il Giornale, 25 giugno 2023
La storia del mondo in base ai colori
È possibile raccontare «Una storia culturale in sette tonalità»? Lo fa James Fox, professore di Storia dell’Arte a Cambridge, nel suo Il mondo dei colori (Bollati Boringhieri, pagg. 354, euro 28). Però - dice - osservare l’umanità e le civiltà attraverso il prisma di nero, bianco, rosso, giallo, verde, viola e blu «è stato veramente complicato: mi è costato otto anni di lavoro...». Perché è così difficile? «Credevo di poter raccontare direttamente i sette colori e la loro influenza nella storia, ma il colore è uno di quegli argomenti potenzialmente infiniti, perché riguarda a sua volta molti altri soggetti e discipline. È una storia culturale ma tocca tutto: arte, musica, filosofia, religione, biologia, geologia, chimica, fisica e scienza, dal Big Bang fino alle crisi politiche e ambientali che affrontiamo oggi». Il colore è così importante nella storia? «È fondamentale. È un aspetto cruciale del mondo e del paesaggio emozionale in cui viviamo e delle nostre attività culturali, fin da quando siamo apparsi su questo pianeta. Poiché abbiamo usato il colore in un modo così universale che riflette le nostre aspirazioni, preoccupazioni e priorità come società umana, esso ci dice qualcosa del nostro atteggiamento nei confronti della vita e della morte, di Dio e della religione, della guerra e della pace, della società, dei progressi scientifici». Ma che cos’è il colore? «È una entità complessa, con tante sfaccettature: una proprietà fisica, un processo all’interno del cervello, uno strumento usato dagli artisti, uno stratagemma per gli animali e le piante... Ma è soprattutto un linguaggio: un simbolo che usiamo da centinaia di migliaia di anni per comunicare. Ed è perfino più potente del linguaggio stesso». Esiste un colore del potere, o del sesso? «Da sempre i colori sono stati collegati a certe idee forti, e il rosso è stato usato per millenni come simbolo del potere: la forza, il sangue, e quindi relazioni di potere fondamentali e maschere e oggetti magici... Il rosso è anche associato al sesso e alle emozioni, a tutta l’esperienza umana: è il più umano dei colori, in questo senso». Il colore per eccellenza? «In molte culture, rosso è la parola per colore. È stato usato simbolicamente e in grandi quantità già in epoca primitiva, è presente nel 95 per cento delle pitture rupestri. Forse è il colore più importante per la cultura umana nel mondo». Ci sono civiltà più legate al rosso? «Quelle mesoamericane, dove era connesso al sole, al sangue, al divino e ai sacrifici; e la Cina, dove è sempre stato ritenuto il colore della felicità e della fortuna». Chi ha creato queste connessioni? «Soprattutto l’arte. Prima che le tinte fossero accessibili attraverso l’industrializzazione e la produzione chimica di massa, erano fatte dagli artisti: Maria Vergine in blu, i santi con l’aureola dorata, le moschee islamiche in verde...». Perché il nero è la pecora nera dei colori? «A lungo non è stato considerato nemmeno un colore. È stato denigrato e attaccato universalmente, eppure è bellissimo, ricco e generoso... Negli ultimi 150 anni però si è capito che è un colore utile ed elegante, tanto da diventare dominante nella moda e nel design. Forse visivamente è il più grandioso dei colori». C’è un colore per ogni civiltà? «Non credo si possa legare un singolo colore a una civiltà. Però se penso all’antica Roma penso al viola, l’India rimanda al giallo e all’arancio, la Cina al rosso, il mondo islamico al verde, il colore del Paradiso nel Corano, il cattolicesimo al blu e l’Italia, in particolare, al blu oltremare, che raggiunse l’apice con gli artisti italiani di fine Medioevo, Rinascimento e Barocco». Il giallo è il colore del divino o dell’umiliazione? «Ha connotazioni contraddittorie: in India e in Cina è legato all’oro, alla divinità e al Sole, al sacro e all’ascetismo, ai fiori e allo zafferano; ma in Occidente e in Medio Oriente è associato anche a cose spiacevoli, l’urina, la bile, lo sporco, i rifiuti... Ed è stato usato per stigmatizzare certi gruppi all’interno della società: gli ebrei, le prostitute, gli eretici. Giotto dipinge di giallo i vestiti di Giuda». Il blu è il colore più amato? «Sì. I sondaggi dicono che è il colore preferito in tutti i Paesi. E lo merita: è bellissimo, ed è molto importante nella storia dell’arte. Anche se non esiste prima del Medioevo, perché non ci sono molte cose blu in natura: sono gli alchimisti italiani a creare il blu oltremare, un colore meraviglioso, che troviamo da Tiziano e Giovanni Bellini fino a Kandinskij e Yves Klein». Il bianco è la nostra ossessione? «Credo di sì: in Occidente il bianco non è un colore, è una ideologia, una aspirazione e governa l’ossessione religiosa per la purezza, oltre a quelle per l’igiene e la pulizia. Anche l’ossessione europea per il marmo, che è arrivato a simboleggiare la civiltà mediterranea, è legata a quella per la purezza». Il viola, dice, è il colore della modernità, della scienza. «La porpora, proveniente da Tiro, era adorata durante l’Impero romano, ma è nell’Ottocento che il pigmento viene trasformato dalla chimica moderna: Henry Perkin ottiene la porpora di anilina sinteticamente e dà il via alla produzione di massa di tinture viola. Dal 1850-60 il colore appare nei dipinti dei preraffaelliti in Inghilterra, degli impressionisti in Francia, dei post impressionisti e dei divisionisti in Francia e in Italia». E il verde? «È il colore della vita, e non è una esagerazione: quello della clorofilla, che consente alle piante di vivere e produrre ossigeno e nutrire il mondo... Infatti è connesso alla speranza e alla rigenerazione». Il colore della nostra epoca? «Forse è proprio il verde. È dal 10mila a.C. che leghiamo il verde alla natura e all’agricoltura, ma nessun altro colore si è trasformato così tanto in anni recenti: è il colore dell’ambiente e delle sue battaglie. Un colore che non si può evitare».