Tuttolibri, 24 giugno 2023
Chi erano i nemici dell’Inquisizione
Come Eresie, pubblicato due anni fa dalla stessa casa editrice, anche Inquisizioni raccoglie articoli e saggi scritti da Adriano Prosperi in un lunghissimo arco di tempo, dal 1983 al 2022, alcuni dei quali erano già stati raccolti in volume. Il lettore potrà misurare da sé la distanza che separa i contributi degli anni Ottanta dello scorso secolo da quelli più recenti. Sullo sfondo di una rinnovata attenzione per gli aspetti più pesantemente censori del cattolicesimo della Controriforma, nonché delle nuove ricerche di storici spagnoli e portoghesi sui rispettivi tribunali di fede, l’immagine dell’Inquisizione romana si stagliava con una precisione fino ad allora sconosciuta. Ne emergevano aspetti inediti e in parte sconcertanti: dalla relativa mitezza delle procedure – almeno a partire dalla seconda metà del XVI secolo, cioè dopo la cancellazione violenta di ogni forma di dissenso religioso organizzato e consapevole – al subdolo legame che finì con l’instaurarsi tra inquisitori e confessori, che strinse le coscienze dei fedeli in una morsa senza via d’uscita.
Spogliate delle vesti luciferine che i romanzieri dell’Ottocento gli avevano cucito addosso, le inquisizioni moderne apparivano allora nella loro realtà più prosaica: strutture complesse, alle prese con problemi di organizzazione e di denaro, nei cui posti-chiave sedevano a volte uomini scarsamente preparati per il compito che dovevano svolgere. Eppure quegli uomini e quelle strutture esercitarono sulla storia del nostro paese un condizionamento almeno pari – se non superiore – alle voci di dissenso che eravamo abituati a considerare le uniche che valesse la pena ricordare e studiare.
A partire dalla seconda metà del Cinquecento, per un Giordano Bruno e un Galileo Galilei vi furono migliaia di uomini e donne comuni processati per innocue pratiche magiche, «proposizioni ereticali», possesso di libri proibiti e altri reati minori – per non parlare dell’enorme quantità di sacerdoti colpevoli di sollicitatio ad turpia, cioè di atti sessuali compiuti durante la confessione, che cadevano nella giurisdizione del Sant’Ufficio a causa dell’abuso di quel sacramento.
Le prime ricerche documentate sulla storia dell’inquisizione romana – ad opera tra gli altri dello studioso italo-americano John Tedeschi, un nome che ricorre molto frequentemente in queste pagine – mostrarono anche la scarsa propensione delle autorità inquisitoriali romane a perseguire duramente la stregoneria, considerata più come una «superstizione» che come una pericolosa setta di alleati terreni del demonio.
Una cesura importante nell’avanzamento degli studi sull’inquisizione è stata l’apertura al pubblico, per la prima volta nella storia, dell’archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede, avvenuta ufficialmente nel 1998. Prosperi – che aveva pubblicato il suo fondamentale volume Tribunali della coscienza appena due anni prima – si trovò pienamente coinvolto non solo nelle ricerche che seguirono quell’evento, ma anche nell’organizzazione di convegni e incontri dedicati al tema (un impegno che è culminato nella direzione del Dizionario Storico dell’Inquisizione, 4 voll., Edizioni della Normale, Pisa, 2010).
L’immagine dell’inquisizione romana emersa in seguito alla possibilità di consultare quella documentazione (peraltro fortemente depauperata dalle vicissitudini del periodo napoleonico) si è andata ulteriormente precisando; sono emersi con forza temi di ricerca prima non molto esplorati, come la censura libraria (di cui ci sono molte tracce anche in questo volume), grazie soprattutto alla conservazione pressoché integrale dell’archivio della Congregazione dell’Indice. Anche il rapporto dell’inquisizione romana con gli ebrei (anch’esso un tema fortemente presente in questo volume, fin da un saggio risalente al 1994) si è imposto all’attenzione degli studiosi con maggiore consistenza di prima; proprio alle recenti ricerche sugli ebrei in Italia è dedicato l’articolo con cui si chiude questo libro.
Il senso più profondo dell’interesse di Adriano Prosperi per la storia dell’inquisizione, tuttavia, non sta nella ricostruzione di una genealogia dell’Italia moderna alternativa alla vicenda dei dissidenti e degli eretici (da lui comunque approfondita, come si è visto), bensì nello sguardo costantemente rivolto al nostro presente e al problema universale del rapporto tra libertà e costrizione.
Si tratta di una caratteristica che si può cogliere in tutte le pagine di questo libro, ma vale la pena rileggere l’inedito di una trentina di pagine che fa da introduzione alla raccolta (Alle origini della «coscienza», pp. 13-40). Vi si trova condensata la storia della libertà di coscienza – il diritto che più di ogni altro veniva negato dai tribunali dell’inquisizione – dalle origini del cristianesimo ai giorni nostri, passando per Lutero, l’anabattismo, la Riforma radicale, Montaigne, Spinoza e i puritani americani. Nell’Italia di oggi la libertà di coscienza è di fatto negata dal regime concordatario e dall’insegnamento del solo cristianesimo nella sua versione cattolica all’interno delle scuole; paradossalmente, essa viene invece affermata nella costituzione Dignitatis humanae, approvata dal Concilio Vaticano II nel 1965, cioè proprio da quell’istituzione che l’aveva negata con più forza e che continua tuttora a sostenere di possedere l’unica verità.