20 giugno 2023
Articoli sulla storia del sommergibile sommerso
Corriere della sera, Viviana Mazza DALLA NOSTRA INVIATA
Washington Per alcuni è un sogno poter vedere il Titanic con i propri occhi. Scoperto nel 1985 sul fondo oceanico, il relitto del transatlantico più grande della sua epoca che affondò nel 1912 dopo lo scontro con un iceberg portando con sé 1.500 anime continua a colpire l’immaginazione collettiva, al punto da diventare meta turistica. Ma un piccolo sommergibile chiamato Titan, usato per portare i turisti sul sito, a 3.800 metri di profondità e a circa 640 chilometri di distanza dall’isola canadese di Terranova, è scomparso ieri nei pressi del relitto.
La capienza del Titan è di cinque persone ed è questo il numero di passeggeri che sarebbero stati a bordo del mezzo, secondo la Guardia Costiera di Boston. Tra queste l’imprenditore ed esploratore britannico Hamish Harding, che aveva scritto sui social di essere in «compagnia di un paio di leggendari esploratori che si sono immersi per vedere il Titanic trenta volte dagli anni Ottanta ad oggi». Secondo Sky News sarebbero l’esperto esploratore francese Paul-Henry Nargeolet e il fondatore e amministratore delegato della compagnia che ha organizzato la spedizione, Stockton Rush.
La missione – la terza di quest’anno – era stata organizzata infatti dalla compagnia privata OceanGate Expeditions, che chiede 250mila dollari a persona. Normalmente ci sono tre ospiti paganti oltre al pilota e a un «esperto». «Sto provando a realizzare un sogno. Qualcuno sogna di comprare una Ferrari, altri una casa, io volevo andare a vedere il Titanic. E i sogni non hanno prezzo», ha detto Renata Rocas, una banchiera che fece quest’esperienza la scorsa estate. «Abbiamo clienti appassionati del Titanic, li chiamiamo Titaniacs — aveva detto l’amministratore delegato della società Stockton Russ, che ha paragonato queste spedizioni al nascente turismo spaziale —: c’è gente che ipoteca la casa per fare il viaggio». La visita prevede la partenza in nave da St. John’s, la capitale della provincia di Terranova e Labrador, in Canada, fino al punto in cui avviene l’immersione. Sul sito web della compagnia i viaggi sono descritti come «un’occasione per scoprire qualcosa di veramente straordinario». Questa spedizione era giunta sul luogo domenica mattina. I contatti sono stati persi domenica sera. L’autonomia di ossigeno disponibile è di 96 ore, ieri sera dopo alcune ore dall’inizio delle ricerche ne restavano ancora 70.
Per salire a bordo bisogna firmare una liberatoria, come racconta il giornalista David Pogue, ospitato un anno fa per un servizio su Cbs News. «Non dirò bugie: ero un po’ nervoso, soprattutto a causa delle scartoffie da firmare: “Questo mezzo – c’era scritto – non è stato approvato o certificato da nessun organismo di regolamentazione e potrebbe provocare lesioni fisiche, traumi emotivi o la morte”». Nel suo caso, per due volte i tentativi di raggiungere il fondale erano falliti, prima di riuscirci e le comunicazioni con la superficie si erano interrotte per un paio d’ore.
La Guardia costiera statunitense e quella canadese erano ieri impegnate nella ricerca del Titan.
Tra i soccorritori, il consulente David Concannon, che avrebbe dovuto essere a bordo ma aveva dovuto disdire: ha spiegato che si cercava un robot capace di raggiungere i 6.000 metri di profondità per facilitare le ricerche.
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Washington «Operare a 4.000 metri di profondità implica molte sfide: la pressione, la temperatura di 3-4° C, la mancanza di luce al di sotto dei 300 metri, le correnti di due nodi, cioè circa 4 chilometri orari, e la posizione remota. È semplicemente il confine estremo di ciò che l’esplorazione umana può fare. Non c’è spazio per errori né per scorciatoie», dice al Corriere Rob McCallum, che ha condotto missioni estreme in tutto il mondo, dalla circumnavigazione dell’Antartide alle perlustrazioni dei fondali oceanici.
Per vent’anni, fino a un paio di anni fa, la sua compagnia, Eyos Expeditions, ha organizzato i primi viaggi per scienziati e turisti fino al Titanic per poi spostarsi su imprese diverse. Eyos non ha rapporti con OceanGate Expeditions, che ha iniziato un paio d’anni fa le sue spedizioni con mezzi molto diversi su cui McCallum dice di non poter fare valutazioni, ma la sua esperienza permette di capire meglio le difficoltà di questo genere di imprese. Nelle sue spedizioni con sottomarini «classificati e certificati» ha avuto la possibilità di navigare intorno al Titanic. «Il relitto è in posizione verticale, spaccato in due parti distanti circa un chilometro l’una dall’altra. La navigazione intorno è difficile, va pianificata con estrema attenzione. Le sfide sono logistiche e fisiche», spiega.
Il Titan dell’azienda OceanGate ha una stazza di 10.432 chili, sei metri e mezzo di lunghezza, può arrivare fino a 4.000 metri di profondità, con 96 ore di supporto vitale per cinque persone, si legge sul sito dell’azienda, che nei giorni scorsi aveva informato su Twitter che utilizzava gli strumenti della società di comunicazioni satellitare Starlink di Elon Musk per mantenere aperta la linea con la spedizione.
Il viaggio dura complessivamente 8 giorni, inclusa la parte in superficie dall’isola di Terranova fino al luogo del relitto, circa 600 chilometri al largo della costa. La durata della permanenza subacquea è di circa otto ore complessive. Il Titan dispone di sensori per segnalare le variazioni di pressione e l’integrità della struttura, sempre secondo il sito dell’azienda.
Secondo Alistair Greig dello University College London, un professore esperto di sottomarini consultato dalla Bbc mentre le ricerche erano ancora in corso, è possibile che il Titan abbia avuto problemi e rilasciato parte del peso per risalire in superficie oppure che sia finito sul fondale: in tal caso pochi mezzi possono arrivare a quelle profondità. «È difficile fare previsioni. I nostri pensieri vanno alle persone disperse», dice McCallum al telefono da Papua Nuova Guinea, appena rientrato da una spedizione. «Il Titanic è una storia incredibile. È come una tragedia greca». Tante persone ne sono affascinate, osserva l’esploratore, che ha coordinato anche il viaggio del regista canadese del film Titanic James Cameron nella Fossa delle Marianne (fu il primo uomo a raggiungere punto più profondo al mondo a 10.898 metri).
Per decenni dopo l’affondamento, il relitto è stato cercato sui fondali. Da quando è stato ritrovato nel 1985, ha attirato l’attenzione di centinaia di scienziati, registi e di turisti. I primi studi furono condotti attraverso robot per verificare se si trattasse davvero del Titanic. Intorno al 2000 gli scienziati iniziarono ad avvertire che i turisti e i cacciatori di tesori costituivano una minaccia per il vascello e un’offesa per quello che, di fatto, è il sepolcro di oltre 1.500 persone. Furono ritrovati anche lattine e altra spazzatura e i resti di un natante finito sullo scafo.
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Enrico Franceschini su Repubblica