Avvenire, 22 giugno 2023
Italiani sempre più pigri e obesi. I numeri
Si è usciti dal Covid in affanno, con un’assistenza sanitaria che ha mostrato diversi punti critici (soprattutto nella medicina territoriale) ma che – anche grazie al Pnrr – può essere riorganizzata per vincere le sfide del futuro. A cominciare dalla sempre crescente tendenza all’invecchiamento e alle cronicità aumentate nel nostro Paese, ad un programma di screening di prevenzione e delle vaccinazioni che non decolla oltre la metà della popolazione (pur con molti divari regionali) e a stili di vita degli italiani che non migliorano. Anzi. Il rapporto Osservasalute 2022, il ventesimo, curato dall’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane nell’ambito di Vihtali, spin off dell’Università Cattolica, traccia un quadro della salute degli italiani che è in «serio rischio» a cui si aggiunge il fatto che, in assenza di una quota sufficiente di nuovi nati, l’età media degli italiani, oggi a 46 anni, potrebbe superare i 50 anni tra meno di 30 anni. Tutto ciò rischia di entrare in rotta di collisione con un sistema sanitario sempre più fragile e sotto-finanziato, specie se lo si confronta con i sistemi sanitari dell’Unione Europea.
Ciò che accadrà nel futuro, tuttavia, dipenderà dalle scelte che si faranno oggi. Lo dice senza mezzi termini Walter Ricciardi, direttore del rapporto Osservasalute, per cui «non si capisce come e perché un paese del G7, come l’Italia, possa dare servizi sanitari ai propri cittadini con il 6,1% del Pil, una percentuale assolutamente inadeguata a risolvere i problemi strutturali». In più, è il suo grido d’allarme, «il destino sarà quello di avere un servizio sanitario nazionale pubblico sempre più povero per i poveri, che rimarranno in lista d’attesa e sulle barelle dei pronto soccorsi per giorni e un servizio sanitario differenziato per chi, in alcune regioni o grazie al proprio livello economico-sociale, avrà la possibilità di pagarsi il servizio». I dati parlano chiaro. Nel 2022 la spesa sanitaria pubblica si è attestata a 131 miliardi (6,8% del Pil), la spesa a carico
dei cittadini a circa 39 miliardi (2% del Pil). Il confronto con le altre nazioni evidenzia, nel 2020, che la spesa sanitaria dell’Italia, a parità di potere d’acquisto, si è mantenuta significativamente più bassa della media Ue-27. «Il settore della sanità sta uscendo faticosamente dalla crisi generata dalla pandemia. Non siamo ancora in grado di stabilire quali danni collaterali alla salute degli italiani abbia causato l’emergenza sanitaria – sottolinea il direttore scientifico di Osservasalute, Alessandro Solipaca, ieri in occasione della presentazione del rapporto annuale -. Certo è che non ci sarà un aumento consistente del finanziamento ordinario del Servizio sanitario nazionale da parte dello Stato». Tra le proposte per superare l’empasse, il direttore scientifico suggerisce «una modernizzazione dell’organizzazione del Ssn, dei processi e degli strumenti, investendo nella medicina territoriale, considerando inoltre il Pnrr un’occasione unica». Se il Ssn non è in salute, non lo sono neppure gli italiani, sempre meno sportivi, troppo sedentari (soprattutto i giovani), persino obesi e più depressi. Come se non bastasse un accorciamento dell’aspettativa di vita che si è ridotta di 1,2 anni nel 2021 rispetto al 2019, complice anche la pandemia, il rapporto Osservasalute evidenzia una grande differenziazione territoriale anche per quanto riguarda gli stili di vita. In generale, tuttavia, gli italiani sono sempre più in sovrappeso (il 12% della popolazione, quasi 6 milioni di adulti, è obesa e, complessivamente, il 46,2% dei soggetti di età superiore a 18 anni è in eccesso ponderale) e poco attivi, con più di un terzo delle persone (33,7%) che ha dichiarato di non praticare sport o attività fisica. La sedentarietà è dilagante anche tra i più giovani. Infatti, tra il 2020 e il 2021 c’è stato un forte decremento della pratica sportiva tra i bambini e adolescenti di età 3-17 anni, crollata di 15 punti (dal 51 al 36%). In più gli italiani sembrano sempre più depressi. A partire dagli anni 2011-2012, a livello nazionale il volume di prescrizioni dei farmaci antidepressivi ha registrato inizialmente un lieve aumento, +1,8% dal 2013 al 2016, mentre successivamente l’aumento è stato decisamente più significativo, con i valori che tra il 2017 ed il 2021 sono arrivati a toccare un +10,4%.