la Repubblica, 24 giugno 2023
Come fissare il salario minimo
La vicenda Esselunga non è affatto un caso isolato ma rivela, se ce n’era ancora bisogno, come in Italia ci siano molte persone soggette a paghe orarie da fame. E ciò ponga la necessità di avere un salario minimo. Molti lavoratori della logistica, formalmente inquadrati come addetti alla vigilanza, vengono pagati 5,37 euro all’ora per 173 ore al mese, con una retribuzione netta di 650 euro nette al mese, ben al di sotto della linea della povertà. Inoltre queste retribuzioni non sono indicizzate all’inflazione che dall’agosto 2021 ha eroso il 14 percento del potere di acquisto di queste fasce di popolazione.
Non è un caso isolato. Trattamenti di questo tipo abbondano all’ombra di molte grandi società della distribuzione. Sono aree in cui il sindacato fatica a intervenire perché molti lavoratori vengono inquadrati come autonomi anziché come dipendenti, oppure sono dipendenti di tante piccole società esterne che hanno come unico committente una grande impresa nel grande polo della distribuzione. Pur essendo di fatto dipendenti di questa grande impresa, a loro non viene applicato il contratto degli altri lavoratori, bensì regimi retributivi molto meno vantaggiosi.
Casi come questi dimostrano che in Italia per contrastare la povertà fra chi lavora e ridurre lo strapotere dei datori di lavoro nel gestire la manodopera in alcuni settori c’è bisogno di un salario minimo. Servirebbe anche a rendere meno attrattiva l’opzione della partita Iva, che espone maggiormente il lavoro al rischio di sfruttamento, attivamente incoraggiata dalla cosiddetta “flat tax sul lavoro autonomo”. Chi si oppone al salario minimo sta legittimando lo sfruttamento di manodopera con paghe nettamente al di sotto del valore di ciò che il lavoratore produce.
Ma anche quei partiti, come il Pd e il M5s, che si dichiarano a favore del salario minimo, propongono di utilizzare i minimi settoriali fissati dalla contrattazione come tanti salari minimi da applicare industria per industria. Il problema è che in molti settori sono proliferati contratti firmati da sigle sindacali di comodo (i cosiddetti “contratti pirata”) che spesso applicano minimi inferiori alla soglia di povertà. I lavoratori della vigilanza Esselunga, ad esempio, erano soggetti ad uno di questi contratti. La soluzione non può essere eliminare i contratti pirata con una legge sulla rappresentanza sindacale (peraltro auspicabile per altre ragioni) perché si lascerebbero ugualmente in vigorecentinaia di contratti settoriali, ognuno con il suo minimo stabilito non sempre a livelli compatibili con le esigenze delle piccole imprese, rendendo impossibile per i lavoratori fare rispettare il proprio diritto a una paga minima ben definita di cui sono consapevoli. Ci vuole un salario minimo fissato per legge.
Il primo articolo delle leggi sul salario minimo vigenti negli altri paesi europei (e in molti altri paesi Ocse) in genere recita: “I lavoratori devono essere pagati almeno il salario minimo determinato da una commissione bassi salari”. E le condizioni richieste perché a un lavoratore venga applicato il salario minimo sono unicamente che abbia un’età superiore a quella della scuola dell’obbligo e che per l’appunto abbia un lavoro.Invece i disegni di legge sul salario minimo depositati nel nostro Parlamento, con la parziale eccezione di quello di Italia Viva, assimilano il salario minimo ai minimi tabellari della contrattazione collettiva che, come si è detto, ha maglie troppo larghe e rende ancora più difficile per i lavoratori a basso reddito essere consapevoli dei propri diritti.Qualcuno obietterà che coprire tutti i settori con un salario minimo stabilito per legge introduce eccessive rigidità nel sistema e potrebbe avere effetti negativi sull’occupazione. Ma il salario minimo è, appunto, una cifra minima compatibile con la dignità umana e con la stessa sopravvivenza fisica, sotto la quale c’è la presunzione che si tratti di sfruttamento puro e semplice, dovuto alla enorme asimmetria di potere contrattuale fra datore di lavoro e lavoratore, spesso immigrato. Un caso di scuola in cui lo Stato ha il dovere di intervenire. Per esempio lo stato di New York ha recentemente introdotto un salario minimo di 16 dollari (escluse le mance) per i lavoratori del settore tra i meno “regolabili”, quello del “food delivery”, che copre 60.000 persone.
Il fatto che in Italia non si parli di un salario minimo fissato per legge è una testimonianza della presa straordinaria che ancora hanno sindacati e confederazioni di imprenditori, e dell’arretratezza del nostro dibattito che non sa capitalizzare sulle esperienze degli altri paesi, a partire da Regno Unito e Germania che hanno da poco introdotto il salario minimo riducendo le diseguaglianze salariali e senza effetti negativi sull’occupazione.