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 2023  giugno 21 Mercoledì calendario

Intervista a Antonella Palmisano

Il fiore di feltro tra i capelli, il tricolore caduto sull’asfalto di Sapporo, il tifo indiavolato di Massimo Stano, la Puglia dominatrice della marcia olimpica. Antonella Palmisano è stata una delle icone azzurre di Tokyo 2020, prima di sparire in un mondo parallelo di riabilitazione e ospedali che a lei — donna dalla motivazione di ferro — ha quasi tolto la voglia di lottare. Quasi. Perché all’improvviso il 21 maggio scorso, ventuno mesi dopo le Olimpiadi, è rinata con un secondo posto nella 20 km agli Europei a squadre in Repubblica Ceca. Battuta soltanto dalla greca Antigoni Ntrismpioti, due volte oro europeo, con una prestazione che è valsa subito la qualificazione per i Mondiali di Budapest, senza altre tappe intermedie. Adesso la campionessa che ha preparato Tokyo allenandosi nella Pineta di Ostia è a Roccaraso per un lungo stage.
È già cominciata l’operazione Budapest?
«Non solo, per me le gare importanti sono i Mondiali e le Olimpiadi di Parigi. Con questa nuova gara mista con una donna e un uomo che assorbe i pensieri miei e di Massimo Stano. Che coppia. A pensarci ci stiamo già divertendo, ci piace visualizzarla.
Siamo due atleti validi, l’entusiasmo è a mille».
Una bella innovazione, quindi?
«A parte l’idea di marciare con Massimo, o Francesco Fortunato che sta andando forte, sappiamo bene che questa potrebbe essere un’arma a doppio taglio. Ci dicevano che bisognava accorciare i tempi della marcia, ma se metti insieme i più di 10 chilometri per ogni frazione da ripetere due volte arrivi a quasi 50 km di gara, solo più interessanti per la staffetta uomo-donna. Quindi cosa significano tutti questi cambiamenti? Nel giro di un anno si è parlato di una 50 km per le donne, poi c’è stata la 35 km, ora ecco la staffetta, la nostra paura è che il passo successivo sia proprio togliere la marcia dalle Olimpiadi».
Gli atleti non hanno avuto un ruolo in questa decisione?
«So che se n’è parlato nella commissione presso la federazione mondiale, gli atleti hanno messo in guardia sulla possibile rovina della marcia, ma la decisione era ormai presa.
Dall’alto».
È qualcosa che toccherà difficilmente lei e Stano.
«Ma noi temiamo per le prossime generazioni, ci sono ragazzi che si stanno allenando e vincendo, sia Diego Giampaolo che Giulia Gabriele, allenata da mio marito Lorenzo, hanno vinto tra gli juniores agli Europei a squadre: gli vogliamo togliere il futuro?».
Lei intanto come sta dopo un calvario di quasi due anni?
«Diciamo che ho passato due settimane della mia vita con la paura di smettere: sono finita nelbuio».
Quando lo scorso settembre sui social annunciò l’operazione per la rimozione delle fibrosi al nervo sciatico dell’anca sinistra sembrava aver trovato la soluzione.
«Ma un mese e mezzo prima degli Europei il problema si è ripresentato, e non c’era una spiegazione valida. Mi sono detta: sono andata dai migliori, al Rizzoli di Bologna dal dottor Dallari, e tutto questo non è statosufficiente».
Cosa ha sbloccato la situazione?
«Le care infiltrazioni, che già a Tokyo con due dosi di cortisone mi permisero di vincere le Olimpiadi.
Una l’ho fatta a Bologna da Dallari e le altre due ad Aprilia al centro Sana dal dottor Napoli, che già mi aveva trattata prima di Tokyo. Con l’esperienza fatta allora, ha voluto infiltrare la radice del nervo sciatico, e ha funzionato spegnendo il problema».
Cosa l’ha sostenuta in questo lungo periodo?
«A parte mio marito o le Fiamme Gialle, mi sono affezionata a una compagna di stanza: Rosaria, artigiana con la passione dei presepi fatti a mano. Un incidente le ha rovinato la vita, ma l’ho vista combattere dopo mesi in ospedale, senza poter utilizzare le gambe.
Quando abbiamo ricominciato acamminare, l’ho invitata a Parigi».
Le Olimpiadi, tre anni dopo: a Tokyo più di così l’atletica italiana non poteva fare, ma sono state sfruttate bene le vostre cinque medaglie d’oro?
«C’è forse più partecipazione al Golden Gala, ma per il resto non vedo grandi differenze rispetto agli anni che hanno preceduto le Olimpiadi. Gli eventi non sono aumentati, c’è staticità.
Un’occasione persa. Potevamo essere chiamati più spesso neiperiodi lontani dalle gare, ma non è che mi siano arrivate tutte queste chiamate dalla federazione per fare promozione. Dopo Tokyo, con due medaglie d’oro azzurre, non ci sono state gare internazionali di marcia. A Madrid ho partecipato a una 10 chilometri nella strada principale della capitale, piena di spettatori, in un paese che non ha i campioni olimpici che abbiamo noi. Magari avessi visto qualcosa di simile nel centro di Roma».