Corriere della Sera, 25 giugno 2023
La marcia vista da David Petraeus
«È sconcertante, una volta che si inizia una impresa simile, verrebbe da pensare che sia irrevocabile, qualcosa da cui non puoi ritirarti. Ma forse Prigozhin ha trovato una via d’uscita». Abbiamo seguito i momenti in cui il gruppo Wagner ha fermato l’avanzata su Mosca al telefono con il generale David Petraeus, ex capo della Cia.
Generale Petraeus, come legge questa notizia?
«Ricordate la vecchia frase (di Napoleone, ndr): se inizi a prendere Vienna, prendila? Qui credo che le avanguardie del gruppo fossero a 60-90 minuti di distanza. Non l’intera forza, meno di 5.000, ma stavo tenendo d’occhio le reazioni di tutte le forze di sicurezza per vedere se restavano fedeli a Putin: l’esercito, l’aviazione, le forze speciali, la guardia nazionale Rosgvardiya, l’Fsb, le forze del ministero dell’Interno, del Cremlino e i ceceni, insomma l’insieme di elementi controllati dai siloviki, i leader dell’establishment della sicurezza. Se alcuni di loro avessero appoggiato il gruppo Wagner, si sarebbe scatenata una vera guerra civile. Ora la situazione è molto confusa. Ma potrebbe essere che Prigozhin si è spaventato e si è reso conto che aveva costretto Putin a dirigere tutte le forze contro di lui. In passato è stato molto attento a non criticare mai Putin direttamente, si è sempre scagliato contro Shoigu, Gerasimov e gli oligarchi, ma stavolta ha minacciato Putin. Si stava giocando tutto ma sembra che abbia esitato».
Quali conseguenze avrà tutto ciò sulla guerra?
«È chiaro che questa è una grossa distrazione per le forze russe. La mia speranza è che sia una distrazione tale che nel distretto militare sud che comanda le forze per le province nelle quali avviene la controffensiva possa crearsi un’opportunità. Quindi stavo guardando con attenzione quello che succede a Bakhmut, al confine con Donetsk e a Zaporizhzhia e in altre aree in cui gli ucraini hanno condotto attacchi per sondare le condizioni per un possibile impegno più massiccio. Ma non ho visto finora nulla di sostanziale».
Pensa che Prigozhin possa aver ricevuto aiuto da Kiev? E cosa sapevano la Cia e il Pentagono?
«Io penso che la stessa Wagner si sia impegnata in quest’azione solo 48 ore prima. Finora la tendenza di Prigozhin era di mantenere autonomia ma anche ottenere ulteriori risorse. Ed è solo quando Shoigu ha annunciato che tutte le forze irregolari avrebbero dovuto firmare contratti con il ministero della Difesa che Prigozhin si è sentito di forzare la mano. Secondo me sperava di evitarlo. Ma la scadenza era vicina, a fine mese, e allora si è imbarcato in quest’impresa. Ritengo improbabile che gli ucraini stiano lavorando con una persona che è stata così brutale, e che non vuole porre fine alla guerra».
Anche gli americani sarebbero così cauti prima di lavorare con lui?
«Penso di sì. Abbiamo anche combattuto le loro forze in Siria e ucciso quasi 100 di loro nel Nord-Est».
Putin potrà ancora usare Wagner nel mondo?
«Nel mondo hanno provato di essere per Putin insostituibili. Penso che Prigozhin abbia ancora leve di influenza. In futuro le sue forze potrebbero essere più concentrate fuori dalla madrepatria che, nella definizione russa, include le province sudorientali dell’Ucraina e la Crimea».
A Washington alcuni si chiedono quanto tempo abbia Putin...
«Può restare vivo a lungo, ma la domanda è dove e quanto potere avrebbe. Si dice che sia scappato a San Pietroburgo in un bunker, come pure che Prigozhin fosse in bunker a Rostov. Ma se trovano una soluzione negoziata, se Putin lo perdona e lo riammette nell’ovile, non so se l’impatto sul campo di battaglia sarà significativo».