Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  giugno 25 Domenica calendario

Brevi cenni alla Rivoluzione d’ottobre

Ho avuto un incubo, come spesso succede. Ho sognato che dovevo ripetere l’esame di maturità e che dovevo commentare la frase di Vladimir Putin: «È come nel 1917, siamo stati pugnalati alle spalle dai traditori della patria»; ci provavo, ma ogni volta mi bocciavano. Allora chiamavo ChatGPT e domandavo: «Dimmi, in poche parole, chi ha pugnalato chi nel 1917. E perché», ma anche Chat si confondeva… Sempre nell’incubo, cercavo lumi da Berlusconi, dal professor Orsini, dal professor Canfora, ma… niente.Incubi a parte, il problema rimane. Cosa ha voluto dire Putin? Un’interpretazione semplice allude al fatto che nell’ottobre 1917 Lenin prese il potere e subito firmò la fine della guerra con Austria e Germania che erano arrivate a pochi chilometri da Pietrogrado. Quella scelta è considerata dagli storici come l’inizio – radioso – del comunismo internazionale nel famoso “secolo breve”, e su quell’episodio si basa la mitologia del leninismo. È vero che così facendo la Russia, già degli zar Romanov, rinunciò a un’enorme estensione di terra e di ricchezze naturali (Polonia e Ucraina, per esempio), ma, suvvia, era un prezzo da pagare pur di avere la pace, davanti alla miseria crescente e alla dissoluzione del più potente esercito del mondo (e infatti neanche gli zaristi di allora protestarono più di tanto; e d’altra parte, nel 1918 Austria e Germania persero comunque la guerra).Ma Putin ha dei circuiti di memoria molto particolari, che ha affinato nei suoi ultimi anni di meditazione, e si identifica con gli zar di cui si sente la reincarnazione. Per cui, semplicemente, interpreta il suo killer preferito, Evgenij Prigozhin (il capo della spaventosa brigata Wagner, comunemente indicato come il suo cuoco, che ora si è ribellato a lui) con il vecchio bolscevico che riposa mummificato al Cremlino, per cui Il nonno paterno, Spiridon Ivanovi? Putin (1879-1965), lavorò come cuoco in una dacia (gli chef governeranno il mondo, altro che le cuoche, come diceva Lenin). Prigozhin è la reincarnazione di Lenin, tutto è chiaro.Forse, più che di geopolitici, qui c’è bisogno di strizzacervelli, ma di quelli buoni. Anche tenendo conto che, nel mondo (e naturalmente in Italia) Putin gode di fama di uomo di equilibrio, amante della pace, che necessita in primo luogo di “rispetto”.Però, come succede spesso in psichiatria, anche Putin, a proposito del 1917 che lo ossessiona, dice brandelli di verità. Per esempio, che la “rivoluzione di ottobre”, così come ci è stata raccontata, non è mai avvenuta e che Lenin aveva buoni rapporti finanziari con la Germania. Andando con ordine; la Russia è in guerra da tre anni, quando nel febbraio una fantastica rivoluzione pacifica costringe lo zar ad abdicare per fare spazio a un “governo provvisorio”, presieduto dal facondo avvocato Alexander Kerensky, a nome dei socialisti rivoluzionari, molto forti nelle immense campagne.Ad aprile, però, Lenin arriva (addirittura su un treno blindato partito da Zurigo) alla stazione Finlandia di Pietrogrado – clandestino, ma ben finanziato – a prendere la guida del piccolo partito bolscevico e si organizza, insieme a Trotzky che lo supera in carisma e capacità militari. Pietrogrado è piena di sfollati, disertori, sbandati, feriti, le truppe tedesche non sono distanti, Kerensky tenta una controffensiva. Ed ecco che, approfittando della situazione, un gruppetto di arditi entra, da una porta laterale, del famoso “Palazzo d’Inverno” degli zar, sede del governo provvisorio, e ne prende possesso facilmente, perché il palazzo è vuoto.Ma Lenin e soprattutto Trotszky hanno un gran talento per il teatro, e si inventano subito un’altra versione, più romantica: c’è stato uno sciopero generale, agli operai si sono uniti i soldati e tutti insieme hanno dato l’assalto – sfidando la mitraglia – al Palazzo. Pochi i testimoni, tra cui, de relato, il romantico giornalista americano John Reed, che si incarica di dare la notizia dei “dieci giorni che sconvolsero il mondo”. Era una fake news, ma a fin di bene e, peraltro, i bolscevichi erano i più simpatici sulla piazza. Dieci anni dopo, Stalin ordinò di farne un film, quello “Ottobre” che tutti ricordano, la grande metafora del popolo contro il Palazzo.Un mito che durò a lungo: pensate per esempio all’assalto al Campidoglio di Washington, appena due anni fa, con le folle aizzate da Donald Trump. Erano le stesse scene… il popolo nelle grandi sale, tra marmi, obelischi, quadri, inneggianti a una setta che si chiamava “QAnon”. Ebbe, il consigliere politico di Trump, un certo Steve Bannon, disse che l’azione si era ispirata al “leninismo"… E per un pelo non aveva avuto successo.Come finirà questa volta, nessuno davvero lo sa. Le colonne Wagner hanno interrotto la marcia, un magazzino nucleare si dice sia in loro possesso, l’esercito è ambiguo, gli oligarchi anche, Prigozhin-Frankenstein sia dice abbia stretto patti segreti con Lukashenko per rallentare la sua marcia su Mosca, Putin che si non si capisce bene dove sia e che cosà farà.Ma ora basta con gli incubi, ci sono anche l fiabe. E allegra è la storia che toccò a Aleksandr Fëdorovi? Kerenskij, il facondo avvocato che fu, anche se per brevissimo tempo, il primo presidente della Russia. Nel famoso 1917 riuscì a fuggire da Pietrogrado camuffato da marinaio, vagò in Francia e finalmente trovò asilo negli Stati Uniti; qui divenne professore di storia della rivoluzione russa all’università di Stanford, carica che resse fino alla morte, nel 1970. Gli studenti non parteggiavano per lui, ma lui li promuoveva ugualmente; non serbava rancore.C’è un futuro anche per Putin? C’è un Sanremo che lo aspetta.