La Stampa, 23 giugno 2023
Di cosa è accusata Daniela Santanchè
Da quando è stata nominata ministra al Turismo del governo Meloni, Daniela Santanché, «una imprenditrice» come ama definirsi lei, sta facendo il possibile per ripianare i debiti ed evitare di finire sotto processo per bancarotta fraudolenta. Ma più critica appare oggi la situazione per l’ accusa di falso in bilancio.
Per capirlo, basta leggere le due consulenze firmate dal professore Nicola Pecchiari della Bocconi, che proprio ieri la procura di Milano ha depositato nel procedimento civile, in corso davanti al Tribunale delle imprese, e promosso dai soci di minoranza della quotata del gruppo Visibilia che, il 10 giugno del 2022 hanno denunciato «gravi irregolarità nella gestione» che avrebbero arrecato «danni ad azionisti, società, e al corretto funzionamento del mercato».
Così, nel mettere in fila queste presunte irregolarità, il consulente nominato dalla aggiunta Laura Pedio, e dai pm Roberto Fontana (ora al Csm) e Maria Gravina, parla di «una irreversibile crisi reddituale» della Visibilia Editore Spa e della Visibilia Srl già al 31 dicembre 2016, «oltre che di un significativo deficit patrimoniale in capo alla concessionaria». Tant’è che se le svalutazioni fossero state correttamente iscritte a bilancio, a fine 2016, secondo il consulente, avrebbero provocato un deficit di oltre 4 milioni di euro nel patrimonio netto contabile della sola Spa.
La segnalazione dei soci di minoranza è arrivata in procura a luglio e nell’inchiesta, aperta per bancarotta fraudolenta e falso in bilancio, tra gli altri risulta indagata proprio la ministra Santanché. Che, però, continua a negare e a minacciare querele. I pm hanno così avanzato davanti al Tribunale fallimentare istanza di liquidazione giudiziale, il vecchio fallimento, per le quattro società del gruppo Visibilia. Una pronuncia dei giudici in tal senso permetterebbe ai magistrati di procedere anche per l’accusa di bancarotta fraudolenta. Ma, in questi mesi, anche tramite la sua Immobiliare Dani, la ministra è riuscita - soprattutto grazie alla vendita delle quote che deteneva nel Twiga di Flavio Briatore - a pagare debiti per almeno quattro milioni di euro di tre delle società del gruppo, tra cui quella quotata, che era la più esposta con il Fisco.
Resta aperta l’ultima partita, relativa alla Visibilia srl in liquidazione, che risulterebbe ancora indebitata con lo Stato per oltre un milione di euro. Per evitare il fallimento, il 28 marzo, la società ha presentato ricorso per l’ammissione a una «procedura di concordato» o per «l’omologazione di un accordo di ristrutturazione del debito». In pratica ha proposto all’Agenzia delle entrate una «transazione fiscale» per spalmare il debito in dieci anni. E la richiesta ha momentaneamente bloccato la procedura di fallimento. Non le indagini, che si avviano alla conclusione, dopo la perquisizione delle società condotte dagli investigatori del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf.
Ma quella relativa al gruppo Visibilia, rischia di non essere l’unica tempesta giudiziaria che Santanché dovrà affrontare. La trasmissione Report ha raccolto la denuncia di numerose altre presunte irregolarità nella Ki Group, colosso dell’alimentazione biologica, nel corso della gestione riconducibile alla ministra e al compagno Canio Mazzaro.
«Avevamo insoluti con decine di fornitori e la classica frase che mi veniva rivolta era: "Si faccia da parte, non è capace di fare il suo lavoro: mi dia il numero del fornitore, lo chiamo io e lo convinco a farci dare la merce gratis"», racconta uno dei lavoratori, che per due anni, prima di scappare, ha ricoperto il ruolo di direttore acquisti in Ki Group e che preferisce restare anonimo.
«Era un’azienda che funzionava come un orologio svizzero – spiega – fino a quando, verso la fine del 2021, la situazione è arrivata allo stremo». Di punto in bianco, decine di persone sarebbero state licenziate o messe in condizione di andarsene senza gli ultimi stipendi, senza tfr, senza niente. «Ho lavorato tanto, purtroppo, con Santanché – dice ancora il testimone – sentire un parlamentare che mente spudoratamente a fornitori e dipendenti, sapendo di mentire, è terribile. L’ho tollerato finché non ha iniziato a impattare sui dipendenti». Questa, però, è un’altra storia. E anche su questa la procura di Milano ha acceso un faro.