La Stampa, 21 giugno 2023
Gianmarco Tamberi: "O siamo supereroi o supervulnerabili"
Per ricominciare serviva l’azzurro, di solito è dentro quel colore, quella canotta, quell’idea che Gianmarco Tamberi si fa notare, si sveglia, si sfida e anche stavolta ricomincia da lì. A sorpresa, rientra negli Europei a squadre che iniziano venerdì in Polonia, salta in una nazionale dove non era neanche dato come riserva, almeno non ufficialmente perché in lista d’attesa ci si era messo, incerto se debuttare in una prova che concede solo quattro tentativi, «probabilmente non l’opzione più comoda, ma ripartire dall’Italia mi esalta». E poi lo dice lui, «mi sento tornato ragazzino».
Ha cambiato gruppo di lavoro e oggi parla al plurale di un progetto seguito al corto circuito del legame con il padre, il suo ex allenatore, un vuoto che adesso fa meno fatica a guardare. Non è stata una rottura, piuttosto un lento consumarsi di fiducia e confronti e a distanza virtù e difetti del rapporto tecnico sono più equilibrati rispetto agli strappi del passato, anche se sulle motivazioni Tamberi è sempre più categorico: «Non siamo mai andati d’accordo, abbiamo scisso i ruoli e la struttura del salto era quella giusta, infatti l’ho tenuta, però mi sentivo sempre meno considerato. Le mie sensazioni non erano accettate e sono arrivato al Mondiale dell’anno scorso con la gamba di stacco martoriata. Ormai si era interrotta la comunicazione da parte di entrambi, puntavamo allo stesso obiettivo ognuno per conto proprio. Impossibile». Ora lavora con Giulio Ciotti, ex saltatore pure lui, e Michele Palloni, il preparatore. Cambia l’approccio e pure lo spazio lasciato alla revisione, con un archivio video creato sulla base dei risultati migliori per andare a tarare ogni dettaglio con una correzione costante delle sfumature «abbiamo organizzato un catalogo di punti di riferimento».
Tamberi non stava in pedana dal 7 settembre, a Zurigo si è preso la seconda vittoria consecutiva in Diamond League, dopo l’oro Europeo e ha deciso che ripartire nelle migliori condizioni possibili sarebbe stata la priorità: «Basta rincorrere i dolori, questa stagione è già fondamentale in chiave olimpica. Non mi aspetto di evitare ogni imprevisto, però voglio mettermi nelle condizioni».
Domenica schierato agli Europei a squadre, poi a Stoccolma il 2 luglio e il 16 di nuovo in Polonia. Da lì valuterà, ormai l’imperativo è ascoltare le gambe, la schiena, gli appoggi: «Noi atleti siamo o supereroi o supervulnerabili. In mezzo non c’è quasi niente». Quando in passato si è sentito attaccabile ha staccato dai social, come adesso fa Jacobs: «Lo capisco, è l’incertezza che ci devasta. Se siamo a posto fisicamente e siamo di sicuri di noi possiamo contrastare e rilanciare qualsiasi provocazione, se non abbiamo idea di quando staremo davvero bene ci mettiamo sulla difensiva. Io lo faccio. Immagino come si senta Marcell: uno sportivo tanto in vista suscita reazioni estreme non appena il suo percorso si discosta minimamente da quello che gli altri considerano ideale. Gli ho scritto di non avere paura, di non mettere in discussione la strada che ha scelto». Quella che ha preso lui, dopo gli scossoni, lo convince.
L’anno scorso si è presentato agli Europei a squadre acciaccato e non ha gareggiato, l’Italia si è fermata al secondo posto «pure perché per il salto in alto non c’erano riserve». Adesso gli azzurri hanno grandi ambizioni, non sono mai arrivati primi in questa competizione e ci provano, «manca Jacobs ed è una grave assenza, ma Ceccarelli ha i numeri per sostituirlo e li ha già fatti vedere. Io sono super motivato all’idea di vedere una squadra con delle facce nuove». Anche la sua sembra diversa.