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 2023  giugno 23 Venerdì calendario

Il ritorno di Bugo

L’appuntamento con Bugo (vero nome Cristian Bugatti), 49 anni, è al mattino presto. «Da quando sei mesi fa è nato Zeno, il nostro secondo figlio, la sveglia è all’alba. Solo fuori casa faccio il rocker», ride. Famoso per il grande pubblico dopo la lite con Morgan sul palco dell’Ariston al Festival 2020 - che odia rammentare - e la sua partecipazione al reality di Sky Pechino Express. Ma chi lo segue dagli esordi sa che fa rock dagli Anni 90 e quest’estate, col tour, promette di tornare all’origine.
IL RITMO
«Saranno concerti di ritmo puro, in cui sarò finalmente me stesso», accenna. Il 7 luglio parte dal Fool Festival di Morrovalle (Macerata), per terminare, dopo una decina di date, il 15 settembre a Bergamo. L’entusiasmo è alle stelle, si capisce che il palco è la sua vita. «Quando ho iniziato avevo 19 anni, non facevo il rocker, lo ero», dice. Odia il politically correct e ama Vasco Rossi. Il primo concerto che lo ha fatto sognare è stato il suo a San Siro nel 1990. L’ultimo è della band irlandese indie i Fontaines D. C., che ha visto a Bergamo.
LA SALVEZZA
La musica è stata la sua salvezza, lo ripete spesso raccontando del 1990 e della sua cameretta di Cerano, un paese della provincia di Novara, l’anno in cui era stato bocciato per la seconda volta. «Ascoltavo i Duran Duran e i Pet Shop Boys. Un giorno mio padre spense lo stereo e mi disse: "Basta con questa roba"». Gli consegnò il primo disco di Jimi Hendrix Are You Experienced. «Fu la svolta». Oggi il padre è lui, di Tito, 6 anni, e Zeno, 6 mesi. Il regalo che vuole lasciare loro è la spontaneità. Lo canta nell’ultimo disco Un bambino. «Il vero lusso è preservare l’istinto, vivere il sogno di essere liberi». Lui ci prova ogni giorno con la chitarra acustica, che porta sempre con sé. «Non ho uno studio a casa, mi basta lei per creare». Per chi lo conosce rimane un’incognita la parentesi televisiva, quando l’anno scorso ha partecipato a Pechino Express. «È stata un’avventura vissuta col mio migliore amico, Cristian Dondi, come se non ci fossero le telecamere». Peccato che ci fossero. «Dopo quel famoso Sanremo è arrivata la pandemia. Sui social si era scritto tanto e io cercavo un confronto col pubblico. Ma la musica rimane centrale nella mia vita», spiega.
LA RABBIA
È onesto quando ammette che sono state la determinazione e la perseveranza a portarlo fino qui. «Di cantanti bravi è pieno il mondo». Poi si confida. «A volte sono iracondo. Capita che per rispetto degli altri non dica quello che penso, e poi cresce la rabbia». Non resisto e lo porto nel terreno minato di quel Sanremo 2020, il suo spartiacque con la popolarità. L’anno di Morgan e Bugo, di lui che abbandona il palco dell’Ariston e lascia Morgan da solo, eliminandosi dalla gara canora. «È stato un gesto spontaneo. Sono un idealista e volevo tutelare i miei principi. Il dopo è stato più frustrante, perché non volevo dare continuità alla polemica».
MAI PIÙ
Vi siete più sentiti con lui? «Lui chi, quello là?». Dice riferendosi a Morgan. «Non avrebbe senso. Non si può perdonare tutto». Non ride più, il dolore è ancora vivo. Cerco riparo nella sua famiglia. Sua moglie come l’ha incontrata? «Era il 2004, e mi trovavo in una libreria di Roma a presentare il mio quarto disco, Golia e Melchiorre. Lei stava aspettando un’amica e nell’attesa si è avvicinata ad ascoltarmi. Alla fine è venuta a salutarmi e lì l’ho fregata».