La Stampa, 24 giugno 2023
Se c’ero dormivo
In uno dei tanti paradossi della politica italiana (sublime il paradosso dei Cinque stelle contrari al Mes, dopo essere stati favorevoli quando erano al governo col Pd, e dopo essere stati contrari quando erano al governo con la Lega), l’altro giorno il Pd ha ritrovato una rara unanimità contro il rifinanziamento alla Guarda costiera libica, e nello sdegno per la maggioranza che invece l’ha approvato, conservando un’impostazione non «degna di un paese civile», parole di Elly Schlein. Cioè, il Pd è indignato da una legge voluta dal Pd nel 2017, premier era Paolo Gentiloni, ministro dell’Interno era Marco Minniti. E invece il governo di destra se la tiene. Naturalmente cambiare idea è spesso una buona idea, ma ottima idea sarebbe spiegare perché. Invece il Pd che fa fuori Enrico Letta da Palazzo Chigi e ci insedia Matteo Renzi, poi maledice Renzi e richiama Letta alla segreteria. Il Jobs Act votato con Renzi? Maledetto. La riforma costituzionale votata con Renzi? Stramaledetta. E ora stramaledetto Minniti, l’unico con un progetto di governo dell’immigrazione, per quanto sottoponibile a critica, come tutti i progetti. E di critiche ce ne furono, anche dentro il Pd, che però porta la responsabilità di avere sostenuto il progetto e sostenuto il governo che lo volle. Oggi basterebbe spiegare perché allora andò così, che cosa ci si aspettava funzionasse e non ha funzionato, perché è necessario cambiare strada. E invece no: nessuna spiegazione, si rade al suolo, si sparge sopra il sale, senza un minimo di rispetto per la propria storia. Eppure ormai dovrebbero averlo capito: dura avere un futuro se si cancella il passato.