Corriere della Sera, 24 giugno 2023
Che cosa sappiamo del disastro del Titan
Determinare come è avvenuta esattamente (e quando) l’implosione del Titan dipenderà dal ritrovamento dei rottami sparpagliati sul fondale dell’oceano Atlantico, non lontano dal relitto del Titanic. A indicare che una «catastrofica perdita di pressione» sia il motivo della fine del piccolo sommergibile usato per le spedizioni turistiche sono stati giovedì i primi due rottami – la parte posteriore appuntita e la rampa sottostante – individuati da un Rov (remotely operated vehicle) a 500 metri dalla prua del Titanic. Gli esperti credono che possa esserci stata una infiltrazione durante la discesa in profondità, dove la pressione sullo scafo è equivalente al peso della Torre Eiffel (decine di migliaia di tonnellate) e la struttura sperimentale in fibra di carbonio dello scafo si sarebbe disintegrata.
Per capire perché questo è accaduto e che cosa si sarebbe potuto fare per evitarlo il ritrovamento dei rottami è cruciale, ha spiegato alla Bbc Ryan Ramsey, ex capitano di sottomarini della Royal navy britannica. «Non esiste una scatola nera, per cui non è possibile tracciare gli ultimi movimenti del sommergibile. Ma al di là di questo il processo di indagine non è diverso da quello che si fa nel caso di disastri aerei».
La Marina Usa, usando dati provenienti da una rete segreta di sensori creata per individuare sottomarini nemici, ha captato domenica scorsa «una anomalia che può indicare una implosione o esplosione» proprio nelle ore in cui il Titan fu calato in profondità. I dati, combinati con informazioni degli aerei di sorveglianza e delle sonoboe, sono serviti a localizzare la posizione approssimativa del Titan ed erano stati comunicati alla Guardia costiera già durante le ricerche. Potrebbe però essere difficile individuare il luogo preciso anche perché i rottami cercati dai Rov si trovano sul fondale, sono piccoli e c’è una totale oscurità. Saranno analizzati in superficie al microscopio, esaminando le fibre di carbonio, in cerca di lacerazioni che possano dare degli indizi. Se gli esperti concluderanno che c’è stata una falla, la domanda cruciale è se ciò dipenda dalla mancanza di test completi sul sottomarino, come suggerito da diversi ex dipendenti di OceanGate. Il Titan non era stato certificato da un organismo esterno: l’azienda sostiene che era un mezzo così innovativo che le attuali metodologie di valutazione sarebbero state obsolete, ma diversi campanelli d’allarme erano emersi prima dell’ultimo viaggio fatale del sommergibile. Era composto da due «cupole» in titanio tenute insieme ad un cilindro in fibra di carbonio spesso 13 centimetri (una scelta poco convenzionale per un sommergibile destinato alle grandi profondità, di solito in acciaio o titanio): era più leggero ed economico, ma come ha osservato il regista del film «Titanic» ed esperto di spedizioni sottomarine James Cameron, meno resistente alla pressione. Ogni volta che il Titan è stato usato per spedizioni dal 2021, lo scafo avrebbe subito cambi di pressione e questo continuo sforzo sulla struttura ha quasi certamente portato ad un suo indebolimento. Non è chiaro se dopo ogni immersione sia stato verificato (con scansioni a ultrasuoni o a raggi x) che non ci fossero microscopiche crepe (il dipendente poi licenziato David Lochridge ha espresso dubbi che sia stato fatto). Titan veniva manovrato con un controller per videogiochi Logitech (leggermente modificato rispetto a quelli acquistati a 40 euro sul web), sulla base di istruzioni fornite via messaggi testuali dalla superficie (ma perse i contatti un’ora e 45 minuti dall’immersione). Un ulteriore problema è l’assenza di sistemi di allerta: OceanGate sosteneva di avere un sistema di monitoraggio acustico progettato per segnalare eventuali problemi. Ma secondo Lochridge era inutile: avrebbe offerto solo «millisecondi» di allerta prima di una catastrofica implosione.