucce. La non scuola è un diritto negato ad un bambino. Ma dietro ogni assenza ingiustificata, c’è una situazione familiare fragile ammette la dirigente -. C’erano genitori che non riconoscevano la scuola né come diritto né come opportunità. Era solo un obbligo a cui sottrarsi prima possibile soprattutto se i figli erano già alle medie». Antonella ha passato molte ore extrascolastiche in tribunale: «Una volta la settimana ero convocata come teste contro l’evasione scolastica di un bambino. E i genitori dell’alunno assente non si presentavano neppure alle udienze». I figli diventano strumenti utili a sbarcare il lunario. «Un bambino aiutava il padre a infornare il pane, un altro vendeva frutta sui carretti al mercato. Una bambina di nove anni, era relegata a casa per badare ai fratellini minori o a fare i mestieri come piccole casalinghe». Un opaco futuro già ben delineato.
«Purtroppo non esistono sanzioni neppure per la scuola media aggiunge Alfio Russo, presidente provinciale di Agrigento dell’Anp . Per ogni studente che non si presenta c’è un iter lunghissimo da seguire e le nostre segnalazione al Comune restano lettera morta». Ma tra i tanti perché dell’abbandono, ci sono risposte che arrivano proprio dai ragazzini. In un sondaggio effettuato in una scuola media del Sud i dodicenni intervistati spiegano di vivere spesso di «ansia da prestazione». Ma aggiungono che le rispettive famiglie non sono interessate ai loro traguardi scolastici, anche perché vivono un grave disagio socio-economico. Non trascurabile anche la «difficile relazione con gli insegnanti» che probabilmente dà il colpo di grazia al già traballante impegno scolastico.
DIPLOMA UN MIRAGGIO
Se
si scorrono i dati delle superiori nell’anno 2021/2022, la situazione non migliora. Si scopre che circa 67mila ragazzi hanno abbandonato o in corso d’anno o hanno rinunciato al diploma per affrontare in modo zoppicante il mondo del lavoro. Ben 25.019 ragazzi vivono al Sud, 9113 in Campania, 6297 in Sicilia, 4127 in Puglia. L’Invalsi aggiunge che quasi uno studente su quattro abbandona la scuola o la termina senza acquisire le competenze di base minime. In pratica, il 23% dei giovani della fascia d’età 18-24 anni ha rinunciato al traguardo dell’esame di Stato, oppure ha terminato il ciclo di studi, male, impreparato, non ha acquisito le competenze di base minime, soprattutto in italiano e in matematica. L’inglese poi è stentato, il livello è quello che ci si aspetta dai bambini delle elementari. Laura Tringali, preside dell’alberghiero Antonello a Messina con circa 900 ragazzi, spiega che dopo il Covid l’abbandono nel suo istituto ha raggiunto il 40%. Cioè 4 su 10 lasciavano. Alcune motivazioni: «Si sono completamente disabituati alla socialità. Poi una scuola di periferia a rischio, abbiamo ragazzi stranieri arrivati in Italia con i barconi. Ma anche gli italiani vivono un disagio sociale profondo racconta la preside -. Provengono da famiglie di umili origini o legate alla criminalità, sono sprovvisti di supporto psicologico e culturale. I figli o devono lavorare per aiutare la famiglia o sono fragili e hanno un indice basso di autostima: un brutto voto per loro è una sconfitta. A 14 anni trovano molte difficoltà ad inserirsi alle superiori e ben venga lo psicologo nelle scuole. Servirà moltissimo per contrastare la fragilità giovanile e la mancata genitorialità».
Alfio Russo, racconta la sua esperienza da dirigente dell’unico istituto di secondo grado di Lampedusa: «L’indice di abbandono è del 20% che è un grosso limite nella crescita delle nuove generazioni. I ragazzi appartengono a ceti svantaggiati, scartano la scuola per non fare nulla in inverno e svolgere qualche lavoretto in estate negli hotel, ristoranti, spiagge. Ma quando i giovanissimi assaporano il gusto dei soldi e dell’indipendenza, ancora meno trovano ragione per continuare a studiare. E purtroppo se circolano soldi in ambienti piccoli e con stimoli culturali ridotti, i giovani trovano facile terreno per dipendenze di vario tipo».
IMPREPARATI
Accanto
alla dispersione «esplicita» spunta anche l’aspetto subdolo della dispersione «implicita» che Invalsi definisce «un’emergenza nazionale». In Italia il 9,5% degli studenti termina le scuole medie superiori con competenze di base «fortemente inadeguate». E se questa impreparazione, vale il 2,6% al Nord, al Centro cresce all’8,8%, per salire al 14,8 nel Mezzogiorno. Le peggiori: Calabria (22,4%); Campania (20%); Sicilia (16,5%); Puglia (16,2%), Sardegna (15,2%) Basilicata (10,2%). Il background socioeconomico impatta sia sulle motivazioni allo studio sia sulle ambizioni educative e occupazionali. Va da sé che l’origine sociale è in grado di orientare il percorso formativo scelto dai giovani.
QUALCHE SPIRAGLIO
L’Istat
ci dice però che nel 2022 c’è stata una lieve inversione di tendenza. Il percorso formativo si è interrotto con la licenza media per l’11,5% dei giovani. Migliora anche la percentuale di giovani «nullafacenti», i Neet, che cioè non vanno più a scuola ma non hanno neppure un lavoro anche precario su cui contare. Sul totale dei 15-29enni, la quota di Neet è pari al 19,0% (due anni prima era oltre il 23%). Ma sette regioni hanno valori superiori al 20% (Sicilia 32,4%, Campania 29,7%, Calabria 28,2%, Puglia 26,0%, Sardegna 21,4%, Molise 20,9%, Basilicata 20,6%).